Una giornata davvero normale

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Nelle puntate precedenti Elara è tornata a casa ubriaca con Cameron, ma Destan è piombato nella sua stanza e, dopo aver cacciato Cam, l'ha baciata e ha dormito con lei per controllarla.
George le aveva detto che per risolvere la situazione che aveva combinato avrebbe dovuto ballare per il locale, almeno una sera, e, dopo l'allenamento, Destan è andato a scusarsi e lei gli ha ordinato di baciarla di nuovo.
Dopo il bacio Elara torna a casa, ma il giorno dopo sente qualcuno fare casino sul suo pianerottolo. Qualcuno sta discutendo con Destan.
Elara scopre essere la mamma di Destan, nonché la direttrice della Eagle Edition, la casa editrice che sta prendendo in esame i suoi scritti!

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La madre di Destan si dileguò appena le porte dell'ascensore si furono nuovamente aperte davanti a noi.

Stare dentro quello spazio angusto così vicina a lei mi aveva completamente tolto il fiato dai polmoni, come se l'avesse risucchiato tutto lei, lasciandomi a boccheggiare come un pesce fuor d'acqua.

La sua presenza era in qualche modo potente, se così si può dire, d'un tratto avevo avuto l'impressione che lei occupasse tutto il cubicolo ed ebbi bisogno di schiacciarmi contro l'angolo per non farmi notare.

Non che potessi passare inosservata, ecco. Però ridursi di dimensioni mi avrebbe sicuramente confortata.

Così il suo allontanamento da me aveva anche aiutato il mio stomaco a sciogliersi dall'intreccio fastidioso che aveva formato giusto sotto i polmoni. Come se avesse tirato il filo di un fiocco e questo si fosse allentato del tutto.

Quindi, una volta libera e nuovamente capace di respirare, mi ero affrettata a chiamare un taxi e avevo indirizzato l'autista verso la Mela, precisando di avere un appuntamento urgente.

La città scorse sotto ai miei occhi a una velocità impressionante. Le case, i palazzi, i negozi, le persone... le persone. Vedevo il viso di Destan ovunque.

Quello sguardo cosa voleva dire? Mi avrebbe parlato quella sera?

Avremmo chiarito la faccenda?

Poggiai disperatamente la testa contro il finestrino, sperando che il contatto con il vetro freddo potesse schiarirmi i pensieri nebulosi che albergavano nella mia testa.

Mi sentivo come immersa in un barattolo di nebbia, vagavo senza meta, sperando di trovare il vero senso di tutto quel camminare.

Cosa dovevo fare con quel ragazzo?

«Signorina, mi sente?» chiese qualcuno a poca distanza da me.

Sbattei gli occhi e mi accorsi del viso scuro e sudaticcio del tassista dell'autovettura, intento a fissarmi imbarazzato da sopra la spalla.

Mi destai e alzai la testa, guardandomi intorno.

«Siamo arrivati.» Spiegò poi, accennandomi alla facciata della Mela, ancora spenta e buia.

Frugai nella borsa e gli allungai alcune banconote, poi uscii dalla macchina chiedendo scusa più volte e mi affrettai a raggiungere il marciapiede.

Quel giorno, però, l'autista aveva deciso di fare un altro percorso e in quel momento ci trovavamo dall'altro lato della strada.

La macchina partì verso mete sconosciute e io mi ritrovai a camminare lungo il marciapiede alla ricerca delle strisce pedonali.

Ma, prima che potessi anche solo mettere un piede davanti all'altro, qualcosa attirò la mia attenzione.

Una sagoma femminile stava varcando le porte della Mela con passo affrettato e con un'enorme macchia violacea sul mento.

Mentre attraversavo la strada per avvicinarmi al locale, mi accorsi di chi si trattava: Sierra, la cameriera che aveva fatto a botte con me.

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