Chapter 13- Photograph

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"We're alone
And broke
But that's okay
'Cause there's
Fire in my heart."
Era notte fonda, e non mi ero neanche resa conto dell'enorme rischio che stavo correndo ad essere li, ad aspettare una persona che non sarebbe mai arrivata.
Accesi il telefono e chiamai Jenny, dopo molti squilli rispose. Si sentiva un forte rumore di sottofondo, una musica altissima. Ma cosa stavano combinando?

-Ehi.. Jo! Non posso parlare ora... ti richiamo dopo- e riattaccò, senza aggiungere altro.

Bene, ero completamente sola mentre le mie migliori amiche si stavano divertendo con i loro "ragazzi".
Quando mi ritrovai davanti al cancello arrugginito del parco mi sedetti.
E piansi, finalmente. Non sono una tipa che piange spesso, ma pensai che non avevo mai pianto così tanto in quella gita che in tutta la mia vita.
Come sempre ero stata una stupida illusa, una stupidissima illusa che credeva che il suo idolo si fosse invaghito di lei.
Ecco, solo un'illusa.
Scivolai con i piedi a terra, e mi raggomitolai in me stessa; non mi vergognavo, tanto non sarebbe venuto nessuno. Lui aveva scelto altro, aveva scelto di lasciarmi stare, dimenticandosi che io ero ancora li ad aspettarlo.
Erano le 10 e mezzo e non potevo tornare in albergo per stare con quei quattro sfigati, sarebbe stata meglio qualsiasi altra cosa. Avrei potuto chiamarlo, chiedergli cosa cazzo stava facendo, per poi insultarlo. Ma no, non potevo farlo; non dovevo fare assolutamente nulla.
Presi il telefono e mi infilai le cuffie. Entrai nella playlist dei The Vamps, ovviamente.
Misi Another World e continuai a piangere senza contegno. Appoggiai la testa sulle braccia e chiusi gli occhi, concentrandomi solo e soltanto sulla canzone.

Ma poi, fortunatamente (o anche sfortunatamente) la mia vita prese una'altra piega, una piega diversa da quella che mi aspettavo. Eh si, proprio a metà di Another World arrivò, anche lui con gli occhi lucidi, anche lui stanco, anche lui dispiaciuto, forse.
Non ci credevo. Non ci potevo credere. Era arrivato. Rimasi a bocca aperta, aspettando che fosse lui il primo a parlare. Dovevo incazzarmi o far finta che non fosse successo nulla di grave?
Ma cosa mi preservava il destino?

-Jo...- sussurrò, io mi tolsi le cuffie e mi alzai, con il viso ancora rigato.

Mi asciugai le lacrime di corsa, non volevo che pensasse che fossi una debole, o che stessi piangendo per lui.
In quel momento non so spiegare bene cosa provai, però  istintivamente non ci pensai due volte ad abbracciarlo e stringerlo forte, anche se in quel momento non se lo meritava. Avrei voluto dirgli tutto quello che avevo in mente di dirgli da un bel pezzo.
Lui ricambiò l'abbraccio, stringendomi altrettanto forte. Il suo calore, le sue mani su di me, lo strinsi così forte che sentivo il suo cuore pulsare. Eravamo solo noi due, finalmente, e quello poteva essere un momento decisivo.
Mi sorrise.
Tornando al motivo principale del nostro incontro, cosa doveva dirmi di preciso?

-Possiamo sederci?- disse piano, e si incamminò verso la panchina più vicina -Ah, e scusa il ritardo... io...-.

-Tranquillo- dissi, anche se avrei voluto dirgliene tante. In quel momento il desiderio di sentire cosa aveva da dirmi era più grande di tutto il resto.

Forse ero un illusa, ma non potevo farci nulla, e probabilmente non era qualcosa di così tanto serio
Quando ci sedemmo, tirò fuori dalla sua tasca una foto, e dapprima non capii.

-Stoke-on-trent, Staffordshire, avevo 11 anni- disse, e mi fece vedere la foto, posandola sulle mie mani.

Mi sembrò impossibile, ma Stoke-on-trent era proprio il posto in cui avevo abitato da bambina.

-Oddio... eri così piccolo- sussurrai, ero ancora scossa ma continuavo a non capire; forse il fatto che avevamo vissuto in quel posto nello stesso periodo non c'entrava nulla.

Ma poi guardai bene la foto.
Nella foto non c'era solo lui, ma anche un altro gruppo di bambini più piccoli.
E poi capii.
Giacchettino rosa e cappelino ricamato. Si, ero io, lo capii subito.

-Beh, forse non ti ricorderai... ma da piccoli abbiamo giocato insieme, anche se avevamo alcuni anni di differenza- sorrise imbarazzato -Beh, di certo non voglio che tu ti ricorda, ma il punto è un altro-
sorrise di nuovo, ora mi guardava fissa negli occhi ed io non sapevo cosa dire. Quanto è piccolo il mondo, eh?

-Non so se tu abbia mai sentito parlare della famiglia Simpson, ma è da qui che voglio iniziare a spiegarti tutto-ora sembrava imbarazzato, le guance e il naso erano diventate rosse, forse per il freddo -sempre se hai voglia di ascoltare-

Di certo non mi ricordavo ne di lui ne della sua famiglia, ma cosa c'entrava la storia della sua famiglia con il perchè di tutto quello che è successo tra di noi?

-Hai freddo?- gli chiesi.

-No...- rispose -forse questi fatti che ti racconterò non ti toccheranno, ma ci tengo a spiegarti il perché di tutto, e mi dispiace...- sussurrò sempre più piano.

Mi prese una mano impulsivamente e la strinse forte, come se avesse bisogno di forza per parlare.

-Ti ho chiesto se avessi saputo della famiglia Simpson perché giravano brutte voci sul nostro conto, ed era vero. Posso dire che non sono mai stato cresciuto male, ma posso sicuramente dire di non aver avuto un'infanzia facile- sospirò, ma senza versare una minima lacrima.

Strinsi ancora più forte la mano.

-Si, sono un alcolizzato che passa le serate ad ubriacarsi nei pub- fece una pausa come se fosse indeciso se continuare o no, per poi dire -lo avrai pensato, ma non credo che tu ne sappia realmente il motivo. Ho avuto un'infanzia di merda, diciamolo. Mio padre non faceva che maltrattare mia madre e picchiarmi, continuamente- a quel puntò sospirò, ma poi proseguì -e quindi sono diventato cosi, ma non è una giustificazione ai miei comportamenti, per me è sempre stata un abitudine vivere in questo modo-

La lacrima scese anche a me. Non sapevo nulla di tutto questo, del resto non sono cose che vengono raccontate.

-Beh, poi nulla. Ho imparato ad essere forte da solo. Ho coltivato una rabbia tremenda in tutta la mia vita. Odio per le ingiustizie, soprattutto, perché ne io ne mia madre ce lo eravamo meritato. Ero scontroso con tutti- riprese fiato -odiavo tutto, ecco. E così ho iniziato a fare il ragazzaccio, a picchiare la gente, a crearmi problemi con i criminali. A 17 anni mi sono comprato una casa, ed ora mio padre è in prigione da parecchio tempo. Pero sai, non riesco più a guardare mia madre in faccia, e sai perchè?-

Ne ero rimasta completamente sconvolta, ed avevo un buco allo stomaco.

-La risposta è semplice, hai presente quando hai davanti a te un orrore e non puoi fare nulla? Ecco cosa avevo provato tutti quegli anni. Disprezzo, odio. Forse ho trovato qualche appiglio nella musica, quando ho formato la band. Bradley Simpson, il ragazzo più bravo del mondo, quello che non farebbe male ad una mosca. Che ha però un'oscuro passato, e queste non sono cose che si vengono a sapere da tutti, ho preferito tenermi tutto dentro. Bella storia, vero?-

Questo è quanto.

-Ora di certo non ti chiedo di perdonarmi... però ecco... scusa, Joanna, mi dispiace tantissimo, sono una persona di merda, scusa- sospirò di nuovo -e non ti ho raccontato tutto questo per giustificarmi, perché il mio passato non è una giustificazione-

-Bradley... io...- non riuscivo a parlare.

Di scatto posai le mie labbra sulle sue.

7 days // Bradley Simpson (The Vamps) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora