15. La pausa pranzo infinita

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Di solito adoro quando i giorni passano in fretta ma, ora che è venerdì, non sono poi così contenta. L'unico lato positivo è che mia zia mi ha fatto un favore, impedendomi di uscire di casa per una settimana. E così oggi, dopo la partita, filerò dritta a casa e guarderò serie TV per tutta la sera, solo io, il divano e un allettante sacchetto di patatine. Adesso sì che sono felice. L'ho persino detto in anticipo a Ian, dato che praticamente stiamo sempre insieme, e a Lauren. La poverina stava quasi per mettersi a piangere nel bel mezzo del corridoio. Mi piacerebbe sapere perché è così in fissa con me.

Sto camminando nei corridoi per uscire nel cortile e mangiare in santa pace il mio tramezzino, dopo un estenuante test di italiano che credo di aver svolto decentemente, quando qualcuno mi pizzica i fianchi e io lancio un urlo. Faccio per girarmi e tirare una gomitata al colpevole, ma mi accorgo in tempo che si tratta di Ian e allora gli tiro soltanto un pugno sul braccio che lo fa mugolare dal dolore, come se durante le partite non venisse sbattuto a terra da tipi grossi il triplo di me.

-Com'è andato italiano?- mi domanda poi massaggiandosi il punto dove l'ho colpito.

In risposta alzo un pollice. -Benissimo!- esclamo con un sorriso trionfante.

-Wow, stai sorridendo! Allora è andato davvero bene- osserva lui lasciandomi un pizzicotto sulla guancia che me la fa andare immediatamente in fiamme.

Nello stesso istante in cui gli chiedo perché l'abbia fatto passiamo davanti a Mason e i suoi amici. Senza volerlo il mio sguardo cade su di lui, ma mi affretto a riportarlo davanti a me quando incrocio i suoi occhi.

-Non dirmi che ti ho fatto male!

-Mah, guarda un po' tu. Mi hai pizzicato la guancia- ribatto imperterrita cercando di levarmi di dosso la sensazione di avere lo sguardo del biondo puntato sulla nuca. Non passa molto, però, che Ian lo chiama a gran voce.

Bene, vorrà dire che gli farò qualche domanda, mi dico guardandolo venire verso di noi e poi battere il pugno con il moro. Con la coda dell'occhio, dato che mi sono già incamminata, noto che si gira nella mia direzione. I due mi vengono subito dietro e Ian mi affianca allungando il passo, dopodiché mi prende per un gomito e mi fa voltare.

-Che stai facendo?- mi chiede.

-Cosa dovrei star facendo? Cammino, no?- rispondo, mentendo spudoratamente, mentre il mio sguardo finisce a sinistra. Ovunque, pur di non guardarlo negli occhi.

-Non fare la finta tonta con me, Alexis. Non funziona- mi riscuote. -Lo stai evitando.

-Evitando chi?- altra domanda come risposta, ma mi zittisco subito alla sua occhiata assassina, facendomi seria con un sospiro. -Sto solo evitando di creare una brutta situazione in mezzo al corridoio, tutto qui- gli dico.

Ian aggrotta confuso la fronte, passando con lo sguardo da me a Mason. -Perché, cosa devi dirgli?- chiede ancora, il volto trasformato in una maschera di perplessità.

-Se è quello che stai pensando, no. Altrimenti sì, ma devo parlargliene da sola- gli rispondo con sincerità, poi mi sento di dover aggiungere: -Anche se ne parlerei quando ci sei pure tu perché mi stai simpatico.-

Ian spalanca occhi e bocca; sta per urlare o fare qualcosa di stupido, lo sento.

-Ah ah ah- lo blocco mettendomi poi un indice davanti alle labbra. -Shh. Non dire neanche una parola. Non pensare neanche.

A quell'ordine il ragazzo si porta entrambe le mani alla bocca, nascondendo in questo modo il sorriso da orecchio a orecchio che non lo abbandona nemmeno quando Mason, essendosi probabilmente rotto le scatole di essere ignorato, si avvicina senza guardarmi in faccia.

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