Capitolo 43

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CHRISTIAN POV

"Altri quattro giri di campo, forza! Datevi la giusta carica" urlo disperato contro ai ragazzi.
Ci stiamo preparando per la partita  che si terrà tra due settimane esatte e sono sicuro che questa volta il trofeo è nostro.
Andremo alle finali di football e finalmente posso spiaccicare in faccia a Daniel la mia vittoria.
Nel gioco e in campo saremmo sempre nemici, nella vita amici.
"Muoviti Matthew! Muovi quelle gambe" batto le mani in contemporanea quando il mio compagno di squadra è quasi mezzo morto per terra.
Io dal canto mio sono sempre in palestra, almeno quattro volte a settimana mi alleno, infatti io mi darò la giusta carica dopo che questi se ne saranno andati. Ma ne abbiamo ancora per mezz'ora.
"Voglio una pausa" esclama Josh mentre si passa un asciugamano in fronte tamponandosi dal sudore.
"Non se ne parla. Tra due settimane avremmo un trofeo da vincere vedete di non fare le femminucce" parlo a tutti.
"Altri due giri di campo e poi sedetevi a terra che facciamo stretching" urlo.
"È illegale" esclama un mio compagno.
"Se voi vi allenaste da voi stessi senza aspettare i miei orari, a quest'ora non sorgevano questi problemi. Invece no, sempre aspettare che vi comunichi il tutto. Chi fa da sé fa per tre, ricordatevelo sempre. Ora forza! In campo.
Due giri di corsa il primo che sento lamentarsi aumenta a otto"
"Ma io non ce la faccio più!" Ribatte Jason.
"Perfetto, otto giri di campo" esclamo.
Si alza un boato improvviso e c'è chi si incazza con me e con Jason, ma me ne frego.

"Se non la piantate aumenta a dieci" esclamo mettendo fine a questa sceneggiata.
Alla fine si arrendono tutti e cominciano a svolgere il lavoro assegnato.
Quando sono a otto giri si sdraiano a terra esausti.
Concedo loro cinque minuti di pausa anche perché è da due ore che li sto allenando come muli.
Josh mi si affianca subito esausto, sudato, stanco e pure stravolto.
Ultimamente non lo vedo molto in forma e mi sto leggermente preoccupando.
Non ho potuto passarci del tempo insieme visto e considerato che ho sentito la necessità impellente di allontanarmi un po' da tutti e di farmi gli affari miei.
"Ti senti male?" Domando a Josh quando lo vedo leggermente sbiancato in volto.
Gli porgo la sedia per farlo mettere lì.
"Cose da poco. Sono solo un po' stanco" risponde facendo un gesto a caso con la mano.
"Dimmi la verità Josh, nemmeno Ines sa cosa ti stia succedendo e mi dispiace molto non esserti stato accanto in questo periodo. Non sto nemmeno più vedendo Emily. Sto passando le mie ore in palestra e penso troppo alla gara"
"La stai prendendo un po' troppo sul personale e tanto per la cronaca so benissimo che non stai sentendo più Emily. L'ho vista, sai? Non si capacitava nemmeno lei i tuoi comportamenti quindi perché non vai da Emily e le dici una volta per tutte ciò che hai? E poi, se hai voglia, senza troppa fretta, dillo anche a me" dice sarcastico.

Ma non è quel sarcasmo spontaneo che fa di solito, è quello pungente che usa solo quando si sente trascurato oppure offeso.
E ne ha tutte le ragioni per esserlo.
Come ho detto prima non faccio altro che pensare solo a me stesso e questa gara. Ho trascurato tutti e non mi sono posto il problema.
Ho trascurato Emily, mia sorella, il mio migliore amico.
Tutti i miei amici.
Non ne ho più per nessuno.
Ho pensato solo a me stesso, il tutto per una stupida gara a cui francamente mi importa solo di vincere.
"Josh..." Dico soltanto.
Si alza in piedi e poi prosegue diritto ignorandomi del tutto.
"Josh, dammi almeno il tempo di spiegare la situazione."

Mancano cinque minuti alla fine dell'allenamento quindi dico a tutti i giocatori che possono ritirarsi negli spogliatoi per una doccia, mentre io starò qui.
Ad un tratto il mio telefono squilla. È Emily.
Rispondo in tempo zero salutandola in modo caloroso, almeno è questo ciò che risulta a me.
"Cosa fai?" Sento dall'altro capo del telefono.
Va subito al sodo, secca e decisa.
"Mi sto allenando" rispondo prontamente.
"Ah okay" ecco tutto ciò che dice.
Ormai le nostre telefonate si riducono a me che ogni giorno le dico la stessa cosa.
Stiamo esattamente cinquanta secondi di orologio al telefono e poi non ci sentiamo più fino al giorno dopo.
"Ti amo, lo sai" le dico ancora una volta come se dovessi mettere in chiaro le cose.
La sento sospirare dall'altro capo della cornetta, so che vorrebbe aggiungere qualcosa ma sta zitta, come al solito.
"Certo"
"Stai bene?" Domando.
"Sto così bene che è decisamente un mese che non ci vediamo.
Abitiamo uno di fronte all'altro e tutte le volte che vengo da te o mi apre Josh o mi apre la porta tua sorella. Di te non c'è nemmeno l'ombra. Non so cosa fai, non so con chi sei... Avevamo più contatti all'inzio quando non eravamo nulla. Non mi dici mai cosa ti stia succedendo. La tua famiglia, in questo caso Ines, ha bisogno di te. Josh ha bisogno di te, ed io pure. Quindi come pretendi che io stia bene se non so nemmeno cosa tu faccia nell'arco della tua giornata. Non mi basta più che tu mi dica 'ti amo' perché sinceramente se tu mi amassi non ti comporteresti in questo modo.
Detto ciò: appena hai qualche minuto da dedicare ai tuoi amici e anche alla tua fidanzata ricordati che siamo qui. Buona serata devo andare"
"Emily aspet..." Detto questo chiude la chiamata senza darmi il tempo di replicare.

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