Capitolo 10

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"Non sopporto vederla in questo stato" Affermò Monty

"Nessuno lo sopporta, ma non possiamo farci niente" ribattè Raven

Clarke era uno zombie, il suo corpo si muoveva ma il suo sguardo era totalmente assente, come se la sua anima fosse stata risucchiata.
La sua mente era dispersa in qualche luogo oscuro, in cerca di qualche scenario plausibile in cui la giovane terrestre potesse ancora essere viva, probabilmente ferita ma ancora con il cuore battente.
Era totalmente a pezzi, aveva gli occhi gonfi e rossi, i suoi capelli erano disordinatissimi, la sua pelle aveva perso il suo colore naturale, era completamente bianca cadavere, il suo corpo diventava più pesante così come i suoi passi.
I suoi amici dovettero guardarsi indietro più volte e aspettarla che lei li raggiungesse per non perderla d'occhio neanche per un momento.
I terrestri, invece, erano molto più avanti rispetto ai ragazzi, poiché non volevano perdere tempo a comunicare la grande perdita avuta.
Stava andando tutto bene, o almeno così sembrava, finché una freccia scoccò da un arco e uccise una delle guardie terrestri.
Si seminò il panico tra il gruppo, tutti correvano in direzioni diverse, tutti a parte una persona, che diversamente dagli altri, non temeva la morte.
Clarke non si preoccupò a scappare e andare al riparo, stette semplicemente immobile, come se fosse in attesa del suo turno.
Ma per fortuna e per sfortuna, nessuna freccia trafisse il cuore infranto della giovane bionda, probabilmente il tiratore non ne aveva alcuna intenzione.
Purtroppo qualche ferito c'era, e le grida di dolore ne erano la prova, Bellamy stava soffrendo così tanto che non riusciva a fare altro se non urlare. I suoi occhi castani si fecero più scuri fino a tendere al nero, le sue mani tremavano mentre cercava di tenere stretta la freccia che l'aveva colpito sul fianco. Fu raggiunto da Raven e successivamente da Octavia e Lincoln.
Gli altri, invece, si erano sparsi nel bosco, e nel frattempo l'aggressore aveva preso in ostaggio la bionda senza che nessuno se ne accorgesse.
La portò in un luogo più isolato e gettò il suo corpo per terra come un sacco di patate marce.
La fanciulla sapeva chi fosse il suo rapitore, colui che aveva cercato di uccidere in passato, colui che, per grazia della comandante, aveva lasciato andare vivo e vegeto, l'unico e solo uomo esistente del suo popolo: Emerson.

"Siamo arrivati alla resa dei conti, puttanella" Disse l'uomo mentre estraeva un pugnale dalla tasca

Clarke lo fissò per qualche minuto, senza fiatare. Il suo cuore batteva velocemente e per un attimo ebbe davvero paura di morire.

"Ti ho osservata bene per tutto il tempo, insieme ai tuoi amici, ne avete fatta di strada e diventava sempre più arduo per me nascondermi e mimetizzarmi con il resto del paesaggio. Ma per mia fortuna, la morte della tua amica ha fatto sì che lo scenario perfetto si creasse, eravate tutti così distratti e distanti tra di voi che ho colto immediatamente l'occasione per prendere ciò che era mio, ovvero te, più specificatamente: la tua vita.
A causa tua sono morte centinaia e centinaia di persone: bambini, adulti, anziani, non ne hai risparmiato neanche uno. Hai ucciso la mia gente e stavi quasi per uccidere anche me, probabilmente ti starai pentendo della scelta che hai fatto, be', hai avuto la tua occasione, adesso è il mio turno" Continuò con un sorriso divertito sulla faccia.

La prese per un braccio e la trascinò verso all'albero più vicino e la legò stretta, poi utilizzò la lama del suo pugnale per tagliare superficialmente la pelle della ragazza, quest'ultima cercò di trattenere le urla di dolore così da non dargli alcuna soddisfazione, ma quando l'uomo della montagna affondò l'arma, fu quasi impossibile per lei non gridare.

"Ho imparato un'usanza dai terrestri, una cosa molto crudele e dolorosa a dire la verità, praticamente loro feriscono il colpevole tante volte quanto quest'ultimo ha fatto. Quindi, secondo il loro modo, ti dovrei infliggere almeno trecento tagli, ovvero il numero delle persone che sono decedute per mano tua.
Divertente vero?
Ma prima di iniziare questa serie di dolori, devo fartela pagare per una questione molto personale" Annunciò Emerson, che poco dopo conficcò l'arma da taglio sul fianco sinistro della giovane dagli occhi azzurri, colpendola gravemente al rene.
Lui, nel mentre, la guardò dritto negli occhi, che erano più aperti che mai, e le sussurrò "questo era per mia figlia"
Il contatto visivo durò per un paio di minuti fin quando anche gli occhi dell'aggressore si spalancarono e successivamente il suo corpo cadde a peso morto su quello minuto della bionda. Clarke abbassò lo sguardo per poi rialzarlo subito appena metabilizzò ciò che era appena successo, qualcuno aveva colpito a morte sulla nuca del suo nemico con un pugnale, e quel qualcuno era Indra, che adesso si stava dirigendo frettolosamente nella sua direzione, nel frattempo ella stava perdendo coscienza a causa del troppo sangue perso dalle diverse ferite subite.

Clarke's POV

Mi svegliai tutta dolorante ma soprattutto con un lancinante e tremendo dolore alla testa che non mi permetteva di pensare lucidamente.
Appena aprì gli occhi, vidi solo uno sfondo verde petrolio, sfumatura di quel colore che non poteva essere più lontano da quello che cercavo e desideravo io, fino a quando non girai la testa a destra per scorgere una figura seduta che tuttora mi stava osservando in religioso silenzio.
A causa della mia temporanea vista offuscata non mi permise di riconoscere immediatamente la sagoma di quello che sembrava un corpo umano, ma, fortunatamente, dopo qualche battito di ciglia, riuscì a rendere nitida quell’immagine che mi si stava presentando davanti e appena realizzai chi fosse, il mio cuore iniziò ad accelerare di colpo.
Non mi sarei mai immaginata di vedere proprio quella persona accanto a me, mentre giacevo su quello che potesse sembrare un lettino ma che di fatto era una pila di sacchi messi uno accanto all’altro,  con su steso sopra un soffice telo bianco, probabilmente uguale a quello che stavo usando come coperta.
La mia nuca era appoggiata a una coperta ben piegata a quattro, il che la rendeva più simile a un cuscino per la comodità.
Era ben visibile e percepibile che ero distesa su un letto totalmente improvvisato e provvisorio, probabilmente costruito solo per farmi distendere e guarire quelle ferite che l’uomo della montagna mi aveva inflitto.
Questo era il mio ultimo ricordo prima di perdere coscienza.
Questo era l’ultimo avvenimento successo prima di ritrovarmi in una tenda sopra un cumulo di sacchi contenenti chissà cosa.
Il mio stato di smarrimento durò per qualche attimo fino a perdersi nel nulla.
Intanto la persona misteriosa era seduta su una sedia a quattro passi da me, i suoi occhi erano ancora puntati sul mio viso e da quegli, potevo leggere perfettamente che non aveva assolutamente intenzione di smettere.

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