Capitolo 5

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Le ore scolastiche sono finite e non appena suona la campanella chiudiamo immediatamente i libri e ci prepariamo ad uscire.
Esco di fretta dall'aula e facendomi strada tra spintoni e quant'altro riesco finalmente ad uscire da scuola. Corro verso la scuola di mia sorella... Poi mi rendo conto che non so come raggiungerla.
" Mi scusi mi sa dire come si arriva alla Elementary School of New York?" chiedo con il fiatone ad un signore sulla cinquantina, vestito in giacca e cravatta con una ventiquattr'ore in mano.
" Vada dritto e all'incrocio giri a destra" mi spiega gentilmente
" Grazie!" rispondo incominciando nuovamente a correre.
Mio padre mi aveva detto che distava cinque minuti da scuola, ma cinque minuti in questa città equivalgono ad un'ora dato il fatto che io non possa correre con tutta questa gente ad intralciarmi.
Arrivo finalmente nel punto che mi ha indicato il signore, ma... ci sono due incroci, qual è? Ovvio, quello dove vedi una scolaresca di bambini.
Nel primo incrocio non c'è nessuno, vuol dire che non è qui. Guardo l'altro e nemmeno lì c'è qualcuno, ma vedo alcune persone aspettare, sarà sicuramente lì.
Mi avvicino e, come volevasi dimostrare, vedo dei genitori con dei bambini più piccoli che evidentemente stanno aspettando che escano i loro figli.
Come per magia non appena arrivo io suona la campanella. Questo vuol dire che fra due minuti sono fuori. Poi potremmo prendere un taxi che ci accompagnerà fino a casa, almeno mio padre ai soldi per il taxi ci ha pensato e me li ha dati.
Eccola! Vedo mia sorella scendere con uno sguardo che non è da lei, lo stesso sguardo che aveva durante il viaggio: freddo, triste e nostalgico.
" Ciao Kim!" mi saluta a bassa voce.
" Che è successo piccola?" le chiedo abbassandomi fino ad arrivare alla sua altezza.
Lei non risponde così le alzo il viso e vedo delle lacrime rigare il suo dolce viso. " Ripeto: cos'è successo?" si butta al collo e la sento singhiozzare, ma non risponde.
Noto che alcuni genitori ci stanno fissando così prendo in braccio Jessica e mi allontano, non voglio né innervosirmi né tanto meno far imbarazzare mia sorella.
Una volta trovato un taxi saliamo sopra, do le indicazioni al taxista e partiamo.
" Ti ascolto" dico poi a bassa voce una volta che si è calmata.
" C'erano due, un bambino ed una bambina, che mi hanno detto che se voglio essere accettata in questa scuola devo fare tutto ciò che mi chiedono e domani dovrei portargli dei soldi!" racconta singhiozzando ed asciugandosi le lacrime.
Non ci posso credere! Alla loro età già fanno i bulletti! Ma che educazione danno i genitori a questi figli!
" Li sai i nomi di questi due bambini?" chiedo cercando di mantenere la calma. Si limita a negare con la testa. " Sono della tua classe?" annuisce. " Allora domani se ti dicono qualcosa chiama subito la professoressa e diglielo. Verrò comunque io a prescindere, ma se fanno qualcosa non aver paura di dire niente, e se poi ti dicono che sei una ruffiana o che non ti sai difendere da sola non rispondergli. Okay?"
" D'accordo!"
" Vieni qua!" la incito allargando le braccia per poi abbracciarla forte forte.
Quello che mi fa ancora più male, oltre che ad averla vista con quello sguardo malinconico ieri, è che dopo il dolore affrontato deve affrontarne altro perchè ci sono dei piccoli mocciosi che si divertono a fare i bulli.
Sono alquanto sicura che abbiano genitori che, come i miei, non stanno mai a casa perchè lavorano e quindi si ritrovano a dover crescere da soli o magari con una di quelle babysitter antipatiche che fanno tutto solo per avere soldi da spendere il week-end con gli amici. Fortuna che io sia potuta crescere con i miei nonni mentre i miei lavoravano. Mia sorella invece è cresciuta con me, essendo io ormai abbastanza grande da potermela cavare quando lei è nata.
Vedo che mia sorella si è addormentata, come fa di solito dopo aver pianto, così ascolto un po' di musica e guardo New York scorrermi lentissimamente davanti.
                                                             * * *
" Signorina siamo arrivati!" mi risveglia dalla mia fase di incantamento il taxista.
" Sì, mi scusi! Grazie e buona giornata!" auguro prendendo Jessica in braccio e accompagnandola fino in camera sua.
È molto semplice orientarsi in questa casa, dato il fatto che al piano di sotto ci sono solo salone e cucina, e sopra le tre stanze a destra ed i due bagni a sinistra. In parole povere la stanza è tutto spazio.
Poso Jessica sul letto e la lascio dormire chiudendo la porta dietro di me. Vado poi in camera mia a cambiarmi. Decido di andare ad iniziare a preparare qualcosa da mangiare per stasera per me e la mia piccolina, nella speranza di alleggerirle la giornata con un po' di sano cibo.
Mentre scendo le scale sento il cellulare vibrare ed immediatamente lo prendo per vedere chi mi abbia scritto.
Emily:
Ehi, che fine hai fatto oggi? Hai dimenticato che c'era scuola?

Hate To Love {COMPLETATO}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora