CHAPTER FOURTEEN

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Arrivo a casa ed un giustamente brontolante Church mi viene incontro in cerca della sua colazione. Nonostante la spiacevole chiacchierata con Raven, mi sento rilassata, riposata e carica come non mai, oserei quasi dire di essere felice.

Pensare alla sensazione di pace che mi hai dato solo standoti vicina per una notte riesce a rilassarmi completamente, e l'idea di venire a cenare con te nella tua camera anche questa sera, mi elettrizza quasi quanto il nostro primo appuntamento. Niylah aveva ragione, sono ancora innamorata persa di te e devo assolutamente combattere per riaverti al mio fianco, non posso lasciarti andare via... non un'altra volta... non posso perderti di nuovo così.

Senza pensarci un minuto di più, afferro le chiavi dell'auto ed esco di nuovo. Qualche minuto più tardi parcheggio davanti alla grande serra ed entro cercando con lo sguardo la mia amica. Visto che avevo appena litigato con Raven, Octavia era l'unica persona da cui sarei potuta andare e sicuramente sarebbe stata disposta ad ascoltarmi e consigliarmi al meglio. Alla fine, dopo aver girato per qualche minuto tra tutto quel verde, immersa nell'odore della terra e di tanto in tanto del dolce profumo di qualche fiore, la intravedo accucciata che sistema alcune piantine.

<< Ciao, O. >> La saluto con entusiasmo.

<< Ehi, Clarke, come va? Come sta Lexa? >> Domanda cordiale e sorridente come suo solito.

<< Io insomma... e lei, molto meglio direi. È forte, si riprenderà presto. >> Le dico un po' cupa, accennando appena un mezzo sorriso mentre parlo di te.

<< Oh, oh, non mi piace affatto quello sguardo, Clarky. Dimmi subito cos'è successo. >> Ordina con apprensione e gentilezza.

<< Niente di preoccupante, O. >> Cerco di tranquillizzarla.

<< Ti conosco da tutta la vita e lo vedo quando qualcosa ti turba. >> Mi canzona lei.

<< Stamattina ho discusso con Rae... >> Inizio dalla cosa che in realtà mi preoccupa meno di tutte.

<< Vedrai che si sistema tutto con lei, lo sai che ha solo bisogno di un po' di tempo per sbollire quando si arrabbia. >> Mi fa notare con un sorriso e lo so benissimo che con Raven riuscirò a sistemare le cose.

<< Due giorni fa Niylah mi ha lasciata... >> Aggiungo iniziando ad avere un tono sconsolato ed abbattuto, in realtà più per quanto io mi senta in colpa per essermelo meritata che non per il fatto di essere stata lasciata.

<< Lei cosa? Perché? Mi sembrava così presa... mi dispiace così tanto. >> Mi dice lei incredula abbracciandomi. << Che altro c'è, Clarke. >> Chiede ancora notando la mia tensione.

<< Sono ancora innamorata di Lexa. >> Dico con un filo di voce tremante.

<< Oh... raccontami tutto. >> Afferma stringendomi un braccio e facendomi sedere sul muretto in pietra dell'aiuola accanto a quella dove stava lavorando.

Inizio a raccontarle tutto. Dal momento dell'incidente di Lexa, a quello che è successo questa mattina con Raven. Octavia mi ascolta senza giudicarmi, non mi interrompe mai e cerca di capirmi. Mi soffermo un po' di più sulla mia rottura con Niylah, su quanto lei avesse ragione e su quanto solo ora mi sia resa conto di averla trattata in quel modo orribile, che lei per giunta non si meritava affatto. Ora che ho avuto il coraggio di ammettere quello che sento ancora per te, ho bisogno di capire come comportarmi e non c'è persona migliore di Octavia con cui parlarne. Tiro fuori le mie speranze di riconquistarti, le dico dei progressi che abbiamo fatto a chiacchierare insieme in questi giorni, di come riaverti nella mia vita mi abbia fatto tornare l'entusiasmo di viverla. Ma poi le confesso anche le mie paure e tutti i problemi. Ora tu hai Amy e, per quanto io la voglia odiare, in realtà mi sembra una ragazza davvero fantastica e soprattutto ho l'impressione che siate felici insieme. Temo di essere arrivata tardi, temo che ormai hai voltato pagina, che per me non ci siano più speranze e, ora che abbiamo instaurato almeno un rapporto di amicizia, ho paura che chiedendo qualcosa di più potrei perdere anche quel poco che ho appena riconquistato. Secondo Octavia non mi devo far abbattere e soprattutto non mi devo arrendere. Mi ricorda di quanto è sempre stato forte e speciale il nostro legame e mi fa notare che non ti dispiace affatto l'idea di avermi tra i piedi. Così opto per una mossa audace, ma non troppo, qualcosa giusto per sondare un po' il terreno. Le faccio preparare un mazzo di gelsomini, adornato con qualche non ti scordar di me a lasciare un po' di colore in mezzo a tutto quel bianco dell'ospedale, e a lanciare un messaggio che spero tu riesca a cogliere.

You are my strengthDove le storie prendono vita. Scoprilo ora