La Sirena alternava momenti in cui giaceva sul fondo, completamente allungata, ad altri in cui si muoveva come uno spettro. Si guardava allo specchio scrutando la sua espressione smarrita. Ma in essa non vedeva l'afflizione per l'improvviso risveglio dalla fantasia in cui s'era ficcata in quegli anni. Non era riuscita a piangere: il dolore stava coagulato come un grumo al centro del petto, irradiandosi poco sotto il diaframma.
L'immagine riflessa era di una creatura quasi disseccata dal conto dei secoli, privata della benevolenza a causa della castità forzata, di una bellezza atipica e per questo ancora più incomprensibile. Gli esseri umani amavano le sirene finché non si accorgevano della coda: le amavano finché resisteva l'illusione di poterle avere come Avery aveva avuto l'indigena. La bellezza di un viso celava per poco l'inutilità di un corpo simile. E quando il corpo si manifestava non c'era più forma per la speranza.
Perché le era toccato di soffrire a quel modo? Non se n'era mai accorta fino al giorno in cui aveva incontrato lo sguardo di un capitano. A quel tempo bastava a se stessa, e non aveva coscienza di ciò che il suo cuore poteva manifestare e contenere.
Aveva ucciso marinai che seviziavano le creature marine, facendoli affondare con la loro solida imbarcazione; aveva salvato bambini che stavano per essere affogati da madri povere, cattive e indifferenti. Aveva estratto dall'acqua animali vivi: salvato gatti, galline, un asino, bestie esotiche intrappolate in piccole voliere o legate con delle corde. L'aveva fatto guidata da un solo impulso, la collera. Il sentimento per cui era famosa, che la rendeva temibile agli occhi degli indigeni e dei bianchi ancora disposti a credere. Ma l'apice della sua ira, la nomea che le aveva fatto guadagnare il rispetto, si esplicava in un'unica azione. Il canto per i sacrificati. Il Blues, come un negro l'aveva definito ascoltandolo mentre si trovava nei pressi del Forte. La Sirena cantava mentre si portava a fondo la sua nipote più bella.
Il capitano Avery aveva risvegliato quella collera e vi aveva aggiunto un sentimento più pericoloso.
La Sirena guardò l'anello d'oro che aveva recuperato e sistemato dentro una scatola arrugginita, dove giacevano monete dell'Europa.
La manta adagiata sopra una pietra della forma di sedile osservava il turbamento della padrona con riluttante partecipazione. Ma non aveva specifiche capacità encefaliche, nonostante la dimensione del cervello, per comprendere l'emozione che rendeva il rancore della Sirena qualcosa di minaccioso.
«Perché mi ha concesso un anello se vuole sottrarsi al giuramento insito? E io cosa voglio? Non voglio che appartenga a un'altra donna. Non voglio che se ne vada per non tornare mai più. Voglio che mi veda. So che trasgredirei agli ordini del Dio del Mare. Cosa posso fare? Quali sono gli dèi che posso pregare affinché mi ascoltino?»
Il tremore febbrile che la scuoteva non sembrava avere requie.
«Nessuno mi soccorrerà, per quanto io possa gridare e lacerare questo ammasso di correnti. No, in centinaia di anni qualcuno si è forse degnato di ascoltare il mio canto ed esaudire la mia unica richiesta? No, devo fare da sola. Non c'è aiuto nel mare, né ce ne sarà nel cielo.»
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Il Blues della Sirena (Un paio di gambe)
AdventureUn capitano ambizioso. Una sirena vendicativa. Una vittima innocente. Nello scenario dell'isola di Grand Cayman, famosa per trovarsi sulla rotta degli uragani stagionali dell'Atlantico, si consuma uno dei vizi più antichi del mondo: la gelosia. Il c...