4) Diavolo

770 61 1
                                    

Quel silenzio era fantastico. Era domenica mattina presto ed Elaja poteva sentire soltanto il rumore degli attrezzi che usava sulla sua auto.
Vedere e provare in pista per la prima volta la macchina che avrebbe usato durante la stagione, era stata un'emozione troppo grande ed effettivamente quella notte non era riuscito a dormire. Continuava a tornare con la mente al momento in cui aveva guidato il suo nuovo veicolo. Non aveva mai montato qualcosa di così bello, perfetto. Ecco perché il giorno dopo stava lì così presto. Gli avevano dato il permesso di guardare la sua auto e aprirla come se fosse un meccanico. Elaja, alla fine, avrebbe avuto tutte le competenze per poterlo fare. Lavorare con Nick da quando aveva quattordici anni, era stato davvero utile. Una volta finito con le corse, e sperava che sarebbe avvenuto tra anni e anni visto che aveva appena iniziato, aveva tutta l'intenzione di diventare un meccanico. Anche Liam e Louis avevano fatto così. Molti anni addietro anche loro gareggiavano, sebben in categorie minori, e una volta ritiratisi erano diventati degli ottimi meccanici nella categoria maggiore.
E quindi adesso, Elaja stava sul carrellino con le ruote sotto alla vettura sollevata, ammirando ogni componente e aprendo ogni scomparto per poi richiuderlo. Era tutto a posto, ovviamente. Ma vederlo con i suoi occhi lo rassicurava moltissimo.
Mancava una settimana all'inizio della stagione, dopotutto. E lui non aveva ancora dato un nome al suo gioiellino. Ma c'era quasi, ci stava riflettendo. Aveva pensato anche di non darle alcun nome, ma era più forte di lui e aveva accantonato subito l'idea.
L'auto era davvero stravagante, diversa da tutto ciò che si vedeva in giro di solito. Era prevalentemente viola con qualche tratto arancione. Effettivamente Elaja era sempre stato una persona molto sgargiante, a cui piacevano i colori e le cose appariscenti, nonostante fosse un tipo chiuso, timido, che stava sempre sulle sue. Kara lo prendeva in giro da sempre per quel particolare. Gli diceva che faceva tutto l'innocente, ma in realtà aveva manie di grandezza e protagonismo incredibili. E lui sbuffava tutte le volte, perché ovviamente diceva che non era affatto vero.
Quei colori, arancione e viola, gli ricordavano tanto lui e Niall. Il pilota più grande aveva sempre detto che il viola era il colore più elegante che ci potesse essere. Mentre l'arancione era il colore preferito di Elaja. Insieme, stavano veramente bene, a parere del più piccolo. Per questo si era esaltato fin troppo quando il giorno prima l'aveva vista. E poi aveva il suo numero in bella mostra sul davanti. In troppi gli avevano chiesto se fosse sicuro della scelta; altrettanti gli avevano esplicitamente detto che era una pazzia e che avrebbe dovuto sceglierne un altro; Niall si era messo semplicemente a ridere. Ma alla fine aveva vinto lui. Elaja era tremendamente testardo e non avrebbe rinunciato a quel numero.
«Mi avevano detto che avevi scelto il 13, ma pensavo che continuassero a prendermi in giro.» quella voce sembrava quasi collegata ai suoi pensieri. Quella voce lo fece spaventare così tanto, che la chiave inglese gli era sfuggita di mano e gli era finita in pieno sul naso, prima di cadere per terra. In entrambi i casi, aveva fatto un brutto rumore di ferraglia, come di qualcosa che si rompeva.
Elaja squittì di dolore, portandosi una mano sul viso. La vista gli si annebbiò e ci capì poco quando quel qualcuno che aveva parlato, lo aveva afferrato per la caviglia e lo aveva tirato fuori da lì. Poi, mentre lui continuava a lamentarsi per il dolore, lo aveva afferrato per il braccio e lo aveva fatto mettere seduto.
«Stai sanguinando.»
Beh, sì. Ecco perché sentiva la sua mano umida di un liquido viscoso. Non aveva neanche fatto in tempo a fare qualcosa di sensato, che una mano gli afferrò il polso e gli allontanò la sua dal viso. La seconda mano dell'altro si appoggiò dietro al suo collo, spingendolo a piegare la testa leggermente in avanti. Dei fazzoletti vennero premuti contro il suo naso sanguinante. Gli occhi gli lacrimavano immancabilmente.
«Secondo me è la sfiga del numero 13. Chi cazzo sceglie quel numero? Nessuno. Pensa un po'... perché? Vuoi proprio non arrivare alla fine del campionato, eh?»
Bene, già Elaja cominciava ad innervosirsi.
Aprì finalmente gli occhi e incrociò quelli scuri di Jonah Wislow, che era inginocchiato davanti a lui e stava cercando di far fermare il sangue che usciva dal suo naso. I capelli lunghi, neri come i vestiti che indossava, gli ricadevano sul viso. Era molto contrastante, considerando che alla festa di apertura era vestito tutto di bianco. Elaja non sapeva se considerarlo il diavolo o un angelo. Ed effettivamente Lucifero non era stato un angelo un tempo?
Solo in quel momento, Elaja si rese conto che quella era la prima volta che Jonah lo toccava o semplicemente che fossero così vicini. Sentì perfettamente la pelle del suo collo che cominciava ad andare a fuoco e probabilmente se ne accorse anche il più grande, visto che la sua mano era poggiata proprio lì, ma per fortuna non fece alcun commento. Non aveva neanche un sorrisino sul viso. Lo stava soltanto guardando con occhi infastiditi.
Rimasero in quel modo, in silenzio fino a quando il suo naso smise di sanguinare.
«Guarda che è colpa tua se mi sono rotto il naso. E non del numero sulla mia macchina.» brontolò Elaja, togliendogli dalle mani i fazzoletti e ripulendosi meglio. Lui non era per niente superstizioso e avrebbe difeso il suo numero fino alla fine.
«Guarda che non è rotto. Non fare il drammatico.» disse Jonah, rimettendosi in piedi e spolverandosi i pantaloni scuri con le mani.
«Che diavolo ci fai qui?» chiese il rosso, adesso veramente irritato.
Jonah incrociò le braccia al petto e lo guardò sollevando un sopracciglio.
«Potrei farti la stessa domanda.»
«Immaginavo che a quest'ora del giorno tu dormissi.» continuò il più piccolo.
Un sorrisino malizioso sorse sul viso del pilota più esperto. «Solo quando passo una notte intensa.»
Elaja fece una smorfia e si alzò in piedi. Aveva la mano ancora sporca, aveva bisogno del lavandino all'angolo del box.
Provò ad arricciare il naso e cavolo, gli faceva alquanto male.
«Vuoi dirmi che tu ti svegli sempre a quest'ora? Cosa sei, vecchio dentro? Oh, ecco quale potrebbe essere il tuo segreto. In realtà non sei un giovane marmocchio.»
Elaja era abituato a sentirsi chiamare marmocchio. Ma Niall lo usava in modo molto differente da Jonah, per cui era soltanto un dispregiativo. Ecco perché con Jonah andava sempre sulla difensiva. Nonostante lo trovasse attraente, Jonah Wislow era pericoloso.
«Parli troppo tu.» borbottò, mentre si lavava le mani e gli dava le spalle.
«E tu troppo poco.»
E come per confermare quel fatto, Elaja non rispose in alcun modo.
Jonah scrollò le spalle e si diresse verso la sua auto coperta. Prese il telone tra le dita e lo tirò via. «Questi colori sono osceni.» commentò con una smorfia. «L'anno scorso erano decisamente più carine.»
Il più piccolo non era d'accordo. L'anno precedente la McLaren aveva scelto delle auto completamente nere con qualche scaglia arancione. Erano cupe e macabre, ma vedendo il soggetto che aveva davanti, era pure prevedibile che la pensasse in quel modo.
«In ogni caso, nonostante la diversa carrozzeria, la mia Felicité è sempre la stessa. E così anche il mio numero.»
Elaja ignorò il fatto che Jonah non riuscisse davvero a smettere di parlare. Non capiva neanche se stesse parlando con lui o con se stesso, ma ad ogni modo, essendo lì, era ovvio che lui ascoltasse. «Felicite?» chiese, voltandosi di nuovo, ma guardando la maglia che aveva addosso. Anche quella si era macchiata di sangue. Sua sorella, che di solito era quella che faceva il bucato, lo avrebbe ucciso.
«Sì, la mia bambina. Non dirmi che tu sei uno di quei piloti che trova stupido dare un nome ad una macchina.» disse l'altro, sollevando gli occhi al cielo. Era piegato in avanti e poggiava le mani sul retro della vettura. Il suo sedere sporgeva ed Elaja doveva trattenersi dal spostarsi per avere una visuale migliore. Cacchio, il suo cervello era così andato!
«No. Ce l'ha un nome.»
«Fammi indovinare, qualcosa tipo Hope.»
«Oliver.»
Ed ecco che Jonah lo aveva guardato proprio male. «Hai dato il nome di un ragazzo alla tua auto?»
Oliver era il nome che Niall e Alexia avrebbero voluto mettere al loro bambino se fosse stato maschio. Ma poi avevano scoperto che era una femmina e avevano abbandonato l'idea. Elaja riteneva che sarebbe stato carino dare quel nome a quella "creatura" importante nella sua vita. Così, anche Niall gli sarebbe stato più vicino. E dicendo quel nome a Jonah, aveva appena abolito ogni sua incertezza e decretato il nome del suo gioiellino. «Solo perché auto e macchina sono femminili, non significa che devo per forza usare un nome femminile. Io chiamo il mio veicolo come mi pare.»
E Jonah si mise a ridere, sollevando gli occhi al cielo. «Diavolo, marmocchio. Sei proprio strano.»
Il più grande, a quel punto, si spostò e iniziò ad accarezzare con le dita il numero della sua auto. Adesso che Elaja ci pensava, era ridicolo che Jonah si lamentasse del numero 13, quando quello proprio somigliava fin troppo a quello del diavolo. 66. Probabilmente ci mancava la terza cifra solo perché non poteva starci per regolamento. Ed Elaja cominciò a pensare che il diavolo, Jonah Wislow lo fosse davvero. O ci aveva fatto qualche patto. Forse era per quel motivo che aveva vinto quattro stagioni di fila.
«E allora perché stai parlando con me?»
«Perché siamo compagni di squadra.»
«O solo perché ti hanno costretto ad andare d'accordo con me?»
Ci mancava poco, dopo quella frase, che Jonah si mettesse a ringhiare. «Nessuno può costringermi a fare qualcosa, Valery. E io vado d'accordo solo con chi mi pare. Sono amico solo di chi mi pare.»
«Io non voglio essere tuo amico.»
Jonah sorrise. «Benissimo! Su questo siamo proprio d'accordo. Ma temo che dovrò sopportarti comunque per un bel po' di tempo. E come hai detto tu, a me piace chiacchierare, quindi... E ora, devi fare ancora molto qui? Capisco che tu non ti fida dei tuoi meccanici, ma ti assicuro che hanno fatto un ottimo lavoro ed è inutile che tu faccia il gradasso e ci metta le mani.»
«Tu i miei meccanici non li conosci neanche.» lui si fidava di Louis e Nick, sapeva perfettamente che non c'era niente di sbagliato in Oliver, ma fare quel controllo calmava la sua ansia.
«Ah, giusto. Perché a te hanno fatto scegliere il tuo team senza problemi. Guarda che qui, quello che sembra avere privilegi, tra noi due, sei proprio tu. Quindi non rompere, marmocchio. E vattene, ho bisogno di un po' di solitudine.»
Avere un unico garage comune per entrambe le loro macchine, non si stava rivelando una bella cosa. Insomma, condividere qualsiasi cosa con Jonah Wislow non sembrava una bella prospettiva.
Elaja serrò la mascella, solo per sentire una fitta alla testa. Dopo la botta con la chiave inglese gli stava venendo un mal di testa con i fiocchi. «Per cosa?»
«Fatti i cazzi tuoi.»
Ovviamente no. «Per pregare i tuoi dei di riservarti una buona stagione?»
«Perché pensi che io abbia più dei e non solo uno?»
Elaja sorrise, un guizzo furbo attraversò i suoi occhi. «Lussuria, superbia, ira...»
E il viso del più grande si aggrottò. Si stava incazzando davvero. «Valery, vattene via da qua o ti prendo di peso e ti porto fuori.»
Non era neanche una cattiva immagine quella che gli era apparsa nella testa, con Jonah che lo prendeva in braccio. Oddio. Deglutì a vuoto, poi il suo telefono suonò, facendolo sobbalzare. Si affrettò a prenderlo e a premere il verde. Era suo padre. «Elaja, dove diavolo sei? Ad Alexia sono cominciate le contrazioni!»
«Cosa?» quasi si strozzò con la saliva. Sua nipote sarebbe nata a breve? Ma era in anticipo di circa due settimane. «Sto arrivando.» e chiuse la chiamata.
Elaja racimolò la sua roba, mentre Jonah si era seduto per terra, vicino alla sua auto e adesso lo ignorava palesemente.
«Buona meditazione.» disse Elaja e Jonah ci rimase alquanto stupito, visto che effettivamente era quello che faceva lì. Una settimana prima che iniziasse la stagione andava alla sua macchina tutte le mattine e rifletteva, cercava di concentrarsi e cercava di creare il giusto equilibrio con la sua auto, anche se poteva risultare stupido. Ed era strano che Elaja ci fosse arrivato. «A presto. Anzi, spero di no.» anche se la settimana dopo sarebbero partiti per la prima corsa della stagione.
Sentì solo la risata soffocata di Jonah alle sue spalle.
Quando arrivò in ospedale, trovò Niall in corridoio in preda al panico. In sala travaglio era dovuta entrare Kara per motivi di forze maggiori. Niall sembrava avere più ansia in quel momento che quando gareggiava. Elaja gli aveva messo le mani sul viso e aveva esclamato elettrizzato: «Stai per diventare papà!»
«Zitto, cretino. Ho una paura fottuta!» gli occhi blu di Niall erano spalancati. «Che cazzo hai fatto al naso? Ce lo hai blu.»
Ed Elaja fece una smorfia. «Lascia perdere.» borbottò. Avevano dovuto aspettare otto ore, poi Niall era riuscito ad entrare in sala parto per assistere alla nascita di sua figlia.
Elaja pensava che sua nipote gli avesse fatto quasi un favore. Rischiava di non essere presente se fosse arrivata con puntualità, visto che per allora lui sarebbe stato in giro per il mondo.
E invece adesso, poteva tenere in braccio quel fagottino dolcissimo e ripetere con voce stupida che era bella come lo zio. Insieme alla sua famiglia, poteva dare il benvenuto al mondo alla piccola Hannabel Joyce Horan.

My Dream Is You (Spinoff Ad Alta Velocità)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora