52. to those who still belive that I

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"guarda cos'ho trovato" Michele mi chiama dall'altra parte della stanza, dove sta riordinando la piccola cassettiera regalatami dai miei anni fa. non ho idea di quello che contenga, quindi mi avvicino incuriosita.

"oh" sussulto notando che stringe tra le mani la polaroid scattata da sua sorella Marta, a Roma davanti al Colosseo.
"è stato bello quel viaggio" esclama, poi appoggia la foto sul davanzale di legno e continua a frugare tra le mie cose per provare a riordinarle.
"potremmo organizzare un weekend da qualche parte" rimaniamo entrambi in silenzio per un lungo tempo, mentre continuiamo a impilare fogli e spostare vestiti. nonostante il mio appartamento, ed in particolare la mia stanza siano molto piccoli, ci sono volute ben tre ore per riordinare tutto.

"ti piacerebbe venire a casa dei miei? è da tanto che non vedo Gaia" una nota di malinconia traspare nella sua voce, so che il legame con sua sorella minore è sempre stato forte.
"si" mento, anche solo in parte. sarei felicissima di passare del tempo con lui, ma l'idea di essere a casa dei suoi genitori mi tiene sulle spine.
"puoi essere sincera" lascia cadere un piccolo quaderno azzurro sul parquet e si avvicina a me, che sono seduta contro il mio letto a spulciare una scatola di cui non ricordavo l'esistenza.

"sono sincera" provo a sorridere, ma lui scuote il capo e si avvicina fino a far sfiorare le nostre labbra.
"dimmi la verità" mi lascia un bacio veloce sulla guancia e si siede a gambe incrociate davanti a me.
"okay, forse sarei un po' agitata" mi inginocchio e mi sporgo verso di lui, per baciarlo.

"sicura?" chiede tra un bacio e l'altro il moro.
"certo" provo a passargli una mano nei capelli, ma si ferma dopo poco a causa dei nodi e del gel. lui scoppia a ridere e io lo seguo. "che capelli di merda che hai" commento sdraiandomi, lui fa lo stesso e le nostre spalle si sfiorando.
"sai" la sua voce risuona nella piccola camera e io sento che siamo uniti come non mai "quando mi sono trasferito con Giulio ero ancora un ragazzino stupido" unisco la mia mano alla sua e la stringo per fargli sentire che gli sono vicina.

"non pensavo di finire con lui dopo pochi giorni, non mi piaceva neppure, non avevo mai considerato l'idea di avere una relazione con un ragazzo, poi però è successo" mi volto per scrutare la sua espressione e noto che sorride. "non so quando e come è iniziata, so solo che mi ha fatto tanto male, ma se non l'avessi mai conosciuto, non sarei quello che sono" vorrei fargli capire che io ci sono, farlo sentire a casa, mostrargli che non è solo, che io lo comprendo e che amo quando si apre con me.

nonostante tutto resto in silenzio. non dico una parola, perchè sono una frana con le persone, un disastro con le emozioni umane.

"la prima volta che ho visto Virginia abbiamo litigato" non l'ho mai raccontato a nessuno. non ho mai parlato di lei con qualcun altro da quando se n'è andata. spero che lui apprezzi questa mia confessione e che lo consideri un ringraziamento per quello che è appena successo. "eravamo nel teatro della scuola per assistere ad una recita e io avevo lasciato la mia giacca sulla poltrona più lontana dalla classe e lei ci si è seduta, allora io le ho detto che quella era la mia poltrona e abbiamo discusso, poi lei si è alzata e si è seduta vicino a me e ha detto che le piacevamo le persone che lottavano contro le ingiustizie. avevamo undici anni ed è stata una sorta di prova, per testare la nuova arrivata"

"ora so che non devo rubarti la poltrona a teatro" gli assesto una gomitata sulle costole, senza colpire troppo forte.
"sei un genio a rovinare i momento magici" ridiamo e ci giriamo entrambi su un fianco, guardandoci negli occhi.
"sai che ti amo?" chiedo con un sorriso stampato sul
viso.
"chi non mi ama d'altronde?" si avvicina strisciando e mi bacia tenendomi stretta a se con la mano.

quando finiamo di riordinare, sul letto c'è una piccola pila di ricordi dei nostri anni passati insieme.
"Michele" urlo per farmi sentire dalla cucina dove si trova, molto probabilmente a dare fuoco a qualcosa.
"cosa" si affaccia sulla porta con il grembiule rosa e azzurro di mia nonna ricamato a mano con la scritta 'Ariana' e della farina sui capelli e sulle guance.
scoppio a ridere prima ancora che entri nella stanza e si sieda accanto a me sul materasso morbido.

gli porgo la lettera che mi aveva scritto per il mio diciottesimo compleanno e lui finge di volerla strappare. "ero un diabetico di merda" ride tenendola alta grazie alle sue braccia lunghissime,
mentre io mi dimeno per riprenderla.
"ridammela che è bellissima" mi alzo, ma lui fa lo stesso impedendomi definitivamente di riaverla.
"lo sappiamo tutti che sei dolce" con un salto riprendo la lettera e la rimetto in un cassetto con la polaroid e altri ricordi di noi.

n/a:
vi chiedo di dirmi cosa ne pensate nei commenti! è importante, vi spiegherò tutto nel prossimo capitolo! grazie,
C

Show me love || Michele BraviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora