4. Quando lui vuole le botte

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Dalla Germania con furore, ecco a voi un nuovo capitolo! Lo so, non fa rima...
***

Messa sull'attenti cerco di capire chi potrebbe essere.

Jeans neri così consumati che sulle ginocchia sono persino rotti, normali Converse nere che sono state usate un po' troppo, mani infilate nelle tasche dei pantaloni e normalissima felpa grigio scuro, non fosse per il cappuccio che gli oscura il volto. Decisamente sospetto.
È però quando lo abbassa che mi congelo sul posto. Colin? No, non può essere lui. Colin ci ha abbandonati, non lo rivedremo mai più. Ed è meglio così per la sua incolumità.
Ma allora chi è?
-Lu...- No, non è neanche Lucas. Lui non ha le punte dei capelli tinte di biondo. Passo velocemenge in rassegna tutti i ragazzi che conosco: Riley assolutamente no, Mason men che meno, Lucas neanche, qualcuno con cui ho lezione? Può essere. Non ho mai prestato attenzione a nessuno di loro, tanto che non conosco i loro nomi dopo anni che abbiamo gli stessi corsi. Ma se qualcuno di loro abita dalle mie parti l'avrei visto altre volte, no?

Nel frattempo il ragazzo è arrivato a pochi passi da me e, come se fosse una cosa normalissima, la mia mente comincia a catturare ogni più piccolo particolare, dal piercing nero al sopracciglio sinistro, ai suoi ricci spettinati alla perfezione, alla forma del naso, a quella delle sue labbra, e infine al modo in cui le arriccia leggermente prima di parlare.

No. Fissa il naso, il naso!
Andando contro la mia mentalità decido di parlare io per prima.
-Cosa vuoi da me?- Sempre molto gentile comunque.

Il ragazzo sorride, ma è uno strano sorriso. Sembra amaro.
-Anche tu sei completamente diversa, Ally- dice.

Perché la sua voce continua a risuonare nella mia testa? È vero, non l'ho mai sentita, ma non so perché la collego a Colin. E poi solo lui e i gemelli mi chiamano in quel modo. Mi rifiuto ancora di credere che sia proprio lui, ma una parte di me sembra essersene convinta fermamente.
-Cosa?- riesco a dire alla fine dopo aver boccheggiato un paio di volte.

Il presunto Colin ora se ne sta zitto a guardarmi, anche il suo sorriso è del tutto scomparso.

-Co...lin?

In risposta lui alza un sopracciglio e tende una mano chiusa a pugno verso di me. Quello era il nostro saluto e, mentre noi ce lo siamo dimenticato, lui ancora lo ricorda. Mi sento allo stesso tempo ridicola e i sensi di colpa tornano a bussare alle porte della mia coscienza.

-È passato un po' di tempo, eh?

Ormai non lo sto neanche più ascoltando. Non voglio dire niente, eppure ho la bocca aperta. Non voglio essere neanche lontanamente felice, eppure mi viene da sorridere. Vorrei sembrare calma e indifferente al suo ritorno improvviso, invece avrei la stessa espressione se mi avessero sparato. Andiamo bene...

-Tutto okay?

No. È proprio la sua voce a farmi tornare in me con la stessa forza di un treno in corsa che entra in una galleria. Alzo una mano e sposto la sua da davanti a me, quindi attraverso di corsa la strada e, sempre correndo, arrivo a casa mia.
Ashton mi viene felice incontro, ma io neanche lo guardo e mi chiudo la porta alle spalle, appoggiandomici poi con la schiena per riprendere fiato. Così non va bene, sento che sto per impazzire.
-Ho bisogno di musica sparata nelle orecchie- dico tra me e me e subito salgo i gradini due a due per arrivare alla mia camera, dove prendo cuffie e iPod.

Gli Icon For Hire mi fanno subito sentire compresa con la loro musica incasinata e, cuffie in testa, torno al pianterreno per mangiare qualcosa come un panino con la Nutella. Come ogni giorno trovo sul tavolo un biglietto con su scritto:

Per cena in frigo ci sono del bacon e del salame, fatti un panino. Se vuoi ci sono anche le uova. Ci vediamo stasera.
Zia Cathy

Divoro il mio panino in pochi morsi, dopodiché lavo il coltello che ho usato. Niente lavastoviglie, non possiamo permettercela con quel poco che guadagna mia zia.

-'Cause everybody's so scared, we don't wanna go there, we don't wan...na- canticchio, quando vengo interrotta dal suono del campanello. Sbuffando mi asciugo le mani, appoggio cuffie e iPod sul tavolo e vado alla porta. Appena la apro, però, mi pento subito di averlo fatto.
-Cosa vuoi, Colin?- gli chiedo con astio.

-Sì, ciao anche a te- risponde lui appoggiandosi allo stipite con una spalla. -So che ti sono mancato, ma frena l'entusiasmo.

-Tsk. Mancato? Chi, tu?- sbotto squadrandolo da capo a piedi con un angolo delle labbra tirato verso l'alto.

In risposta entrambe le sue sopracciglia scattano in alto e si esibisce in un fischio che mi fa venir voglia di cavargli gli occhi.
-Già, sei proprio cambiata.

-Chissà di chi è la colpa- gli rispondo guardandolo dritto negli occhi.

-Piacerebbe saperlo anche a me!

Ok, datemi un'ascia. Voglio squartarlo sul posto e vedere se così ha ancora voglia di fare il simpaticone.

-Posso entrare?- mi chiede quindi.

-Ma anche no.- Detto questo faccio per chiudergli la porta in faccia, ma Colin la blocca con un piede, dopodiché entra come se niente fosse.
Io indietreggio subito verso le scale senza perdere il contatto visivo con lui. Il mio intento è di correre in camera, prendere il cellulare e chiamare la polizia o mia zia. Di Linda e Riley non se ne parla, non voglio che loro sappiano del suo ritorno.
-Te lo chiedo l'ultima volta: cosa vuoi da me, Colin?

-Lo sai che non è mia la colpa. Cosa potevo fare allora contro i miei genitori?- ribatte allargando le braccia e alzando la voce, evidentemente esasperato.

Ha ragione, lo so, ma ancora non gliela darò vinta. -Rispondi- ripeto con tono persino più duro.

-Altrimenti?

È quella parola a farmi scattare verso le scale, ma appena salgo un paio di gradini lui mi afferra una caviglia, facendomi cadere. Fortuna che ho i riflessi pronti e ho messo le mani davanti prima di finire a terra, altrimenti a quest'ora non avrei neanche più un dente in bocca.
Non so con quale coraggio Colin comincia poi a trascinarmi verso il corridoio.

Bene, ora potrei fargli davvero molto male e poi dire alla polizia che mi stavo difendendo da un tentato stupro. In effetti è quello che cerco di fare. Ruoto il busto verso di lui e, con la gamba libera, gli assesto un calcio sulla spalla. In questo modo sono di nuovo libera, così mi alzo di scatto e lo spingo a terra per guadagnare più tempo, correndo poi verso la porta. Sto quasi per raggiungerla, quando Colin mi afferra entrambi i polsi e comincia a spingermi verso il soggiorno. Nonostante io stia opponendo resistenza, messa come sono ora non risolvo la situazione e, anzi, mi basta qualche passo per finire sdraiata sul divano inchiodata dal corpo e dallo sguardo di Colin. Sento l'anello di metallo del mio collare premere contro la gola mentre deglutisco, ma a malapena mi rendo conto del dolore.
-Levati di dosso, Colin.- La mia voce ormai è ridotta ad un ringhio basso, quasi sussurrato. Adesso è davvero una minaccia.

-Sono sempre lo stesso Cole di sei anni fa, Ally. Smettila di comportarti così- bisbiglia lui in risposta.

Oh, adesso sono io quella a dover essere convinta, a dover cambiare per l'ennesima volta. No, non ci sto. Non sono più la bambina spaurita che si faceva comandare a bacchetta e che lasciava che la vita le scivolasse addosso senza viverla appieno. E non ho intenzione di tornare ad esserlo.
-Posso sputarti in un occhio? Magari così capisci che devi andartene una volta per tutte.

-Sei sicura che sia quello che vuoi?- mi chiede.

-Sì, cazzo! Vattene!- urlo quasi sollevata dalla sua domanda.

Colin allora si alza con una lentezza snervante, liberandomi i polsi per ultimi, e io ne approfitto per esprimergli tutto il mio fastidio con una calcio al ginocchio.

Si allontana di qualche passo continuando a far vagare lo sguardo su tutto il mio corpo, facendomi sentire praticamente nuda mentre mi sollevo sugli avambracci. E poi lo guardo andarsene, in silenzio.

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