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Il giorno che nacque nuovo di zecca scivolò nella pozza di liquido agitato di quello che l'aveva preceduto

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Il giorno che nacque nuovo di zecca scivolò nella pozza di liquido agitato di quello che l'aveva preceduto. Il cielo era temibile, quasi quanto il mare. Il Vento spirava senza ascoltare le preghiere, frantumando vasi, strappando bandiere e rovesciando offerte.

Abel camminava con le sue scarpe blu di marinaio arrancando in direzione del Forte. Gli era stato chiesto di andare a sincerarsi che il capitano fosse vivo. In realtà, il ragazzo aveva una buona memoria e un ottimo orientamento: se gli ufficiali della fregata volevano far uscire Avery di prigione senza attendere i comodi del Comandante dei fanti, era necessario capire quali fossero i turni di guardia, quando le sentinelle smontavano, dove tenevano le chiavi delle celle. Per quanto riguardava la planimetria del Forte George, il capitano aveva una copia che il nocchiere era andato a prendere in cabina.

Abel era un giovanotto con la faccia imberbe da uomo indifeso. I soldati lo perquisirono per dovere senza trovare nulla di letale.

Nel tragitto fino alla cella del capitano rilevò che un gatto a squama di tartaruga si muoveva libero nelle stanze.

«È il nostro cacciatore. Un portafortuna» gli spiegò il carceriere.

Avery osservava da un po' di tempo l'andirivieni del gatto di stanza al Forte, che s'infilava per i corridoi e vagava cercandosi un luogo dove sonnecchiare senza che i soldati lo seccassero di continuo. Quando non capitavano uragani o incursioni nemiche, la guarnigione inglese era solita gozzovigliare e giochicchiare per ingannare il tedio della sorveglianza, e fra i giochi meglio quotati – esclusi le carte e i dadi – c'erano le gare di tiro alle bottiglie con le pistole e inseguire il gatto per cercare di acchiapparlo.

Il capitano sedeva sul pagliericcio, lontano dall'angolo adibito a latrina. Aveva perlustrato la cella senza trovare segni di scavi, cunicoli o semplici cedimenti strutturali. Nessuna speranza di uscire se non dalla porta attraverso la quale era stato trascinato. Le ferite gli facevano male, non erano state né cucite né disinfettate. Il medico del Forte si era limitato ad applicare uno strato di garze, ficcandoglielo nella carne per contenere l'emorragia, e a fargli bere boccali di birra scura. Uno dei proiettili era ancora al suo posto, saldo nella muscolatura, rappresentava la merce di scambio su cui contava Lennox. Prima Avery avesse ceduto, pentendosi delle sue azioni, prima sarebbe uscito di lì per ricevere tutte le cure possibili. Ma lui sapeva che sarebbe arrivato al punto di non riconoscere più nessuno, imbrogliato dalla sepsi. L'avrebbero cavato di prigione quando ci sarebbe stato solo un piccolo margine per salvarlo o non ci sarebbe stato affatto. Al diavolo i testamenti e il resto.

«Testardo» disse MacMourrog con la barba scura di due giorni e la divisa stazzonata, seduto nel quadrato con il nocchiere, il nostromo e il chirurgo.

«Non appena avranno sacrificato la donna lo faranno uscire.»

«E non sarà troppo tardi? Avete detto che ha in corpo una pallottola di moschetto» obiettò il nostromo Blight.

Il Blues della Sirena (Un paio di gambe)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora