Luci ed Ombre-Parte II

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Ho perso il mio Eden
Ed il tempo continua a scorrere

Con un sospiro sconsolato si lasciò andare contro lo schienale della sedia che ospitava la sua esile figura. Si portò una mano tra i folti riccioli scuri, che stavano minacciando di intrappolarla; massaggiò con attenta cura le tempie, trapanate da un fastidioso mal di testa.
Riportò il suo sguardo sul libro che aveva di fronte, sfogliandolo come un automa, mentre le parole davanti ai suoi occhi si ripetevano noiose e costanti. Aicha Jade Temper per l'ennesima volta, e per l'ennesimo anno, se ne stava china sui libri; pronta per un altro estenuante periodo di sofferenze fatto di stress e ansia.
Come ogni anno, si era ritrovata in quella biblioteca, che ormai conosceva come le sue tasche, a scalpitare su studi di cui non era necessario lo svolgimento.
Per qualche strano motivo i suoi piedi continuavano a portarla lì, al terzo piano, nonostante sapesse che la scuola era appena iniziata, e che non ci fossero compiti da fare. Era più forte di lei, appena aveva varcato le porte dell'Istituto si era ritrovata sommersa dall'ansia di quell'anno, e dalle fisse mentali che conseguivano, imperterrite quel fastidioso sentimento che le si incollava addosso come una seconda pelle.
Per quanto improbabile, si disse, lei era fatta di ansia; o per meglio dire, lei era l'ansia stessa.
E per finire in bellezza, al peso che si stava creando da sola nella sua mente malata di ragazza, si era aggiunto quello di Aidan, che gli aveva specificatamente detto di fare alcune ricerche su persone non meglio definite; perché sì, Mallory era un bastardo senza cuore che la sfruttava come se fosse stata una schiava.
Senza contare che il bastardo in questione era anche uno dei suoi migliori amici.
Non capiva cosa passasse per la mente contorta di quello schiavista, che più volte le aveva chiesto ricerche sui ragazzi di tutto l'Istituto.
Ne sapeva più lei, che quello stupido giornale di gossip, in cui si parlava di mille pettegolezzi, ma che alla fine non avevano neanche un fondo di verità. Per la maggior parte erano solo voci di corridoio, senza fondamenti. Ancora non si sapeva quali menti geniali ci fossero dietro quella spazzatura che spacciavano per lettura, che però continuava a circolare per la scuola.
Più volte era finita tra quelle pagine, in cui snocciolavano sottili allusioni al suo rapporto con i gemelli Mallory, con cui passava, a detta loro, troppo tempo. Troppo tempo un cazzo! Quei dementi erano gli unici esseri umani di sesso maschile su cui non avrebbe mai messo gli occhi.
Uno era uno spacciatore schiavista, e l'altro un emerito idiota di un egocentrismo e una testardaggine al limite del possibile.
E nonostante tutto, si ridisse per l'ennesima volta, che era stata lei a sceglierli come amici.
Che demente era stata.
Con un altro sospiro affranto, che si unì ai mille che l'avevano preceduto, riportò i suoi occhi da emerald sul libro, in cui le illustrava come migliorare il proprio olfatto.
Quel pomeriggio si dimostrò apatico e sonnolento, e mentre i suoi amici erano fuori a godersi il sole dell'autunno che era alle porte, lei se ne stava lì ad ammuffire come quei libri che tanto l'avevano fatta disperare.
La biblioteca quel giorno era illuminata da sottili raggi di luce, che filtravano dalla cupola di vetro. L'aria era come sempre umida, e la quercia gigante che ospitava il centro della sala, sembrava più calma che mai; infatti i rami e le radici che andavano incastrandosi con i tomi e gli scaffali non avevano inferto alcuno scherzo.
Sorrise dentro di se, pensando che quell'ammasso di legno e foglie era molto più antico dell'Istituto stesso, e per qualche motivo si era fuso con quella sala del sapere, diventando vivo.
Era una di quelle bellezze dai tratti suggestivi, che le faceva ricordare per quale motivo amasse così tanto quel posto assolato e caldo, in cui la natura si mischiava con il sapere contenuto in quella sala.
Un ticchettio continuo la riportò alla realtà, e le fece ricordare che non era sola, e che qualcun altro se ne stava lì, mentre tutti gli altri erano fuori.
In una smorfia di desolazione e disperazione alzò lo sguardo, puntando gli occhi verde bottiglia sulla figura longilinea del ragazzo seduto a pochi metri da dove era lei, anche se parzialmente nascosta.
Era vicino all'ampia finestra, e continuava a ticchettare le dita su una pagina di un libro.
Si era sistemato proprio sopra al cornicione, con la schiena appoggiata allo scaffale in legno adiacente.
Piccole radici si erano andate ad intrecciare tra le sue gambe e le sue braccia, segno che alla quercia lui piaceva.
La semplice maglietta nera della divisa che aveva indosso, lasciava scoperte le braccia lattee, solcate da venature profonde e violacee.
Sembrava di cristallo, anche se invece i suoi muscoli asciutti e scolpiti dimostravano tutt'altra teoria.
Ci sarebbe morta volentieri tra quelle braccia.
Stava leggendo un libro rilegato in pelle, forse un qualche romanzo di altri tempi.
Proprio come lui.
Ciuffi neri continuavano a cadere sugli occhi, incorniciando un viso spigoloso e fine, tipico delle famiglie nobili aliens.
Lo aveva osservato così attentamente in quei due anni, che aveva memorizzato il modo con cui si portava un dito alle labbra per inumidirlo, per poi voltare le pagine di un libro; o il modo in cui gli occhi febbricitanti scattavano tra quelle pagine, avidi di sapere.
Lo conosceva come le sue tasche, eppure non gli aveva mai rivolto parola.
La delusione e l'amarezza avevano colorato quei due anni, mentre continuava a guardarlo ignorarla; e nonostante tutto manteneva la sua facciata di sempre.
Lo osservava quando passava per i corridoi, con il passo cadenzato di chi ha tutt'altri pensieri per la testa, e sentiva il cuore morire e rinascere nello stesso tempo.
Lo osservava quando con ostentata saccenza rispondeva con sarcasmo a chiunque osasse andargli contro, zittendolo con frasi colorite dai più assurdi insulti.
Era un montato, viziato figlio di papà, eppure le piaceva.
Le piacevano quegli occhi perennemente segnati da occhiaie profonde, le piacevano le espressioni buffe che assumeva quando non capiva qualcosa, e le piaceva quel suo essere scontroso, che poi si tramutava in una riservatezza e una timidezza da essere tenere.
Le piaceva e basta.
Peccato però che lui non si fosse mai accorto di lei.
Dimitri Preston, secondo anno amethyst, non si era mai interessato a nessuna in quella struttura, e nemmeno a lei.
Dei passi netti risuonarono per la biblioteca, e una figura robusta apparve al fianco del ragazzo.
Aicha lo riconobbe come un suo amico, e si chiese come mai fosse in quel posto in quella giornata di sole.
-Dim, hai sentito quello che è successo stamattina?- chiese il ragazzo appena arrivato, salutandolo con una pacca sulla spalla.
Dimitri Preston alzò lentamente il viso da quello che stava leggendo, per poi puntare lo sguardo sul ragazzo che aveva di fronte, trapassandolo.
Stirò le labbra, forse irritato da quella interruzione, e con voce secca incitò l'amico a parlare.
-Cosa c'è James?-
L'amico compiaciuto iniziò il suo sproloquio, spiegando per filo e per segno un accaduto che ormai era sulla bocca di tutto l'Istituto.
-A quanto pare questa mattina la Worren è uscita fuori di testa. Jason mi ha detto, che Cam gli ha detto, che a sua volta l'ha saputo da Rive, che lo ha saputo da Alyson, che...-
-Arriva al punto James!- lo interruppe scocciato.
-Durante la lezione della Flemming la Worren si è illuminata di bianco, e ha iniziato a fluttuare per la sala, e poi è piombata a terra come un sacco di patate- finì con un sorriso.
Aicha sentì la gola seccarsi, e gli occhi uscirgli dalle orbite, stessa reazione, per quanto molto più contenuta, l'ebbe anche Dimitri, che si limitò a fare una smorfia.
-La danneggiata non si smentisce mai, non mi sorprende che abbia fatto qualche stranezza- soffiò labile.
Aicha si limitò a osservargli il volto d'angelo contratto rilassarsi, non facendo trasparire nessuna emozione. Si chiese a che cosa stesse pensando, e perché aveva reagito in quel modo.
-Diffondi il pettegolezzo, condiscilo di dettagli...non so se mi spiego- ghignò il moro, che lasciava sottointendere molto.
James ricambiò il sorrisetto per poi ridacchiare cattivo.
-Agli ordini capo- e se ne andò lasciandoli da soli; lui compiaciuto, e lei orribilata nascosta alla sua vista.
Aicha si ricredette su quello che pensava; per quanto il viso potesse essere angelico, quel ghigno nascondeva un demone pronto a stringere le sue spire sulla prossima vittima.
Era un infimo bastardo, ma per quanto assurdo continuava a piacerle.
Cosa aveva fatto di sbagliato nella vita?

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