16. La partita bagnata

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Una vera rottura, ecco cosa sono state le ultime ore: un pugno dritto in faccia. Per fortuna che Hayley mi ha salvata, ricordandomi della partita che si terrà tra poco. E ora, di nuovo, vengo trascinata da uno tsunami di energia verso una meta sconosciuta, che poco dopo riconosco come gli spalti del campo esterno. Ci mette meno di mezzo secondo per individuare la mano pallida di Lauren, alzata in mezzo a centinaia di studenti, ed è lì che ci dirigiamo senza perdere tempo.

-Avete fatto in fretta- nota la ragazza nel momento in cui prendiamo posto anche noi due, facendomi scappare una risatina.

-Certo, mi ha fatto correre la maratona di Boston questa qui- rispondi divertita indicando Hayley con una mano. Il mio momentaneo buon umore, tuttavia, viene spazzato via da una gomitata ben assestata al braccio da parte della ragazza alla mia destra, che neanche si scusa.
-Che cafona- mi lascio sfuggire guardandola di sottecchi.

-Su, su. Non rovinare l'atmosfera- mi rimprovera Hayley.

-Quale atmosfera, scusa?

-Shh, comincia!

-Vado a prendere i popcorn- annuncia Lauren in un sussurro, alzandosi.

-Ma come? Proprio adesso che sta cominciando la partita?- le domando incredula.

Lei mi rivolge un sorriso sincero, dopodiché si congeda con un è la tradizione, facendomi intendere che fanno così tutte le volte. Mi chiedo quali altre strane abitudini abbiano queste due.

-Se ci sono, io prendo quelli al caramello- le urlo quando è a pochi gradini di distanza. Le due hanno infatti avuto la fortuna di prendere i posti vicini alle scale, solitamente quelli che su riempiono prima.

Mentre Lauren sta ancora parlando con il tipo che vende i popcorn scendono in campo le due squadre: pare che gli avversari, di cui non conosco nemmeno la scuola di provenienza, abbiano maglie azzurre e pantaloncini marroni, mentre i nostri maglie verde scuro e pantaloncini neri. Ho sempre trovato ridicoli i colori delle squadre di football.

Naturalmente, non appena il primo nostro giocatore mette piede in campo, la maggior parte degli studenti presenti scoppia in grida di incitamento, da me non condivise. Specialmente quelle esaltate delle ragazze delle prime classi. Neanche fosse un modello di Abercrombie, quello con il numero cinque.

-È Mason, è Mason, è Mason!- dice Hayley, che ora ha una mano serrata sul mio ginocchio e mi scuote la gamba come se fosse un'insalata da scolare.

Ah, adesso capisco.

-Ha...- comincio a chiamarla per darle una calmata, ma lei mi prende alla sprovvista, alzandosi di scatto e portandosi entrambe le mani davanti alla bocca, in una sorta di megafono.

-Mason! Spaccagli il culo!- urla senza mostrare il minimo imbarazzo.

Dal canto mio, dopo un primo attimo di sconvolgimento, mi piego in due dalle risate, ma al contempo la tiro giù a sedere afferrandole un lembo della maglia. Con mio grande stupore il quarterback si gira proprio nella nostra direzione e si sbraccia per salutarci. Questo, però, scatena le grida eccitate delle primine davanti a noi, le quali a quanto pare non hanno capito a chi era indirizzato quel saluto a dir poco entusiasta.
In risposta alziamo entrambe un braccio, così da incoraggiare anche Ian che, nel frattempo, è sceso in campo. Come lo riconosco? In questo giorni era così emozionato che gli argomenti delle nostre conversazioni vertevano sempre sul football, ed è così che sono venuta a sapere che lui porta il numero dodici, come gli anni che aveva quando ha giocato la sua prima vera partita.

-Abbiamo perso clamorosamente, ma non mi sono mai divertito tanto in vita mia- mi aveva detto.

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