Dualità.

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Come il giorno e la notte.
Cosa vuol dire 'essere diversi'? Non è una debole giustificazione a sostegno di una mancanza di impegno nella leggera costruzione di una sintonia, ritmata da complicità?  A mio avviso, credo proprio di si. Delle volte, sarebbe cosa migliore, assumere il fattore sincerità a priori, prima di incapparsi in buche e buchette scomode, e dire: << Guarda, non è mio interesse, non fa parte delle mie "credenziali" , impegnarmi in qualcosa, per ottenere qualcosa, a livello emotivo. Sono cosciente di non essere sufficientemente 'preparato', quindi non ho voglia di perdere tempo>>. Questo è un ottimo atteggiamento, valido per molte tipologie di rapporti, che impedisce a chi pronuncia tali parole, di indossare la maschera della finzione. Di essere ciò che non si è. Perché, mi chiedo io, bisogna, oltre ogni ragionevole forza, apparire? Cosa è questo desiderio di apparenza, che al minimo soffiare di vento la fa arrivare lontana, e via di nuovo a ricercarla, con la testa chinata, senza vedere dove si sta andando? Veramente la nostra Cura, nel suo senso più integro, cade su un insieme di oggetti e oggettini, idoli ed eroi, da dover ostentare quasi a dispetto del prossimo, o nell'altro caso da idolatrare senza che essi meritino o abbiano meritato alcun singolo gesto di chi li ammira e ormai li vede come ispirazione per sentirsi veramente realizzati?
Dove siamo finiti noi, noi della semplicità del piccolo dono, abituati a scontrare una persona all'entrata di un caffè e ricordarla durante la giornata, proprio perché di essa non si sa niente, e ci ha incuriositi qualche piccolo dettaglio?
È vero, siamo differenti nelle nostre abitudini e nei nostri interessi, ma non regge come giustificazione a qualsivoglia abbandono, mai. Va ricordato che, la perfezione è la sua ricerca, costante, continua, infinita.

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