«A-arrivo» balbettò, Emma, uscendo di casa in tutta fretta e salendo in macchina.
Emma era in preda a un raptus di pensieri, una preoccupazione generava quella successiva in una reazione a catena senza fine.
Cellulare rotto, nessuna possibilità di contattarlo, non so se ha visto il messaggio, e ho solo dieci minuti per inventarmi qualcosa.
«Allora». Gisella interruppe il suo flusso di pensieri. «Perché quella faccia?».
Emma fulminò sua madre con lo sguardo, per quel tono irriverente e sarcastico.
«Ah, voi giovani. Senza il cellulare siete prioprio persi. Come fai a sapere se arriverà?».
«Arriverà, lo so» rispose Emma, acida, senza nemmeno guardare in faccia la sua interlocutrice, che si zittì, colta da quel tono.
La sua mente stava già iniziando a elaborare ogni tipo di scusa. Era un vortice di pensieri che non si acquietava. Emma di certo non voleva mollare la presa, e andare a quella ridicola sagra di paese. Eppure non era così difficile da comprendere, come situazione. Lei se ne stava a casa e gli altri uscivano. Perché non poteva essere così? Cosa c'era di complicato? Ad ogni modo, in quel momento continuare a battere su quel chiodo non serviva a nulla. Doveva procedere.
Emma teneva ancora il cellulare in mano, quando si stavano avvicinando in prossimità alla pista di pattinaggio. Lo sguardo di Emma era come impazzito, e scrutava ogni singolo angolo della strada per riuscire a riconoscere qualcuno che somigliasse alla foto profilo di Giacomo.
«Dove ti lascio allora?».
«Qui!» rispose pronta Emma. «Qui è perfetto!».
Sua madre accostò, perplessa dal tono, a tratti così piccato.
«Per che ora avevate l'appuntamento?».
«Più o meno per adesso...» rispose Emma in modo distratto. Scrutava con gli occhi vispi la strada. Non era così piena, ma di quelle poche persone, nessuno assomigliava a Giacomo.
E se non lo dovessi riconoscere?
Sensi di ansia le presero le viscere. Più i suoi occhi si muovevano, più era cosciente che Giacomo non c'era. Forse non sarebbe mai arrivato, forse non aveva letto il messaggio, o forse, se lo aveva letto, l'aveva bollata come una pazza e hasta la vista.
Comunque fosse, Emma si disse che non poteva aspettare ancora in quella macchina, altrimenti il suo cuore le sarebbe esploso.
«Bene, allora... Grazie del passaggio! E ci vediamo nel pomeriggio!» disse, mentre usciva impacciata, in tutta fretta, dall'automobile.
«Ma aspetta! Non è nemmeno arrivato!». Cercò di fermarla sua madre.
«Sì, ma mi ha detto che arriverà!».
«Quando lo hai saputo, che hai il cellulare rotto?».
Emma era stanca di quel terzo grado, voleva solo la sua agognata tranquillità.
«Ci vediamo, mamma!» la liquidò caustica, chiudendo lo sportello con un tocco non esattamente delicato.
Senza aspettare risposta, che sicuramente si sarebbe tradotta in una qualche replica, Emma si allontanò a passo svelto, con il cuore ancora a mille. Aveva bisogno di calmarsi, di stare un poco da sola. Non ne poteva più di incontri vuoti, feste di paese e interrogatori in famiglia. Ne aveva le tasche piene di tutto.
Con la coda nell'occhio aveva notato l'auto di sua madre che tornava in carreggiata e si dirigeva verso casa, e questo le aveva donato un minimo di sollievo. Finalmente era sola.
Respirò con aria beata a pieni polmoni quell'aria gelida che solo l'inverno le poteva offrire.
Un momento di pausa, finalmente.
«Emma?».
Una voce stridente le fece salire un brivido attraverso la schiena.
No.
Quella fu l'unica parola che comparve nel suo cranio, spezzando il silenzio della sua psiche come il rumore di qualcosa che si spezza.
«Ma non dovevi andare in montagna?».
E' ancora più sgradevole dell'ultima volta.
La faccia bisbetica di Lara era comparsa, come un'apparizione, o meglio, come una persecuzione.
Emma la guardò. Tutta in ghingheri come sempre, manco dovesse andare al ballo del principe, e sempre, costantemente con le sue due amichette, dalla risata (fastidiosa) facile. Tutte e tre con quel loro sguardo metà vacuo e metà snob.
Quando si dice, non puoi fuggire dal tuo destino.
«Ehi, Emma, ci sei?» ripetè Lara, sventolandole il palmo davanti la faccia, come per testare la sua presenza mentale.
Le altre due reagirono con una risatina da perfette oche, a volere fare da spalle alla loro BFF.
Emma non ci voleva credere. Si era sbattuta come un uovo per riuscire a evitarle, e bang, le aveva trovate lì. Che senso dell'ironia, la sorte.
«Ma invece voi non dovevate essere alla Festa d'Inverno?» chiese Emma, cercando di apparire sicura per sviare dal discorso.
«Ci andiamo più tardi» asserì Lara. «Vuoi venire con noi?».
Come non potevo aspettarmi una domanda del genere? Ma questa ancora non l'ha capito che non mi va di averla nel raggio dei 100 km circostanti?
«Non posso» disse Emma, perentoria.
«Cosa vuol dire che non puoi? Sei qua da sola! Che cos'altro hai da fare?».
Qualcunque cosa che mi faccia rimanere lontana da voi.
«Devi incontrare qualcun altro?» chiese Lara, sbattendo le ciglia.
«Uuuuuuuh». Le altre due, in sincrono, emisero il classico verso stupito da gatte morte.
Ma figurati, sono stata anche una sciocca a pensare di incontrare Giacomo, qui. Lui non verrà, questo è certo.
Emma non aveva nemmeno finito il pensiero, che i suoi occhi si illuminarono. A meno di venti metri da lei era comparso un ragazzo con un giaccone grigio e il volto sereno. Lei sentì il cuore scaldarsi.
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Tales by Dan
Short StoryDalla mente alla penna. Dalla penna a Wattpad. Una raccolta di racconti brevi rigorosamente eterogenea. Buona lettura.