CHAPTER SEVENTEEN

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Qualche giorno fa sono entrata nell'archivio digitale dell'ospedale ed ho aperto la tua cartella per controllare che giorno e a che ora hai la visita di controllo. È una cosa che non potrei fare con i pazienti che non sono miei, ma non ho potuto farne a meno. Sembrerà da malati, ma non volevo rischiare di non essere di turno proprio in quel momento. E così eccomi qui, ad attendere in ufficio alla fine del mio orario di servizio, facendo qualche extra, sperando che prima o poi entrerai da quella porta. Ad un tratto sento Eric parlare con qualcuno nel corridoio, proprio davanti al nostro ufficio. Tiro le orecchie per sentire la conversazione, "Se stai cercando Clarke, credo abbia staccato alle due." afferma il mio collega, ma non riesco a sentire la risposta del suo interlocutore. A quella frase comunque scatto in piedi, afferro la borsa buttandoci dentro alla rinfusa tutta la mia roba sparsa sulla scrivania e mi affretto ad aprire la porta, fingendomi sorpresa nel trovarmi davanti qualcuno, cosa che tra l'altro mi riesce piuttosto bene, dato che quella fuori dalla mia porta purtroppo non sei tu.

<< Niylah. >> Dico spiazzata trovandomela davanti.

<< Ciao, Clarke. >> Mi saluta lei tranquilla dopo più di due settimane che non ci vediamo.

<< Che ci fai qui? >> Chiedo di getto. << Dio, scusa, sono davvero un'idiota senza tatto... prima dimmi, come stai? >> Domando rendendomi conto della mia totale freddezza nei suoi confronti.

<< Questo tuo lato un po' goffo e maldestro non cambierà mai, vero? >> Domanda ridacchiando di me. E per un attimo vedo quel suo lato ironico ed affascinante, che forse all'inizio mi aveva conquistata almeno un po'.

<< Temo non ci siano più speranze ormai... >> Replico unendomi alla sua risata.

<< Va bene così... >> Dice ancora ridendo. << l'ho sempre trovato davvero adorabile. >> Aggiunge seria guardandomi negli occhi.

<< Niylah, io... >> Cerco subito di rimettere le distanze.

<< Lo so, scusa... ora devo scappare, ho appuntamento con tua madre. È stato bello vederti. >> Conclude sbrigativa e, lasciandomi un bacio sulla guancia, fugge via di corsa.

Qualche attimo dopo l'ascensore sul fondo del corridoio si ferma al piano, le porte si aprono e dietro alle solite quattro, cinque persone di fretta, scorgo finalmente la tua figura uscire con calma. Hai i capelli raccolti che lasciano scoperto tutto il collo, cosa che non fai spesso, ma che ho sempre trovato estremamente sexy. Indossi una maglietta aderente che mette in risalto le tue curve e dei pantaloni della tuta un po' larghi, che però rendono grande giustizia alla forma perfetta del tuo sedere. Oh mio Dio, e quando i tuoi occhi si alzano da terra e si puntano automaticamente nei miei mi sembra di essere finita in uno splendido sogno. Ti vengo incontro ed intanto che cammino noto che ti hanno tolto il gesso, segno che sta andando tutto nel migliore dei modi.

<< Ehi. >> Ti saluto con un sorriso.

<< Ehi. >> Rispondi semplicemente ricambiando il sorriso, facendo così diventare il mio incontenibile. << Stai andando via? >> Chiedi dispiaciuta notando la mia borsa.

<< Sì, a dire il vero ho già finito da un po'. >> Ti rispondo cordiale.

<< Oh... >> Replichi delusa.

<< Ma ho un disperato bisogno di caffè... mi fai compagnia? >> Ti propongo, perdendomi a contemplare la tua espressione che muta dalla delusione all'incertezza.

Alla fine annuisci e, con calma, torniamo all'ascensore da dove sei appena arrivata, per tornare al piano terra ed uscire a prendere un caffè al Grounders. Certo non è il posto più intimo per stare un po' con te e fare due chiacchiere, ma resta il locale più vicino, più comodo e comunque più piacevole dove andare in questa zona. Anche se, sotto gli occhi di Lincoln, mi sento controllata quasi come se avessi un fratello maggiore pronto a picchiare chiunque si avvicini a me. Senza accorgercene passano un paio d'ore ed è incredibile come ancora sia tutto naturale tra di noi. Se non fosse che non posso abbracciarti o baciarti quando metti quel broncio adorabile alle mie battute, o quando resti delusa, amareggiata, o triste per qualcosa, direi che tra di noi non è cambiato nulla. Il tuo sguardo si scontra con il mio e a volte sfugge via svelto e timido, mentre altre volte si incatena come un tempo e non mi lascia più. Osservo la tua mano sul tavolo e l'unica cosa che vorrei fare è intrecciare le mie dita alle tue. Ma non posso.

You are my strengthDove le storie prendono vita. Scoprilo ora