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L'incursione durò in tutto quattordici minuti e venticinque secondi

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L'incursione durò in tutto quattordici minuti e venticinque secondi. Allo scadere del quarto d'ora i fanti stavano già conducendo Avery in una cella isolata all'interno del Forte. Ce lo gettarono senza riguardi, disinteressandosi che stesse sanguinando e che la pezza d'emergenza che il nocchiere era riuscito a infilargli sotto la giacca fosse del tutto incapace di arginare l'emorragia.

Il resto dell'equipaggio della lancia venne condotto nella stanza degli interrogatori, un'ampia sala con un soffitto che sembrava voler schiacciare gli occupanti.

I marinai vennero percossi nei dovuti modi – secondo i dettami della marina – e fu intimato loro di confessare l'intero piano qualora avessero voluto sfuggire all'impiccagione. Lo fecero, nessuno escluso, sotto lo sguardo dei loro ufficiali: Kozlov, al quale non garbavano poi molto gli eccidi, lo consigliò con un movimento degli occhi che gli uomini avevano imparato a riconoscere.

Quando il segretario, chiamato d'urgenza, ebbe redatto fogli di testimonianze, la tempesta aveva cominciato a infuriare fuori dalle mura e la cenere davanti al cancello del Forte aveva iniziato a scorrere in rivoli fin dentro al mare, nell'anfratto dove la Sirena attendeva.

Lei raccolse nella conca delle mani l'acqua grigia e sollevò lo sguardo verso la feritoia dove il Vento s'era adagiato. Udì uno schianto alle sue spalle e vide una barca traversata e impigliata negli scogli. Se ne rammaricò, conosceva la sua colpa. Faticava a controllare il sentimento che colpiva ripetutamente i muri di carne che lo contenevano.

A pochi piani da lei, Kozlov riuscì a ribaltare una situazione sfavorevole. Convinse Lennox che il capitano era preda dell'invasamento amoroso e che, in parte, aveva perso il giudizio che l'aveva sempre contraddistinto. Elogiò le capacità del superiore con tale abnegazione e snudò le debolezze senza tacere nulla che l'altro si convinse della buona fede che aveva spinto Avery a un'azione da degenerato.

«Quindi voi cosa auspichereste? Rilasciare la donna significherebbe inimicarci più di metà della popolazione. Non potete capire cosa significa quest'usanza per loro. Venite con me, adesso. Vi condurrò alla finestra che guarda al cortile interno.»

I due uscirono dalla stanza e il russo, portato alla finestra, notò un assembramento.

«Contateli. Sono quaranta indigeni e due bianchi, venuti a sincerarsi che non permetteremo alla sacrificata di evadere.»

Kozlov rimase impressionato. «Questa gente crede all'esistenza della sirena?»

«A mio avviso, ciò che vediamo va oltre il credere, oltre la ragione. È la prova tangibile di quanto siano radicati certi sentimenti. Quelle persone non vogliono salvare la donna, vogliono essere sicuri che muoia. Anni addietro, in un afflato di pietà, il mio predecessore lasciò libera la vittima designata. La sirena, l'uragano, o chi per loro scatenò una tale forza distruttrice sull'intero sistema di isole che ci vollero anni prima di arginare i danni. Mentre ricostruivano dei ricoveri, il mio predecessore venne assassinato con del cibo locale avvelenato. E la fine che fu riservata alla sacrificata dopo l'uragano... bè, fu peggiore di quella che avrebbe avuto accettando il rituale. Capite?»

Kozlov guardò gli indigeni che si erano seduti nel cortile, coperti da cerate e parapioggia.

«Solo un pazzo la lascerebbe andare» sussurrò.

«E voi non lo siete» chiuse Lennox.

Il Blues della Sirena (Un paio di gambe)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora