19) Sono io il problema?

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Jonah era preoccupato. Non aveva visto né sentito Elaja per qualche giorno e quando si erano incontrati di nuovo in aeroporto per la seguente tappa del campionato, l'aspetto del più piccolo lo aveva quasi spaventato.
Elaja aveva occhiaie scure sotto agli occhi e una leggera barbetta gli copriva il mento. Jonah non ci aveva mai fatto caso. Insomma, da quando quel diciottenne aveva la barba? Non lo aveva neanche mai visto mentre se la toglieva, se doveva essere sincero. La sua pelle sembrava più pallida del normale. Il che non era entusiasmante visto quanto latteo era sempre stato il più piccolo.
E in più, lo ignorava. Già, proprio così. Anche se erano seduti accanto in aereo, Elaja non lo guardava e non era intenzionato a fare conversazione.
Jonah non aveva potuto fare a meno di chiedergli se stesse bene, ma il rosso aveva fatto solo un cenno del capo, prima di mettersi le cuffiette e chiudere categoricamente gli occhi. Un rifiuto più chiaro non ci poteva essere.
Jonah aveva quasi deciso di pregare i loro managers di tornare a metterli in camera insieme, magari sarebbe anche piaciuta loro quell'idea, ma il più grande aveva comunque paura che quello potesse dar fastidio all'altro pilota.
Elaja comunque non usciva mai dalla sua camera, neanche per fare colazione. E quello non andava per niente bene.
«Sei riuscito a capire che cos'ha?» quel mercoledì mattina Jonah era seduto a tavola con Louis ed Harry e stava ascoltando tranquillamente la loro conversazione.
«Non vuole parlare con me. Non vuole parlare con nessuno. Neanche con Niall. Lui e Alexia sono preoccupati a morte.» aveva risposto Harry con un sospiro.
«Credi che sia pronto a tornare in pista?»
«Diavolo, no. Ma cosa possiamo fare? Non posso andare lì e cazziarlo, chiedendogli di separare il lavoro da tutto il resto. E se fosse proprio il lavoro il problema? Magari è entrato in qualche depressione da star...»
Ed era allora che Jonah si era intromesso nella conversazione: «Non sono le auto il problema.»
Il meccanico e l'ingegnere si erano girati verso il pilota contemporaneamente. «Che cosa sai?» Louis era andato dritto al punto.
Okay, forse Jonah non avrebbe dovuto intromettersi. Se avesse detto qualcosa, Elaja si sarebbe arrabbiato di sicuro.
«Niente.»
«Kara, sua sorella, parlava di una festa. Ci ha detto che c'eri anche tu. Non è che la colpa è tua?»
Jonah fulminò Louis con lo sguardo. «No, cazzo.»
Harry si rese conto che entrambi stavano iniziando ad alterarsi ed emise un sospiro stanco. «Calmiamoci un secondo. Jonah, per favore, puoi dirci quello che sai? Stiamo parlando del bene di Elaja. So che magari ti importa poco di lui, ma...»
E Jonah lo interruppe: «A me importa eccome.»
Quelle quattro parole fecero piombare il silenzio. Il modo in cui gli altri due lo guardavano... era normale che adesso le sue guance si fossero tinte di rosa? Merda.
«So che è gay.» borbottò soltanto, distogliendo in fretta lo sguardo.
«Oh cazzo.» gli occhi verdi di Harry si spalancarono.
«Diavolo, se il problema è questo...» Louis non finì la frase. Si passò una mano sul viso, mentre Harry parlava al suo posto: «Devo parlargli assolutamente. Dobbiamo fargli capire che non è un problema e che...»
«Non risolverai niente.» lo interruppe Jonah.
Harry aggrottò le sopracciglia. «Perché?»
«Perché è così. Fidati.» e a quel punto Jonah si alzò dal tavolo e uscì dalla sala della colazione, lasciando i due con la mente forse più confusa di prima.      

*

Tum. Tum. Tum. Tum.
Jonah stava impazzendo. Aprì gli occhi e li puntò sul soffitto. Poca luce notturna filtrava dalla finestra.
Tum. Tum. Tum.
Voltò la testa verso l'orologio digitale sul comodino. Erano le tre e ventidue del mattino.
Tum. Tum. Tum. Tum. Tum.
Jonah scalciò via le coperte e si alzò in piedi. Afferrò le chiavi della camera e si fiondò all'esterno.
Aveva dovuto fare solo due passi visto che la porta che gli interessava era proprio quella accanto. La moquette sotto ai suoi piedi nudi restava comunque fastidiosa. A quell'ora non si sentiva neanche a disagio ad essere in boxer lungo il corridoio.
Bussò sul legno con forza e il rumore sordo e continuo si fermò all'istante. Jonah pensava che Elaja avrebbe avuto almeno la decenza di andare ad aprire, ma nulla. Sembrava un bambino delle medie, quando in gita scolastica faceva casino la notte con i suoi compagni e poi faceva finta di nulla non appena il professore bussava arrabbiato.
Jonah ripeté il gesto con la mano. «El, aprimi. Alza quel bel culo che ti ritrovi.» disse a bassa voce, ma abbastanza da farsi sentire.
Okay, forse avrebbe potuto usare parole diverse, ma ad ogni modo avevano colpito nel segno, visto che aveva sentito la voce del rosso dire dall'altra parte: «È aperto.»
Jonah abbassò la maniglia e si trovò dentro alla camera dell'altro ragazzo. La luce di una lampada illuminava quanto bastava. E il pilota era seduto per terra ai piedi del letto con un pallina da tennis in mano. Indossava dei pantaloncini da basket e una felpa a maniche corte con il cappuccio ben tirato su. Non aveva alzato neanche lo sguardo quando il più grande era entrato nella stanza. Jonah avanzò e si sedette di fronte a lui con la schiena nuda a contatto con il muro freddo.
«Lo sai che dietro questa parete ci sta la mia camera?»
Elaja scrollò le spalle, rigirandosi la pallina gialla tra le mani.
«Stai cercando di non far dormire nemmeno me così da essere entrambi stanchi per la gara di domani?»
Elaja a quel punto lanciò la pallina ancora una volta, sopra la testa di Jonah. Tum. Per poi riprenderla al rimbalzo.
Il più grande si chiese se quella non fosse una qualche richiesta d'aiuto silenziosa da parte del più piccolo.
«Hey. Vuoi parlarmi?»
Il silenzio che ne seguì stava a significare soltanto una cosa: no.
«El, io so come ti senti.»
Ecco, la frase giusta per ottenere una reazione.
Elaja sollevò gli occhi verdi e li puntò sul più grande. «No. Tu non lo sai.»
«El, andiamo. Io... non volevo che ti ferissero.»
«Anche tu mi hai ferito.»
Okay, quelle parole fecero decisamente male. Jonah sospirò in modo stanco.
«Quindi sono io il problema? Perché in quel caso sono sicuro che possiamo risolvere facilmente.»
Elaja scosse soltanto la testa.
«Non volevo rifiutarti.»
Elaja lasciò andare la pallina e attirò le ginocchia al petto.
«Non importa. Sono sempre e soltanto io il problema. Non ne faccio mai una giusta. È ciò che mi merito.»
«Togliti queste stronzate dalla testa.» Jonah si era acceso di rabbia all'istante, solo a sentire quelle parole stupide.
«Sto sbagliando tutto. Ogni. Singola. Cosa. Della mia vita di merda.» rise senza allegria, prima di affondare il viso tra le braccia. Probabilmente per nascondere le lacrime che gli erano salite agli occhi.
«Hai diciotto anni e sei secondo in classifica in Formula 1.»
«Il lavoro non c'entra.»
«C'entra eccome. Perché sei solo sconvolto, hai paura che chiunque possa scoprire che sei gay tanto quanto me. E questo ti fa fare schifo in pista. Farai pena anche domani.»
Le prove degli ultimi giorni infatti non erano andate brillantemente per il rosso.
Jonah non se l'aspettava. Che Elaja afferrasse la pallina da tennis e gliela lanciasse contro. «Vattene.» il rosso si alzò in piedi e si gettò sul letto a pancia in giù.
Jonah si massaggiò il braccio nel punto che la pallina aveva colpito e anche lui si rimise in piedi.
«Elaja... io so che puoi gestire tutto. Devi solo smettere di pensare al passato e andare avanti. Sbloccarti da questo limbo negativo. Se avessi bisogno di me... sappi che io ci sono.»
E dopo aver pronunciato quelle parole, decise che era meglio lasciarlo solo e tornare nella propria camera.
Quella notte nessuno dei due riuscì a chiudere occhio comunque. Jonah poteva sentire Elaja piangere dall'altra parte della parete e rimpianse quasi il rumore della pallina.
Il giorno seguente tutti e due i piloti avevano delle occhiaie profonde. Ma la differenza stava nel fatto che Jonah riusciva a gestirlo, Elaja no.
Harry gli aveva perfino chiesto se fosse pronto prima della gara e forse aveva sbagliato, perché il più piccolo aveva risposto semplicemente: «No.»
E cosa avrebbe dovuto dirgli Harry a quel punto? Come va, va, non preoccuparti? Cerca di non farti male? Ascolta la mia voce nell'auricolare e lascia che ti aiuti? Vuoi parlare con Niall così che lui possa tranquillizzarti?
Ai tempi in cui l'irlandese gareggiava, per Harry non era così complicato. E va bene, Niall era il suo migliore amico da quando andavano a scuola e sapeva come trattarlo, però... con Elaja non sapeva proprio dove mettere le mani. L'unica soluzione che l'ingegnere vedeva era quella di chiamare Niall e pregarlo di raggiungerli una volta finita la gara. Magari lui avrebbe risolto la situazione.
Ma per il momento, non poteva fare nulla.
Per i piloti della McLaren quella gara fu decisamente strana. Jonah si era piazzato dietro Elaja e in quel modo, standogli a pochi centimentri aveva cercato continuamente di spronarlo ad accelerare. Invano, ovviamente.
«Dite a Valery che si dia una mossa.» aveva sibilato nell'auricolare. Ma era tutto inutile. Sarebbe perfino risultato strano se Jonah, dopo la gara in Inghilterra, si fosse piazzato dietro Elaja senza fare la sua gara. Sarebbe risultato troppo sospetto e il loro team avrebbe preso credibilità.
«Mi dispiace, Elaja. Ma devo recuperare i punti persi l'ultima volta.» Jonah si sentiva perfino stupido a parlare da solo, mentre sorpassava l'auto del suo stesso colore. Mancavano gli ultimi giri e il più grande doveva avanzare sempre di più, così da attraversare il traguardo almeno alla seconda posizione, giusto dietro Malik. Elaja invece, si era classificato tredicesimo.
Il rosso era sceso dalla sua auto e senza dire una parola era andato a cambiarsi, pronto per poter tornare in albergo.
Jonah, dal canto suo, doveva restare per la premiazione e la conferenza stampa, anche se avrebbe voluto piuttosto andare dal suo copilota. Aveva una strana sensazione in corpo che non riusciva proprio ad annullare.
Sensazione che venne confermata quando era tornato in hotel. Si sentiva stremato e avrebbe solo voluto dormire, ma nella hall il team di Elaja stava facendo un po' di scompiglio.
«Che sta succedendo?» chiese Jonah, facendo notare la sua presenza al team del rosso.
Harry si voltò di colpo. «Elaja non è con te?»
«Perché dovrebbe essere con me? L'ho visto andare via dalla pista ore fa, io sono stato lì fino ad ora. Che diavolo significa?»
«Non è in camera. Non risponde al telefono, crediamo lo abbia proprio staccato. Non riusciamo a trovarlo.» spiegò Harry.
Un nodo si strinse improvvisamente dentro allo stomaco di Jonah.
«Abbiamo paura che... insomma, con questo umore che ha ultimamente è un po' imprevedibile e...»
Nick si intromise, cercando di calmare un attimo le acque: «Sì, ma lo conosciamo. Non farebbe mai niente di pericoloso, che possa nuocere alla sua vita. Dobbiamo solo aspettare. Tornerà. Non è poi così piccolo, è maggiorenne.»
Jonah lanciò per terra il suo borsone. «Vado a cercarlo.» annunciò con voce arrabbiata.
«Ma non sai neanche dove cercarlo.» gli fece notare Louis.
«Non mi importa. Non me ne starò qui con le mani in mano ad aspettare che torni. Vado a farmi un giro.» e dopo ciò aveva dato loro le spalle ed era tornato all'esterno.
Jonah non riusciva a capire se stesse provando ansia, preoccupazione, rabbia o... forse tutte quelle emozioni insieme.
Si era ripromesso che avrebbe protetto il più piccolo. E invece... aveva già fallito.
Probabilmente aveva perfino peggiorato la situazione con le parole della notte prima.
Dove diavolo poteva essersi cacciato? Gli occhi scuri del pilota vagavano per le strade affollate di Dubai, cercando una testa rossa e sobbalzando non appena ne vedeva una. Ovviamente finiva sempre per restare deluso.
Dopo pochi minuti Jonah si era ritrovato in una via piena di locali. Una zona che frequentava spesso tutte le volte che andava lì.
Pensava quasi che fosse inutile cercarlo in quei luoghi. Probabilmente Elaja era da solo a deprimersi da qualche parte.
Dieci, quindici locali... e poi? Uno di quelli che lo stesso Jonah conosceva fin troppo bene. Un locale gay. Con le pareti a vetro che mostravano l'interno. E su uno dei cubi, un ragazzo che aveva imparato a fissare troppo nell'ultimo periodo, proprio il ragazzo che stava cercando fino a quel momento. Maledetto Valery.

My Dream Is You (Spinoff Ad Alta Velocità)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora