6. Il mondo mi vuole male

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Sono davanti alla palestra e già da qui vedo gente che corre, fa capriole e lotta. Gente che, come me fino a due anni fa, ha abbracciato lo spirito del corso, come lo chiamiamo tutti perché non ha un nome suo. Devo ammettere che non avevo mai provato delle emozioni così forti prima di iniziare, ci si sente libero dalla gravità e invincibile, solo perché si tira qualche pugno e si salta come un canguro.

Bene Alexis, vai a fare i culi! mi sprono mentre metto un piede dentro l'edificio, dove, oltre ai novellini, ci sono quelli di due anni fa. Non faccio neanche in tempo ad andare nello spogliatoio che ho gli occhi di tutti puntati addosso.

-È tornata-, -Era ancora viva allora-, -Poteva anche starsene a casa-, -Avete sentito delle risse?-, -E quel piercing poi!- dicono come se io non riuscissi a sentirli.

Quest'ultima frase mi ha colpita particolarmente. Mi porto una mano al mio adorato vertical labret e non posso fare a meno di chiedermi cosa c'entri con la mia scomparsa.
Le risse sono vere però, penso con un sorrisetto.
Nello spogliatoio mi cambio al volo, dato che ho optato per dei comuni leggings neri e il fedele top, e mi sfilo il piercing posandolo in una scatolina, dopodiché vado in bagno per riuscire a farmi una coda decente con l'aiuto dello specchio.

-Io non ce la faccio più- sento dire da una ragazza che sta palesemente piangendo.

-Non dire così. Sei la migliore dei nuovi arrivati, se te ne vai tu, se ne vanno tutti- cerca di farla ragionare un'altra.

È in quel momento che arrivo io, guadagnandomi un'occhiataccia dalla tizia che sta piagnucolando.
-Prova a dirlo a qualcuno e...- comincia a minacciarmi, ma io la fermo con un gesto della mano non impegnata a tenere l'elastico.

-Primo: chi cazzo sei tu?- le chiedo. Poi, soddisfatta di entrambi i risultati, della mia coda e della sua espressione, me ne vado. Non appena comincio il riscaldamento sono di nuovo tutti lì a fissarmi come degli idioti e alla fine il più antipatico dei miei compagni di corso mi si avvicina.
Per un po' segue i miei movimenti squadrandomi da capo a piedi, ma quando prova ad avvicinarsi di più io mi sposto immediatamente facendolo sussultare.

-Che vuoi?

-Come che voglio? Non ti fai vedere per due anni e poi spunti così, dal nulla- mi risponde.

-E quindi? Se hai qualche problema possiamo anche risolverlo subito, sai- propongo guardandolo torva. Ok, forse però sto esagerando.

-Ma sentitela!- esclama rivolto agli altri. -Ancora pensi di essere la migliore?

Riprendo i miei esercizi ignorando con tranquillità quella provocazione.
-Non ho mai pensato o detto di essere la migliore, siete stati voi a mettervi in testa questa cosa- mormoro.

-Cosa stai cercando di dire, Alexis?

-Perché, ho parlato? No, guarda che è stata quella là- rispondo facendo un cenno verso la ragazza che prima stava piangendo. Questa mi fulmina con lo sguardo, credendo che io abbia spifferati qualcosa della sua scenata in bagno.
Dio, quanto mi sto divertendo!

-Okay. Che ne dici di una sfida allora? Come ai vecchi tempi- riprende il moro.

E chi sono io per dirgli di no? Non sono mai riuscita a far finta di niente quando qualcuno mi lanciava una sfida.
E così eccomi qui, davanti alla vecchia parete da scalare, stretta nell'imbracatura di sicurezza che fino a due anni fa neanche c'era. L'unica cosa a salvarti da una caduta rovinosa era un materasso spesso forse anche più di cinquanta centimetri, di quelli che usano gli stuntman.

Il ragazzo, più i veterani del corso e qualche faccia sconosciuta, si avvicina tenendo in mano un cronometro.
-La sfida è questa: se arrivi in cima battendo il mio tempo, vinci. Se cadi o non ci riesci, perdi. E poi c'è la penitenza- conclude con un sorriso truce.

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