Capitolo 13

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Rae

"Forza sali su, campione." Dico mentre gli apro la portiera della macchina. Mio padre, che è al volate, fissa preoccupato Chris Tolman.
"Che diamine è successo?" Chiede quando sono in macchina anche io. "Comunque io sono Cole Bailey."
"Piacere di conoscerla Signore. Io mi chiamo Chris Tolman."
"E gli hanno lanciato una palla in faccia. Una bella palla direi." Dico fissandolo per una milionesima volta.
Il suo labbro è bello anche se gonfio e sanguinante.
Ritorno alla vita terrena e fisso mio padre colpevole dei pensieri che ho fatto.
"Chi è stato?" Chiede alzando gli occhi al cielo.
"I Noose."
"Noose? Ho già sentito questo cognome. E nessuno ha fatto un denuncia?" Chiede.
Mio padre è un tipo curioso e simpatico, se non fosse che non ritorna mai a casa.
"È una ditta farmaceutica nella South Perth." Dice Chris facendo una smorfia mentre si mette meglio.
Gli faccio segno di poggiare la testa sulla mia spalla ma lui si rifiuta con uno sguardo quasi impaurito.
"Ah! Ma certo! David e Sana Noose." Ride mio padre. "Persone buone e sociali, se non fosse che hanno qualche difettuccio con l'alcool." Dice.
"Come se tu non avessi dei problemi." Dico alzando gli occhi al cielo.
"Già, io ne ho molti." Sorride. "Ma è questa la bellezza di tutti noi."
"Oddio..." Dico esasperata.
"Dove devo accompagnarti, Chris?" Chiede gentile.
Mio padre è troppo gentile, troppo equilibrato, troppo diverso da me. Sembra la copia in grande di Chris. Un vecchio Sober Boy che però ha sofferto tanto.
"West Virginia." Dico al posto di SB.
Sembra uscito da una tomba piena di cadaveri.
"Okay, Chris." Dice mio padre guardandomi.
"Ha problemi alla guancia." Giustifico.
"Okay..." Continua a guardarmi.
Okay, forse non ho mai aiutato qualcuno in vita mia. Ma è okay, è tutto okay.
Io sono la solita finta Rae Bailey, quella che non conosce biologia e che preferisce l'alcool a un film di venerdì sera.
Arriviamo davanti alla casa di Chris Tolman in poco tempo e alla fine Sober Boy svanisce dalla vettura, adesso c'è solo Cole Bailey, l'ostinato padre che vorrebbe parlare con sua figlia davvero dopo tutti questi anni di casini.
"Chris Tolman, eh? Sembra un ragazzo d'oro." Dice mentre mi siedo svogliata nel posto affianco al guidatore.
"Già."
"Andiamo, luce dei miei occhi!" Dice prendendomi in giro. Sorrido e lo nascondo dietro la mano. "Tesoro che non sotterrerei mai perché troppo importante."
"Sei pessimo." Dico.
"Lo so. Hai visto la spiaggia la scorsa settimana?" Chiede.
"No. Non mi piace la spiaggia."
"Te la farai piacere." Afferma mettendosi gli occhiali da sole. "Da quant'è che non indossi i tuoi occhiali al posto delle lenti?" Chiede.
"Non lo so." Sbuffo girando la faccia per guardare il paesaggio. "E comunque siamo ad ottobre, per quale motivo vorresti andare in spiaggia ad ottobre?" Chiedo.
"Non lo so." Mi imita.
Alzo gli occhi al cielo prima di accendere frettolosamente la radio per non sentirlo.
The 1975 con The Sound zittiscono mio padre.
Arriviamo davanti alla spiaggia alle cinque di sera, io completamente intontita dal viaggio e mio padre quasi un morto vivente.
"Che hai fatto in tutti questi giorni?" Chiedo.
"Ho creato le fondamenta di una casa." Dice.
"Hai creato o costruito?" Lo tartasso di domande.
"Le ho disegnate, ho dato vita alla casa dei sogni di una tizia che si chiama Josephine Collins." Dice facendo una smorfia. "Paga molto bene, se vuoi saperlo."
"Te lo stavo per chiedere." Dico.
Ci fermiamo appena sentiamo la sabbia sotto i nostri piedi e io fisso l'orizzonte.
Il mare è così scuro e mosso e una barca sta ritornando al porto. Onda dopo onda sento quasi il mio corpo scuotersi sopra quelle raffiche di acqua. Il rumore dell'acqua spegne ogni pensiero, tranne uno.
Sober Boy starà bene? E la sua guancia?
Chiudo gli occhi e sospiro, sento le braccia di mio padre stringermi e divento la vera Rae Bailey.
La romantica, a volte disperatamente con i piedi sopra le nuvole, Rae. Un casino nato, una tempesta che sanno placare in pochi.
"Mi sei mancata da morire, piccola mia. Stavo per impazzire ieri sera e mi sono detto che se non venivo a vederti sarei finito in una fossa ancor prima di averlo constatato." Dice facendo diventare i miei occhi lucidi.
"Non mi devi più lasciare così." Affermo.
"Lo so. Lo so, piccola mia." Sussurra al mio orecchio. "Prometto di essere il padre protettivo e rompi scatole che sono sempre stato prima di venire qui."
"Il mare non è poi così male."
"Assomiglia a te, sai? Siete la droga più bella e perfetta che ho creato."
"Non hai creato tu il mare, papà." Gli faccio notare.
"So anche questo. Ma lasciami sperare di essere una specie di Dio." Rido alla sua frase e lui mi stringe ancora di più.
"Mamma sarebbe fiera di noi, lo sai?"
"No, papà. Io non sono quello che desiderava la mamma." Sussurro.
"E invece sì. Ha sempre detto che essendo umani possiamo tutti sbagliare, ma che la sua bambina sarebbe stata, nella buona e nella cattiva sorte, il suo Paradiso." Dice.
"Papà, io non la merito. Sarà arrabbiata con me, sembra che tutti siano arrabbiati con me." Mi confido.
Non parlavo della mamma da troppo tempo, davvero troppo.
"Sono gli altri a non meritarti, lei ti meriterà sempre. Era così felice di te, Rae Bailey. Era così pronta a dare tutto per te. I suoi occhi si illuminavano al solo suono del tuo nome."
"Non è vero." Sorrido asciugandomi le lacrime.
"Stai affermando che io dico bugie?" Chiede con un tono più acuto. Scoppio a ridere e corro lontano da lui cercando una via di fuga. "Vieni qua, piccola bestiolina!" Urla.
Mi fermo di colpo scoppiando a ridere. "Piccola bestiolina?! Non lo usavi da quando avevo cinque anni!"
"Era ora di usarlo di nuovo." Dice sorridendomi.
"Comunque Chris Tolman non è il mio tipo." Dico guardandolo dritto negli occhi.
"Come vuoi, bestiolina. Anche se sembra che tu stia dicendo una bugia."
"Non è vero!" Urlo guardandolo e sorridendo.
"Ti sta crescendo il naso, pinocchio." Mi prende in giro.
"Tu non ti comporti da padre protettivo. Solo da rompi scatole." Gli faccio notare.
Alza le spalle indifferente. "Rompi scatole lo sono sempre stato. E Chris Tolman se prova a toccarti lo prendo a bastonate."
"Credo che sappia giocare a baseball." Ammetto.
"Be', allora a pallonate." Scoppio a ridere buttandomi sulla sabbia. Il mio sedere sprofonda lentamente ed è quasi snervante.
"Questo è un colpo basso."
Si siede vicino a me e mette il suo braccio sulle mie spalle.
"Rae, anche se ti allisci i capelli, ti metti le lenti ed esci con gente che non proporrei neanche di conoscere a Bob Marley, sei bella e speciale. Hai ancora l'abitudine di leggere quando nessuno ti guarda e ti arrabbi mentre guardi i Simpson continuando a dire che sono davvero stupidi. Sei una bella persona. E questo non te lo dico come padre, ma come sopravvissuto a persone cattive e prive di bontà. Tu ne hai troppa e questo mi ricorda che se non ci fossi stata tu sarei già diventato un vano ricordo."
"Stai dicendo che ti ho salvato la vita." Sussurro. La mia voce si spezza ma con lui posso anche essere la Rae riccia e con gli occhiali.
"Sì, bestiolina."
Guardo davanti a me, il cielo si sta facendo grigio.
Una tonalità di grigio che ricordo così bene da farmi spaventare ed emozionare allo stesso tempo.

Spazio Autrice
Avevo promesso un capitolo e spero che sia abbastanza per voi.
Ecco la vera Rae Bailey!
Ci vediamo Lunedì 11 Luglio.
Un bacio e buone vacanze a tutti❤

Sober Boy (COMPLETA) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora