ULTIMO CAPITOLO

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CAMILA POV'S

Lauren era appena morta. Se n'era andata e con lei tutto il mio mondo.

Aprii gli occhi all improvviso non riconoscendo l'ambiente in cui mi trovavo. Gli occhi erano appiciccaticci e gonfi. Non so per neanche quanto avevo pianto. In questo momento non sapevo assolutamente nulla, come se la mia vita di colpo fosse stata azzerata. Le pareti di questa stanza erano completamente spoglie, i muri erano di un rosso carminio, una finestra con i vetri luridi non faceva nemmeno passare la luce del sole. Mi misi a sedere sul letto in cui mi trovavo, che non era sicuramente il mio. La testa mi stava scoppiando, provai lentamente a massaggiarmi le tempie per attutire il dolore. Di fronte a me c'era uno specchio, anch' esso molto trasandato, come l aspetto che avevo io ora. I miei capelli erano tutti arruffati, i vestiti stropicciati dopo averci dormito su, le occhiaie di un violaceo marcato e gli occhi che sembravano due palle. Ero orribile ma non importava.

Non ricordavo nulla di ieri, a parte l'unica cosa che avrei voluto volentieri dimenticare, l'unica  che pagherei ora per poter tornare indietro e non farla mai succedere. Dopo che era morta, non aspettai nessuno, scappai immediatamente dall ospedale, vagando per la città senza una meta ben precisa. Le persone che avevo incontrato per strada mi guardavano male, perchè sembravo uno zombie. L'ultima cosa che ricordo di ieri è che mi sono rinchiusa in un locale a bere: mandavo giù alcool come se fosse acqua ed è forse proprio lì che qualcuno mi aveva portato qui dentro. Il posto letto accanto a me era sfatto, ma io ero completamente vestita, segno che non dovrebbe essere successo nulla. Fino ad ieri il pensiero di svegliarmi in un posto a me sconosciuto con il pericolo di aver fatto qualcosa di cui mi sarei pentita per il resto della vita, mi terrorizzava. Era una cosa che non mi sarebbe mai passata per la mente. Oggi invece, trovandomi qui non provo nulla. Nè paura, nè agitazione. Nulla. Era come se Lauren andandosene, avesse portato con sè anche il mio cuore. Non riuscivo nemmeno ad alzarmi da quanto la testa mi doleva e tutto intorno a me girava. Appena provai a fare un minimo movimento, un odore di disifenttante, di ospedale imperniato ormai nei miei vestiti, mi invase le narici facendomi tornare di colpo a quel momento.

I suoi occhi sbarrati verso il nulla. Il suo corpo inerme, mosso soltanto dalle scosse provocate dal macchinario. Le parole del medico che ancora rimbombavano prepotenti nella mia mente. Gli occhi ricominciarono a riempirsi di lacrime che però cercai di respingere dentro.

"oh ben svegliata, finalmente...pensavo fossi morta davvero..."

La voce di una ragazza, mi fece sobbalzare per lo spavento. Di fronte a me vi era questa ragazza magra, con i capelli castani coperti da un cappellino con la visiera portata all indietro, le braccia ricoperte da tatuaggi una canotta bianca e dei pantaloncini da basket rossi. Ai piedi delle scarpe da ginnastica dello stesso colore della canotta. In mano aveva un vassoio con due caffè d'asporto ed un sacchettino dove presumibilmente c'erano delle brioches. Non l'avevo mai vista in vita mia.

"dove mi trovo e tu chi sei?" - domandai prima di tutto - "come immaginavo...non ricordi niente di ieri sera..." - si sedette sul letto di fianco a me - "tieni...almeno ti riprenderai un po'..." - mi porse il bicchiere - " tranquilla non è avvelenato, l'ho appena comprato..." - aveva un bel sorriso - " come sono arrivata fino a qui?" - chiesi sorseggiando la mmia bevanda - " ti ci ho portato io...vivo qui...o almeno è la mia dimora per un po' di giorni..."-  la guardai stupita - " sei una criminale? Ti nascondi qui?" - scoppiò a ridere - "ho la faccia da cattiva?" - fece una smorfia dolce - " no perchè sono un'agente di polizia, è meglio se te ne vai prima nel caso non fossi proprio buona..." - l'avvertii - "minchia su miliardi di persone che potevo raccattare in un bar, proprio una sbirra...quando dici la sfiga..." - scherzò di nuovo, porgendomi la brioche - "mi dici che è successo?" - si alzò d'improvviso andando a frugare in una borsa poggiata qualche metro più in la - "ieri sera ero in questo locale per bermi una birra, era tardi...e mentre cercavo di evitare le avance rozze di alcuni uomini al bancone, mentre mi guardavo in giro, ti ho vista lì accasciata su uno dei tavoli da sola..." - tirò fuori un flaconcino bianco - "ti ho scosso un po' per vedere se eri viva perchè eri immobile con la testa in giù...poi ho visto la sfilza di bicchieri che avevi sopra il tavolo ed ho capito..." - mi porse due piccole pastiglie bianche - " sono aspirine...prendile...ti faranno bene per il mal di testa..." - annuii - " aspetta che ti prendo un po' d'acqua..." - disse mentre andava presumibilmente in bagno - " e non avendo documenti od un telefono...ti ho portata qui...."

And that was how you changed my lifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora