Operazione: rubiamo il lavoro a Destan

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Dovevo solo entrare, presentarmi e dire a tutti che ero lì per il lavoro da cameriera notturna.

Se mi avessero presa avrei fatto i salti di gioia: avrei potuto scrivere la mattina e andare a lavorare la sera, lasciando tutto il giorno a mia completa disposizione.

Magari sarei finalmente riuscita a realizzare il mio sogno.

La Mela D'Oro era un elegantissimo night club dalla facciata nera e dalle decorazioni dorate.

Sull'insegna principale c'era una donna che mordeva un pomo in modo sensuale, le sue labbra rosse come il rubino facevano contrasto con la superficie lucida del frutto.

Era come se ogni particolare fosse stato minuziosamente curato.

Almeno non stavo andando a lavorare nell'ultimo bordello del ghetto, dove mi avrebbero pagata a insulti e mance nel reggiseno.

Mi incamminai lungo il tappeto rosso che conduceva all'entrata e aprì la porta con il cuore in gola.

Rivolsi il naso al soffitto e ammirai le catene dorate, e adornate di gocce di vetro, che penzolavano a mezz'aria.

La hall principale sembrava la copia di qualche albergo a cinque stelle e l'arredamento non avrebbe mai suggerito il vero scopo di quella struttura. Tutto era così ricco.

Stavo per chiedere lavoro in un night club. Non riuscivo ancora a crederci.

Una ragazza mi venne in contro, portava un vestito nero al ginocchio e i suoi occhi verdi risaltavano tra i suoi capelli vaporosi e dalle dolci sfumature dell'ocra. «Benvenuta, io sono Amelia, posso esserti utile?»

La guardai, un po' spaesata, e poi le porsi il loro volantino. Lo avevo portato per sicurezza.

Mia madre e le sue continue paranoie mi avevano fatto venire la fissazione e l'ansia per qualsiasi cosa. Ancora tenevo gli scontrini​ in borsetta, non si sa mai, potevano servire.

Amelia lesse il foglietto e poi me lo restituì con un sorriso di cortesia.

Sembrava una bambolina di porcellana, il suo aspetto minuto non faceva che accentuare quella caratteristica e il suo visino da angelo coronava il tutto.

« Seguimi » disse, voltandosi e facendomi strada in un corridoio secondario.

Mentre lei mi portava chissà dove io rimasi con gli occhi immersi in tutta quella ricchezza ed in tutto quello sfarzo.

C'erano busti di marmo ovunque, quadri di ragazze burlesque su ogni parete e decorazioni di vetro appese ai lampadari.

« Probabilmente George ti farà venire qui stasera. Di solito lascia che tutti facciano un giorno di prova, così da poterli studiare meglio, a prescindere dal colloquio.»

Si voltò verso di me e sorrise, fermandosi davanti a una porta che citava "Direzione" su una targhetta di metallo.

«In fondo deve capire chi è veramente portato e chi no, è una grande responsabilità, soprattutto per la Mela D'Oro»

Le mie mani avevano ripreso a sudare e le mie ginocchia minacciavano di abbandonare la missione.

Probabilmente sarei entrata tremolando e mi sarei inginocchiata davanti a lui.

Probabilmente avrebbe pensato che fossi completamente pazza.

Amelia spinse la porta e lasciò che io facessi il mio disastroso ingresso. Tra sudore e tremolii vari.

Non balbettare, Elara. Non balbettare.

La stanza che si mostrò davanti a me non aveva nulla a che fare con il resto dell'edificio.

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