~Capitolo 4~

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«Kevin?!» La gola le si fece improvvisamente secca e le sembrò di perdere l'uso della voce perché il grido di rabbia che avrebbe voluto lanciare contro di lui nacque e morì tra le sue corde vocali.

«Sì, signorina. Ai vostri ordini» rispose, imitando anche uno svogliato inchino senza nasconderle una smorfia, come se il solo pensiero di prostrarsi al suo cospetto lo disgustasse e questo non fece altro che far aumentare la sua ira. Quel bastardo si ricordava di lei? Di cosa le aveva fatto? Se così era, non dava segni di averla riconosciuta o forse era proprio per quello che sembrava tanto irritato nel doversi inchinare? Ad ogni modo, non avrebbe mai accettato che quell'essere diventasse la sua guardia del corpo e che dormisse nella sua stanza, per giunta!

Grazie alla rabbia e al rancore, la gola intorpidita si risvegliò e con essa anche la sua voce.

«Mai!» gridò con tutto il fiato che aveva, facendo sobbalzare gli uomini presenti. «Non accetterò mai che lui sia la mia balia! Non ho cinque anni. Vuoi che eviti anche di uscire in veranda per prendere un po' d'aria? Bene! Ma nessuno mi starà incollato al culo ventiquattro ore al giorno come un randagio in cerca di cibo.»

Il viso di suo padre si tinse di un rosso talmente intenso da far impallidire le rose scarlatte piantate in giardino e i rubini della madre. «Sophie Beatrice McIntosh!» tuonò collerico, facendo sussultare Leo alle sue spalle. «Come osi parlare in modo così volgare? Che fine ha fatto l'educazione che ti abbiamo impartito?!»

Stava per urlargli un "l'ho buttata nel cesso, proprio come hai fatto con i soldi con cui me l'hai pagata", ma si morse la lingua e tacque.

«Si farà come dico io» continuò suo padre. «Il signor Diaz è la tua guardia del corpo e così sarà fino a quando io lo vorrò!»

Nella stanza cadde il silenzio, suo padre e Leo si aspettavano di sicuro un'ennesima obiezione da parte sua, ma così non fu. Capì che non avrebbe mai ottenuto nulla scalciando e strepitando come una bambina viziata, così decise di fare buon viso a cattivo gioco.

Stirò lentamente le labbra in un sorrisino apparentemente dolce, serafico e falsamente pentito, notando compiaciuta l'espressione allibita comparsa sul volto del padre.

«Come voi desiderate» disse prima di voltarsi ed uscire lentamente dalla stanza.

Una volta chiusasi la porta alle spalle, iniziò a correre come un cervo inseguito dai cacciatori - ed effettivamente si sentiva così - verso la propria stanza. Non avrebbe accettato mai quell'ultima insana trovata di suo padre, era stanca di sottostare e di sentirsi ostaggio in casa sua; era arrivato il momento di agire. Sul serio.

Chiuse a chiave la porta della propria camera da letto e prese un borsone dall'armadio, riempiendolo di vestiti comodi e gioielli che avrebbe potuto impegnare in caso il suo piano si sarebbe rivelato un fallimento. Doveva tornare in America, in fretta! Nel suo paese vigevano regole particolari e anche se era maggiorenne non poteva né opporsi ai suoi né essere libera, poiché il suo ruolo era quello di regnare. Un destino veramente schifoso, voleva abdicare ma suo fratello aveva solo diciassette anni ed era un immaturo irresponsabile secondo i suoi. Non che fosse falso, ma Richard lo sembrava semplicemente perché aveva più libertà di lei, più amici, e le sue priorità erano altre e non prevedevano il trono. Era assurdo che proprio lei dovesse prendere il posto di suo padre. Sì, era la primogenita, ma di solito la gente non preferiva gli uomini alle donne per questi ruoli? Il mondo era proprio cambiato, in meglio ovviamente, però in questo caso una mentalità misogina le avrebbe fatto scampare tutto quello.

O forse tuo padre ti avrebbe costretto a sposare un ricco e vecchio bavoso maniaco, le suggerì la coscienza.

Sì, forse sarebbe stato così, ma ad ogni modo non era quello il momento di pensarci visto che un'eventualità del genere non si sarebbe mai presentata. In quell'attimo era più importante trovare un modo per lasciare il paese senza essere fermata da nessuno, Kevin poteva essere un grosso problema in quanto ex marine. Sospettava fosse un'abile segugio e non doveva sottovalutarlo. Si mise il borsone in spalla e si avvicinò alla grande libreria che occupava tutta la parete destra della stanza, prese una vecchia bibbia e la inclinò di poco verso sé; sentì il suono di uno scatto ed il pesante mobile in legno di noce si staccò di qualche centimetro dalla parete.

The ex nerd PrincessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora