7) Vai con la prima

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Jonah non aveva mai dormito meglio di così la notte prima di una gara. Non sapeva neanche perché, ma era certo che avrebbe voluto continuare a dormire fino al suono della sveglia.
Ma quello non sembrava essere possibile, perché un rumore fastidioso e strano gli riempiva le orecchie. Era come un sibilo. Portò le mani a tapparsi le orecchie, ma ormai si stava svegliando del tutto. E riuscì a capire che quel rumore proveniva dai polmoni di una persona, che stava annaspando all'interno del bagno.
Jonah aprì gli occhi e non mise neanche a fuoco la stanza e il letto vuoto accanto al suo, che si era già alzato in piedi.
La porta del bagno era socchiusa e lui l'aprì senza neanche bussare.
Elaja era piegato in avanti con le mani sulle ginocchia e faceva respiri troppo corti e veloci.
«Ah, andiamo.» si lagnò il più grande, afferrando l'altro dai polsi e tirandolo su. Gli sollevò le braccia in alto e lo guardò in faccia. «Sei asmatico?» gli chiese.
Elaja riuscì a scuotere la testa.
«Bene, allora è un attacco di panico con i fiocchi.» ecco, adesso sì che era una reazione più normale. Jonah ricordava quanto avesse vomitato la mattina della sua prima gara in Formula 1. Aveva pensato che avrebbe tirato fuori pure le sue budella.
«Okay, Elaja. Guardami.»
Non voleva fare da babysitter a nessuno e quell'evento lo stava più infastidendo che altro, ma visto che il più piccolo non ce l'avrebbe fatta a calmarsi da solo e lui era l'unico in camera...
Elaja sollevò gli occhi pieni di panico e incontrò quelli dell'altro. Non li aveva mai visti così rilassati e tranquilli. Di solito erano incazzati e derisori.
«Guarda come sto respirando io.» fece dei respiri profondi per istruirlo. «Seguimi. Respira con me.»
«Non... non riesco.»
«Solo i mediocri usano questa frase. E credevo che tu fossi uno dei migliori. Devi rilassarti.» la voce del più grande era troppo calma, come se lo avesse fatto tantissime altre volte.
Elaja serrò gli occhi e Jonah gli passò un braccio intorno alla vita per sorreggerlo se si fosse accasciato. «Non ti azzardare a svenire, piccolo marmocchio. Inizia a respirare. Lunghi, così. Dentro e fuori.»
Elaja si concentrò sulla voce profonda di Jonah e iniziò ad imitarlo con la respirazione.
Si sentiva stanco. Si avvicinò decisamente di più al corpo mezzo nudo dell'altro, fin quasi ad abbracciarlo involontariamente.
Sentì le braccia di Jonah circondarlo, mentre il suo respiro si regolarizzava. Poi, Elaja si accorse di ciò che gli premeva sull'anca. Aveva tutte le sembianze dell'erezione mattutina di Jonah.
I suoi occhi si spalancarono, il suo cervello si rese conto di ciò che stava succedendo e gli riportò alla mente le immagini di quella notte. Squittì e si allontanò da Jonah. «Scusa. Grazie.» borbottò, mangiandosi quasi le parole e uscendo dal bagno, prima che potesse arrossirgli davanti.
Sentì Jonah che faceva pipì con la porta aperta. Dio santo!
«Per lo meno, mi hai dato la certezza che anche tu sei umano e non un robot. Visto che fino al giorno prima del tuo esordio eri tranquillissimo.» tirò lo sciacquone.
«Tu non hai ansia?»
«Perché dovrei? Io sono il migliore.»
Ecco, Elaja sbuffò mentre Jonah usciva dal bagno senza neanche essersi lavato le mani. Che schifo.
«Oggi ti batto.»
E Jonah scoppiò a ridere di gusto. «Provaci. E se ci riesci, smetto di chiamarti marmocchio.»
«E mi lavi la roba per un mese.»
«E ti scopo.»
Elaja arrossì di colpo, divenendo di un unico colore, un tutt'uno con i suoi capelli.
«Io non sono gay!»
Era fantastico come non dicesse di essere etero, ma negasse fermamente solo di essere gay.
«Il tuo cazzo alzato dice il contrario.» ribatté, indicando i suoi pantaloni di tuta.
«È solo un'erezione mattutina. Ce l'hai avuta pure tu fino a poco fa!»
«E l'hai pure notata. E poi sei sveglio ormai da un secolo.»
Elaja ribolliva all'interno adesso e decise di ignorarlo. Ficcò le ultime cose nel suo borsone e uscì dalla camera, sbattendosi la porta alle spalle.

*

Elaja non si era mai sentito in quel modo. Camminava per lo stadio con gli occhi spalancati. Non mancava tantissimo tempo all'inizio della gara e Niall non lo aveva ancora chiamato.
Stava già sudando da far schifo dentro la sua tuta nera e viola e sentiva la colazione fare su e giù dentro al suo stomaco.
Solo quando il suo telefono aveva preso a squillare, si era calmato un po'.
«Come ti senti?» era stata la prima domanda di Niall.
«Sto morendo di paura.»
«Mi dispiace averti chiamato solo adesso, ma stavamo combattendo con la piccola, che piange da quando si è svegliata. Hey, quando starai in pista non pensare a niente. Fai ciò che sai fare e andrà alla grande. La paura e l'ansia sono più che normali. Hai dormito stanotte?»
«No.»
«Neanche un'ora?»
«Forse quaranta minuti.»
«Diavolo, El. Va bene, va bene. L'adrenalina farà la sua parte. Ti spegnerai alla fine della gara.»
«Dammi un consiglio.»
«Vinci.»
«Niall!» la risata di suo cognato gli riempì le orecchie. «E io che mi aspettavo qualcosa del tipo: ascolta Harry e non fare cazzate troppo azzardate.» era quello che gli diceva sempre ai tempi della Formula 2.
«Non ho più il diritto di farlo. Harry ti aiuterà, ma El... in pista segui il tuo cuore e l'istinto.»
Questa era qualcosa che voleva sentirsi dire. Lo ringraziò mentalmente.
«In bocca al lupo, El.» sentì una voce in sottofondo e poi Niall continuò: «Sì, sì. E anche da parte di Alexia e tua nipote.»
«Viva il lupo. Vi voglio bene.»
«Anche noi.»
Il pilota chiuse la chiamata e si sentì chiamare da Harry. «Eccoti, dov'eri sparito?» chiese, passandogli un braccio sulle spalle e facendolo tornare con lui verso i box.
Elaja guardò le due auto uguali, ma con numero diverso sopra.
«Dov'è Wislow?» chiese ad Harry, prima che sparisse per raggiungere la sua postazione.
«Lo stanno intervistando qui fuori.»
E visto che in quel momento non aveva nulla da fare, si diresse verso quella direzione, per riuscire a sentire anche da quella distanza cosa il giornalista stesse chiedendo al campione del mondo ancora in carica. «E del tuo giovane compagno di squadra? Di lui che ci dici? Hai paura?»
Gli occhi scuri del pilota si poggiarono su di lui improvvisamente, come se sapesse che Elaja era fermo lì.
«Io non ho paura di nessuno, Mark. Non ci ho mai gareggiato, lo sapete. Si vedrà tutto oggi. Ma di sicuro, ho intenzione di vincere una scommessa che abbiamo fatto.» fece un sorrisino che fece rabbrividire Elaja. Si ritrovò perfino a deglutire quando Jonah gli fece l'occhiolino.
«Che scommessa? Allora siete amici.»
«Vuoi sapere troppo, Mark.» e Jonah si mise a ridere. «Ma alla fine della gara, sul podio...» sottolineò quella parola, tanto che Elaja si chiese se non gli potesse portare sfiga. «Ti dirò chi l'ha vinta.»
E mentre Jonah camminava via, verso di lui, Elaja faceva dietrofront e tornò all'interno dei box.
La pit-lane era vicinissima e il giovane pilota aveva bisogno di accarezzare la sua auto, di creare quella connessione che li avrebbe fatti diventare una cosa sola e di farle l'in bocca al lupo mentalmente. Solo se ci credeva, in se stesso, in Oliver e in tutto, sarebbe potuto arrivare lontano.
Appena prima della pit-lane, Wislow gli passò accanto e gli diede una leggera spallata.
«Cosa fai? Ti comporti da bulletto?» gli disse, ritrovando l'equilibrio appena perduto.
«Sarò il tuo bullo personale per tutta la stagione. Il tuo incubo... o il tuo sogno. Ci vediamo in pista, Valery. E fa attenzione, perché ho proprio intenzione di mangiarti.» il modo in cui lo guardava era così intenso, che per un attimo Elaja si era dimenticato della sua ansia. Aveva capito che il pilota più esperto adorava stuzzicarlo in quel modo e quello gli faceva venire ancora più voglia di batterlo e di togliergli quel sorrisino da schiaffi dalla faccia.
Quindici minuti. Dieci. Elaja con il casco sulla testa che guardava il numero tredici sulla sua auto viola, sperando che non gli portasse sfiga. Il pensiero che chiunque lo stesse guardando dalla televisione, tra cui tutta la sua famiglia. La sua prima gara ufficiale da professionista maggiore all'età di diciotto anni. Il pubblico intorno a sé e il caos. Auto, piloti, partenza.
Cinque minuti e il giovane si ritrovò intrappolato nella sua piccola prigione. La prigione più confortevole di tutte. La trappola del diavolo più eccitante che esistesse. L'ansia.
Dal suo quarto posto, Elaja si concentrò sulle luci rosse.
Dall'auricolare arrivava il più assoluto silenzio. L'ingegnere non si azzardava mai a dire qualcosa in quel momento così importante per un pilota. Era il momento per se stesso.
Ed Elaja lo usava per ascoltare il suo battito cardiaco impazzito e cercare di contarli a bassa voce. «Uno, due, tre, quattro...» fino ad arrivare a cinquanta in pochissimi secondi. «Ti esploderà nel petto. Rilassati. Siamo solo tu ed io, Oliver.» sarebbe potuto morire per colpa di quell'ansia fottuta. «Andremo alle grande.»
Harry si sentiva quasi a disagio a sentire quelle piccole conversazioni di Elaja con se stesso e la sua auto. Immaginava perfettamente quanto stesse impazzendo. Ricordava ancora la prima gara di Niall in Formula 1. Ma in quel caso, Niall parlava con lui nell'auricolare ad una velocità assurda appena prima della partenza, ponendosi domande su domande alle quali si rispondeva anche da solo.
Piede sull'acceleratore e le cinque luci tutte accese. E poi spente... Via!
Gli erano bastati pochi metri per superare le due auto che aveva davanti con l'acceleratore premuto fino alla fine. Cazzo, a lui piaceva così tanto gareggiare in quel modo. Sempre a tavoletta. Praticamente all'inizio era già attaccato al culo della macchina uguale alla sua.
Harry non aveva avuto il coraggio di dire una parola. Elaja era un pilota completamente differente da Niall. Quest'ultimo spesso non calcolava ciò che stava facendo. Elaja, invece era fin troppo intelligente. La sua concentrazione era al massimo e anche se quei due sorpassi erano stati azzardati, erano stati anche pulitissimi. Ci sarebbe stato da divertirsi quell'anno. Se ne sarebbero viste delle belle.
«Ottima partenza, El. Vai avanti così.» gli disse Harry alla fine. Il pilota si stava rilassando a poco a poco, l'ansia ormai sparita. La velocità che gli scorreva nelle vene.
Jonah si era stupito da subito, quando il suo ingegnere gli aveva detto che aveva Elaja dietro. Di sicuro non lo avrebbe fatto passare.
Chiunque parlava di loro due in televisione. Ogni singolo cronista ammirava le capacità di Elaja.
Andò così per tutta la gara, con i due della McLaren che avevano staccato gli altri ed Elaja che cercava il momento adatto per superare Wislow, che era furbo ed esperto e manteneva in modo ferreo. Mancavano ormai pochi giri, quindi entrambi, il pilota e il suo ingegnere, videro un barlume di speranza per un ottimo sorpasso.
«Adesso.»
«A sinistra.»
Ma poi Wislow cercò di chiuderlo e quando le due auto si affiancarono, il primo iniziò a stringerlo verso l'esterno della pista. E aveva iniziato a farlo quando l'ingegnere di Jonah gli aveva detto di farlo passare. Col cazzo che il campione del mondo avrebbe fatto vincere un pivello appena arrivato.
La mascella del più giovane si serrò e accelerò ancora un po', in modo fin troppo pericoloso.
«Elaja, rallenta! Vuole farti sbandare. Se continui ad accelerare, appena tocchi le sue ruote, lo farai. È stronzo. Decelera!»
E con un gemito di disapprovazione, appena prima che le loro ruote si toccassero, lasciò andare l'acceleratore.
«Dannazione!»
Non riuscì più a superarlo e arrivarono alla fine della gara da primo e secondo posto.
Quando scese dalla sua auto e si tolse il casco, Elaja aveva comunque il sorriso sulle labbra. Le gambe gli tremavano e l'adrenalina non ancora scemata del tutto, lo faceva sentire troppo pimpante. Accarezzò appena la sua auto ancora bollente.
Abbracciava chi lo abbracciava rispondendo grazie ad ogni complimento, proprio come faceva Jonah. I due, però, non si calcolarono neanche.
Entrarono nella saletta dei piloti che dovevano salire sul podio. Wislow, Valery, Malik.
Jonah incrociò le braccia al petto e osservò il più piccolo, che aveva i capelli umidi appiccicati alla fronte.
«Guarda che non ti avrei fatto vincere.»
«Sta zitto, potevi evitare di comportarti in quel modo.»
Jonah si mise a ridere. «Perché mai? Non avevo la minima intenzione di farti il bucato.»
«Ti umilierò, sappilo.» disse Elaja, puntandogli un dito contro, ma l'altro continuava a sorridere.
Malik lanciava loro degli sguardi annoiati.
«E non avevo la minima intenzione di scoparti.»
«Cazzo, ragazzi.» si intromise il terzo pilota. «Qui dentro ci sentono. E io sto per vomitare.»
«A malapena. E abbasseranno l'audio ancora di più.» ghignò il più grande.
«Grazie a dio. Perché se vuoi, potrai solo stuprarmi.»
«Arriverai a supplicarmi di scoparti, te lo assicuro.»
«Dio santo.» Malik si portò perfino le mani alle orecchie, incutendo maggiore curiosità negli spettatori televisivi, che effettivamente non erano riusciti a sentire.
Jonah scoppiò a ridere, poi li chiamarono per il podio.
Mentre uscivano da lì, Jonah spintonò leggermente il più piccolo, che infastidito, gli diede un colpo indietro con la mano.
Una volta sul podio, Elaja pensò di non aver mai sentito emozione più grande. Gli mancava il fiato quando ricevette la sua coppa.
E quando chiesero a Jonah chi avesse vinto la scommessa, quest'ultimo rispose con: «Io, ovviamente.» distruggendo il suo momento di gloria e aprendo la bottiglia di spumante, per schizzarla completamente addosso al più piccolo, che si era dovuto trattenere dal prenderlo ad insulti in diretta.
E Jonah sorrideva. Era sicuro che i managers avrebbero apprezzato.

My Dream Is You (Spinoff Ad Alta Velocità)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora