25) Sei mio

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Dopo aver fatto l'amore con Elaja, averlo lavato per bene e aiutato a vestirsi, Jonah non ci aveva pensato due volte a caricarselo in spalla. Il rosso era stremato e già indolenzito. Forse il più grande c'era andato giù un po' troppo pesante, ma nella foga del momento gli era sembrato tutto più che normale. Di sicuro avevano condiviso un momento fantastico e importante insieme... finalmente, ma Elaja non era stato lubrificato se non dall'acqua, aveva esortato l'altro a muoversi troppo presto e adesso camminava zoppicando e non riusciva a sedersi per bene.
«Piccolo, vieni qua.» Jonah gli aveva offerto di salire sulle sue spalle prima di uscire dalla palestra. E il rosso aveva accettato volentieri. Aveva stretto le bracia intorno al collo del compagno, poggiato la testa sulla sua spalla e si era addormentato subito per il piccolo tragitto a piedi che avevano già fatto all'andata, per tornare in hotel.
E se solo Jonah avesse saputo che i paparazzi sarebbero riapparsi di nuovo a rompere le scatole, non... beh, sì in realtà lo avrebbe fatto comunque perché gli importava solo del bene del più piccolo. Ma adesso si trovavano ad essere in prima pagina nelle riviste di gossip. Perché non era normale vedere una scena di quel tipo, no? Faceva scalpore. Un pilota che andava in giro con il suo compagno di squadra sulle spalle. Storia d'amore nell'aria? Jonah era gay. Aveva convertito anche il nuovo arrivato?
Il pilota più vecchio teneva in mano quella rivista con troppa forza, le nocche tutte bianche, come se potesse disintegrarla solo con le dita e gli occhi neri che rilasciavano saette.
No. Non potevano mettere in giro quelle voci. Sarebbe stato un casino. Era incazzato e aveva paura di come l'avrebbe presa Elaja, che quella mattina stava ancora dormendo nel loro letto, completamente nudo.
Se Jonah ripensava alla sera prima, il suo membro si risvegliava all'istante. Il moro aveva lasciato perdere il buco ancora sensibile del più piccolo, ma lo aveva fatto godere con un bel pompino. Elaja aveva visto le stelle. Tutto ciò che Jonah sapeva fare con la bocca, con le mani e con il suo membro, a quanto pareva era qualcosa di unico. Almeno di tutto ciò che aveva provato fino ad allora. Era esaltante avere finalmente un ragazzo esperto. Gli universitari che aveva frequentato erano dei lattanti in confronto a lui.
E poi Elaja aveva ricambiato il favore, assaggiando il sapore dello sperma di Jonah e lasciandosi guidare da lui per fargli il miglior pompino possibile.
Quella mattina Elaja venne svegliato dal più grande con una scia di baci caldi lungo il collo.
«Buongiorno, dolcezza.» gli sussurrò Jonah, facendogli emettere un sospiro e formare poi un piccolo sorriso sulle labbra.
Non si era reso conto della nota di preoccupazione che c'era nella voce di Jonah, ancora troppo addormentato per poterci riuscire.
Elaja gli passò un braccio intorno al collo e l'altro gli circondò la vita.
Da quanto non aveva una relazione di quel tipo? Da secoli. Jonah negli ultimi anni aveva solo preferito le scappatine con i modelli e ogni tanto con qualche persona comune, troppo timoroso per fidarsi. Chiunque avrebbe potuto usare la sua fama per scopi personali. Ma Elaja no. Lui era un pilota proprio come il più grande, aveva uno stipendio simile al suo e poi... oh dio, Jonah credeva di essersene davvero innamorato.
«Abbiamo un piccolo problema, tesoro.»
Ed Elaja si mise sull'attenti, guardandolo con le sopracciglia aggrottate.
Jonah gli passò semplicemente la rivista. Fissò il viso del più piccolo e non riuscì a capire quali emozioni lo stessero attraversando.
Dopo diversi minuti in silenzio, Elaja sollevò lo sguardo e scrollò le spalle. «Non fa niente. Se ne scorderanno.» disse soltanto, prima di alzarsi dal letto e andare in bagno. E Jonah rimase lì, a fissare dal letto la porta dietro cui il più piccolo era sparito. Anche se ne dubitava, sperava davvero che fosse come Elaja diceva e che questo non avrebbe comportato grossi problemi. Ma per l'appunto, sapeva già che non sarebbero stati così fortunati.
Le cose iniziarono a complicarsi esattamente quando misero piede in Russia. In quel paese c'era un freddo cane e il più piccolo, con la sua corporatura esile stava tremando nonostante fosse stretto nel suo cappotto pesante.
Harry aveva consigliato loro di essere più discreti adesso, ma Jonah non poteva farci nulla. Si era tolto la giacca e l'aveva data al più piccolo. Anche se Elaja aveva protestato, il più grande lo aveva praticamente costretto, perché non voleva che si ammalasse. 
«Ma sarai tu ad ammalarti così.»
«Non importa. Meglio io che te.»
Da quando erano diventati a tutti gli effetti una coppia, Jonah aveva sviluppato - o meglio, iniziato a mettere in mostra - quel senso di protezione eccessivo nei confronti del rosso. Se doveva essere sincero, Elaja lo adorava.
Sfortunatamente anche quel gesto premuroso di Jonah venne immortalato dalle telecamere, chissà come, chissà perché. Anzi, lo sapevano bene il perché. Elaja aveva torto sfacciato. Non se ne sarebbero dimenticati, li avrebbero solo fissati con più attenzione, curiosità ed invadenza. Perché nel mondo dei vip, era sempre stato in quel modo.
Quella domenica in Russia l'umore di entrambi i piloti della McLaren non era dei migliori e rispecchiava perfettamente il meteo. La pioggia era fitta e intensa e non dava l'idea di voler cessare presto.
«Diventerà pericolosa la pista di questo passo.» borbottò Elaja, guardando verso l'esterno del box. Entrambi erano in piedi l'uno accanto all'altro, con le braccia conserte e a contatto con quelle dell'altro.
«El, le piste sono sempre pericolose in ogni caso.»
Non che avesse tutti i torti.
Il rosso infilò la mano nella tasca della tuta per pura casualità e si rese conto di non avere addosso qualcosa che lui aveva sempre ritenuto fondamentale.
«Merda.» borbottò, già leggermente nel panico.
«Che c'è?» Jonah si voltò a guardarlo, preoccupato e confuso da quella uscita del più piccolo.
«Ho dimenticato una cosa nel mio borsone.» quello che ovviamente lasciavano negli spogliatoi, oggi dalla parte opposta a quella del box in cui si trovavano in quel preciso istante.
«E ti serve proprio adesso?»
«Sì.»
«Che cos'è? Magari posso aiutarti.»
«No, non puoi.»
Jonah sollevò un sopracciglio. «Che hai dimenticato di così fondamentale che io potrei non avere?» e quel tono infastidito fece capire ad Elaja che il più grande avrebbe insistito fino a quando lui non avesse sputato il rospo.
«Il mio portafortuna.» grugnì.
A quel punto, entrambe le sopracciglia di Jonah si sollevarono e la sua espressione si distese sorpresa. Non si aspettava una risposta simile.
Ma Elaja aveva sempre il plettro con le iniziali di Niall in tasca ad ogni gara. E non poteva rischiare di non averlo quel giorno.
Il più grande cercò di non ridere visto che il rosso lo stava fulminando in modo assassino e sollevò entrambe le mani. «Va a recuperarlo allora. Ma prendi un ombrello o ti bagnerai tutto.» ovviamente la premura finale era d'obbligo.
«Prestami il tuo.» ribatté con malizia e Jonah fece una smorfia. Cercò di colpirlo, ma Elaja era già fuggito lontano. Sotto la pioggia. Senza ombrello. Maledetto.
Il rosso stava ancora sorridendo sotto i baffi quando uscì dallo spogliatoio. Era soddisfatto di avere il plettro di nuovo ben al sicuro nel taschino e voleva tornare da Jonah in fretta. Magari farlo spaventare. O abbracciarlo con la tuta bagnata. Così, giusto per stuzzicarlo.
Ma prima che potesse rimettere piede nel box, qualcuno lo fermò. Un microfono gli venne messo davanti alla bocca ed Elaja divenne improvvisamente serio. Cazzo, quello non lo avevo previsto. Se fosse stato più attento, magari l'avrebbe scampata. Ma il giornalista stava già facendo le sue domande.
«Ti rubiamo solo due minuti. Che ne pensi della corsa che inizierà a breve?»
«Il meteo non è dalla nostra parte, ma credo e spero che potrà essere una gara come un'altra.»
«Magari portandosi a casa un'altra vittoria, eh?»
Elaja fece un piccolo sorriso di circostanza.
«E del tuo compagno di squadra che mi dici?»
«Wislow? Sì, cercherò di battere anche lui.» disse, fingendosi ingenuo. Sapeva perfettamente che cosa intendeva quell'uomo con quella domanda, ma non avrebbe di certo risposto come voleva. Era un pilota di Formula 1 e bastava parlare della loro vita sportiva e lavorativa. Di niente altro.
«Sai dirci di cosa tratta il processo in cui è invischiato?»
Il rosso spalancò gli occhi verdi. Ma che diavolo? Come facevano a sapere quelle informazioni sulla vita privata di un pilota? Come diavolo si permettevano di fare una domanda simile? Ma soprattutto, perché la stavano facendo a lui e non al diretto interessato? Jonah aveva preso davvero un avvocato con una buona fama, ci aveva parlato e stava cercando di risolvere con esso i suoi problemi familiari. Ma il fatto che la gente lo sapesse già... quello sì che era strano. Per un solo istante pensò che fosse stata la McLaren stessa a mettere in giro quella voce.
«Noi piloti abbiamo il diritto di mantenere la nostra vita privata fuori dalle bocche del pubblico, lo sai? Si tratta di rispetto, non siamo oggetti.»
«Sì, ma sono uscite alcune foto di voi due...»
«Già. Le abbiamo viste. E allora?» cazzo. Aveva sbagliato ad andare subito sulla difensiva, ma non era riuscito a farne a meno. Si stava veramente arrabbiando. Infastidendo da quelle domande inopportune.
«Che rapporto avete? Riuscite finalmente ad andare d'accordo adesso?»
«Quando si sta parecchio tempo a contatto con qualcuno, si scoprono caratteristiche che non ti aspetti. La gente non dovrebbe parlare, se non sa. Io stimo molto Jonah come pilota.» sarebbe bastato se avesse detto soltanto l'ultima frase. Era tutto lì il senso del suo discorso. Ma a quanto pare il giornalista non la colse nel modo giusto.
«Hai scoperto di essere gay anche tu?»
Elaja sentì la saliva asciugarsi nella sua bocca e ogni parola che avrebbe potuto dire, morirgli sulle labbra. Era sbiancato, vero?
«No.» a dirlo, sembrava quasi una voce esterna, che non era la sua.
Dopotutto, lui non lo aveva scoperto. Lui lo sapeva già.
«Scusami, i due minuti sono passati.» borbottò il rosso subito dopo, girando sui tacchi e andandosene, senza lasciare il tempo al giornalista di ringraziarlo, salutarlo o augurargli buona fortuna.
Il cuore di Elaja batteva troppo forte quando tornò nel box. Jonah gli dava le spalle. Stava guardando il televisore, dove probabilmente aveva appena visto tutta la sua intervista.
Vedere gli occhi scuri guardarlo con disprezzo quando si voltarono verso di lui, fu un colpo abbastanza duro per Elaja.
«Hey.» gli disse a bassa voce.
«Hai preso il tuo portafortuna?»
Il rosso annuì soltanto.
«Bene. Spero che te ne porti.»
Elaja sentì lo stomaco annodarsi e il panico assalirlo. E adesso perché Jonah lo stava trattando in quel modo? Che cosa aveva detto di sbagliato a quel giornalista? Beh, glielo avrebbe chiesto direttamente se la nausea non lo avesse assalito e lo avesse fatto chiudere in bagno per rigettare tutto ciò che aveva mangiato quella mattina.
Era sbucato fuori solo nel momento in cui c'era da salire sulle auto. Nick lo aveva afferrato per il retro del collo, scrutandolo attentamente. Il colorito di Elaja non gli sembrava dei migliori. «Stai bene, piccolo?»
Il rosso annuì in modo sbrigativo, districandosi dalla presa e infilandosi nella sua auto.
«Harry, fa attenzione a Jonah. Potrebbe fare lo stronzo con me.» borbottò nell'auricolare.
Elaja si sarebbe potuto definire un mago che prevedeva il futuro? No, ormai aveva solo imparato a conoscere il pilota più grande.
Sotto la pioggia, Jonah stava guidando in modo fin troppo azzardato, spingendo come se la strada non fosse bagnata. Elaja faticava a stargli dietro.
E quando aveva tentato di superarlo, Jonah gli aveva chiuso palesemente la strada. Aveva sentito la voce di Harry urlargli nell'orecchio. Aveva fatto una brusca manovra per non finire addosso al suo compagno. E poi aveva deciso di rallentare. Era il distacco ciò che voleva Jonah? Bene, glielo avrebbe regalato senza problemi.
Elaja era incazzato. Jonah non gli rivolgeva la parola, si era comportato male in pista e lui non capiva di preciso cosa gli stesse passando per la testa.
Il più piccolo avrebbe avuto più diritto di avere quell'umore.
Ma ovviamente quel mutismo non sarebbe durato per sempre. Visto che stavano in camera insieme.
E visto che Elaja aveva deciso di reagire e di non stare in silenzio.
Si era appena chiuso la porta alle spalle della loro camera quando aveva afferrato Jonah e lo aveva spinto contro al muro. 
«Cosa pensi di fare? Sei la metà di me.»
«Cosa pensi di fare tu, Jonah? Sei un testa di cazzo quando fai così. Rischiavi di farmi sbandare!»
«Te la sei cavata benissimo.» il più grande lo spinse con il braccio, liberandosi e andandosi a sedere sul letto.
Elaja ricacciò indietro le lacrime. No, quella volta non avrebbe pianto.
«Se serviva per far capire che non siamo amici, bravo, ci sei riuscito. E io ti ho perfino difeso...»
«Nessuno te lo ha chiesto.»
«Ma quale cazzo è il tuo problema? Hai quasi trent'anni, diavolo! Se hai qualcosa da dire, parla! Visto che dici di essere il mio ragazzo!» ed ecco che per la prima volta da quando si conoscevano, Jonah aveva visto sbottare Elaja senza lacrime agli occhi. Solo alzando la voce, pieno di rabbia e frustrazione.
«Sei tu che non ti definisci tale.»
Il rosso si fermò di colpo. La sua espressione si distese, adesso sì che era confuso. Okay, credeva di aver capito, ma... era una cosa stupida.
«Cosa? E io che pensavo che fosse perché ho detto che avrei battuto anche te in pista.»
«Non sono così stupido.»
«Oh, lo sei eccome invece.» borbottò il rosso, prima di continuare: «Vuoi dire che sei arrabbiato perché ho detto di non essere gay? Volevi davvero che dicessi che stiamo insieme?»
Jonah abbassò lo sguardo e scrollò le spalle, prima di scuotere la testa. Si vedeva da chilometri che era un no che significava sì.
«Jo... sei stato tu a dirmi che non dovevamo uscire allo scoperto. Che sarebbe stato un casino e... io non so se sarei pronto, ma... hai cambiato idea?» Elaja si avvicinò al più grande.
Jonah sospirò e si coprì il viso con le mani. Il più piccolo si fermò tra le sue gambe aperte e infilò le dita tra i capelli lunghi del moro.
«È solo che... sei mio.» sussurrò Jonah, circondandogli la vita con le braccia e seppellendo il viso nello suo stomaco.
«Ancora per poco se continui a trattarmi in questo modo.» borbottò il rosso.
«Hai ragione. Mi dispiace. Davvero, scusami. Ho spento il cervello per un attimo. Sono stanco di sentire la gente parlare della mia vita privata.»
«E quindi volevi dargli un motivo per parlarne ancora di più facendoci uscire allo scoperto? Spiegami questo ragionamento, genio...» Elaja sollevò gli occhi al cielo.
Jonah cercò di non mettersi a ridere. «Sei mio, vero?»
«Sì, sono tuo.» lo rassicurò il rosso. Adesso entrambi si sentivano un po' più sollevati. «E se vuoi che te lo dica più spesso, basta che me lo chiedi.»
«El?»
«Sì?»
«Come diavolo fanno a sapere del processo?»
Elaja sospirò. «Ecco... questo me lo stavo chiedendo anche io. Non lo so, ma lo scopriremo insieme, va bene?»
Jonah annuì, prima di mugugnare di dolore, perché le dita di Elaja si erano impigliate tra i suoi capelli lunghi.
Il più piccolo ridacchiò. «Scusa. Ma sai che stavo pensando?»
«Cosa?»
«Che avevi detto che ti saresti tagliato i capelli una volta che mi avresti scopato.»
Gli occhi di Jonah si allargarono. Se ne era completamente scordato. Due secondi di silenzio, poi emise uno sbuffo divertito. Afferrò il più piccolo per la vita e lo gettò sul letto, facendogli emettere un urletto, trasformatosi subito in una risatina.
«Ah, sta zitto.» aveva protestato il più grande, prima di fiondarsi sulle labbra prelibate del suo ragazzo.

My Dream Is You (Spinoff Ad Alta Velocità)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora