Ghostwriter - Varietà di Short Stories Vaganti

101 11 33
                                    

Buonsalve a tutti voi, esimi lettori! Come avrete di certo notato questa non è una storia come tutte le altre. È la prima delle cinque prove alle quali mi sono sottoposto per il concorso indetto da Animus-ignotum, appunto intitolato "Varietà di Short Stories Vaganti" (link: https://www.wattpad.com/story/110686585-concorso-di-scrittura-varietà-di-short-stories - mannaggia a Wattpad che non riconosce gli ipertesti!). Il tutto mi sembra molto ben congegnato, quindi invito chiunque legga questa storia a prendervi parte. Più che altro è un modo per mettersi in gioco, ma può essere anche una straordinaria occasione per farsi conoscere. Delle tre tracce proposte da Animus (ti chiamerò così, anche se è un sostantivo maschile, perché non so come altro chiamarti), ho scelto quella più impegnativa, la terza. Fondamentale è il fatto che il racconto debba fondarsi su un sentimento di reclusione opprimente. Ebbene, reclusione sia! Partiamo.

GHOSTWRITER

Scrivere. Quanto è bella questa parola. Musicale, poetica. Ricordo ancora quando scrivere era la mia passione più grande, la mia ragione di vita, il modo di esprimere al mondo il mio pensiero, il dono più grande che la vita stessa potesse farmi.

Ricordo quando mi chiudevo in camera mia e il tempo volava. Non riuscivo a controllarmi. Quando mi arrivava un lampo di creatività non c'era scusa che teneva. Potevo avere avuto una giornata infernale al lavoro, essermi distrutto i muscoli a forza di palestra o avere litigato ferocemente con la mia fidanzata, ma se la sera un'idea, anche piccola, si presentava, mi armavo di penna e la concretizzavo. Come un Demiurgo che dalla materia informe plasma la vita, io, dall'informe inchiostro plasmavo racconti.

Una storia dopo l'altra, sviluppavo i miei intrecci e, dire che mi divertivo, è riduttivo. Costruivo interi mondi, da quello più inverosimile a quello più realistico e vivevo le avventure con i miei personaggi. I loro amori, le loro sofferenze, le loro vittorie. Quello che provavano loro, lo provavo anche io sulla mia pelle. Ripensandoci ora, mi viene un brivido.

Sentivo una creatività che mi pervadeva, una scossa di inventiva che mi dava una serenità fuori dal comune. Adesso invece quello che provo ora è un vuoto incolmabile. Chi leggerà queste righe penserà immediatamente a una cosa: il blocco dello scrittore. Quella frustrante mancanza di idee che qualunque creatore di romanzi come me ha sperimentato almeno una volta nella vita. E io dico MAGARI! Magari si trattasse di un semplice blocco. Magari si trattasse di un semplice attimo in cui la mente ha solo bisogno di un poco di riposo, di un poco di svago per riuscire a riempirsi nuovamente di nuovi colori ancor più sgargianti.

Invece la faccenda è immensamente più terribile. La carta e la penna sono l'unica mia speranza, l'unica ancora che mi salva dal precipitare nel baratro della follia. Le righe che scrivo sfuggendo alla sorveglianza sono intrise del mio essere, quello autentico, quello a cui loro non sono minimamente interessati.

Sono diventato un impianto industriale oramai. Sono diventato una semplice macchina. Prigioniero in questa cazzo di società che riconosce solo un dio: il dio denaro. Non c'è più umanità, non c'è più cuore. Se inizi a parlare di queste cose ti prendono per pazzo. Ti dicono "adattati e sarai felice".

Beh, io non sono felice. Non lo sono per nulla. Hanno eliminato quel concetto dalla mia mente per riempirlo con i loro "valori". L'apparenza, il vuoto, l'effimero. Qui la fa da padrone chi riesce a fregare il prossimo. Tu parli di compassione, loro ti ridono in faccia. Tu parli di etica e ti liquidano come noioso. Tu parli di sacrificio e ti danno dell'idiota: il "non sbattersi più di tanto per ottenere i risultati che si vogliono" è una regola. È tutto una schifezza, un bitume, una discarica a cielo aperto.

Tales by DanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora