Capitolo 18

991 36 3
                                    

Raggiungemmo la capitale in meno di una settimana, era trascorso poco più di un mese dall'ultima volta che ero stata qua.
L'unico ostacolo che mi separava dalla mia amata città erano le sue mura che circoscrivevano la sua grandezza.
Il mio cuore batteva fortissimo, probabilmente era stata la troppa lontananza a farmi sentire così, una sensazione che non avevo mai provato prima ad ora, nonostante mi fossi allontanata da essa più volte.
Dopo una manciata di minuti che aspettavamo fuori, varcammo il cancello e la visione che ci prestava davanti non era affatto promettente, anzi era senza dubbio disastrosa.
Ciò che era accaduto in mia assenza aveva distrutto il mio popolo e la mia città, chissà quante altre cose aveva fatto a pezzi. Migliaia di corpi morti, molti in stato di decomposizione e infatti il loro cattivo odore era piuttosto percettibile, altri mutilati o decapitati, questa era un'immagine difficile da dimenticare e io non l'avrei sicuramente fatto.
Ad ogni metro che percorrevamo, c'erano almeno cinque cadaveri, messi in fila uno sopra l'altro, come se fossero stati uccisi da qualche altra parte e scaricati qui di proposito, come dimostrazione della potenza dell'essere che li aveva uccisi.
I miei sospetti erano immediatamente ricaduti a quell'entità contenuta nel chip che molti stavano assumendo, ma non capivo come questa potesse prendere il controllo e ucciderli, ma non comprendevo soprattutto come questa piastrina si diffondesse così rapidamente e il motivo delle persone a volerlo ingerire. Tante domande le cui risposte celavano dietro a un velo di mistero.
La camminata sulla via della morte stava finendo e ancora nessuna anima viva era comparsa. Mi chiedevo se Titus o qualcuno che conoscessi fosse ancora vivo, ma ogni volta che il mio sguardo si posava su un corpo morto, la mia speranza diminuiva. Entrammo nella torre e salimmo fino in cima dove era situato il mio trono, sentivo che il mio cuore stava per esplodere, l'ansia mi stava mangiando viva.
Le porte della grande sala erano aperte e così come le strade della mia città, non c'era anima viva, mi diressi dinanzi al mio posto e notai immediatamente che era macchiato di sangue, qualcuno o qualcosa era stato qua, e aveva sterminato tutti e usurpato il mio trono. La rabbia crebbe velocemente ed era assai ravvisabile sul mio viso, volevo trovare il colpevole e fargliela pagare per ciò che aveva fatto. I miei pensieri di vendetta furono poco dopo interrotti da un rumore, breve ma lungo abbastanza da capire da dove provenisse.
Mi sbagliavo. Non erano tutti morti, qualcuno era riuscito a sopravvivere ed ero contenta e sollevata che quella persona fosse Titus.
"Titus" Lo chiamai subito preoccupata.
"Heda" Esclamò con immenso stupore
"Che diavolo è successo? Sei ferito?"
Mi indicò il suo addome, così gli sollevai la sua tunica sporca di sangue e vidi la sua ferita da arma da taglio. Un colpo netto, senza esitazioni, fortunatamente o forse volontariamente, non lo aveva trafitto letalmente.
"Clarke ho bisogno che lo aiuti" Chiesi quasi come lo stessi ordinando alla bionda che in quel momento mi stava guardando.
Abby intervenne subito, prese un pezzo di tessuto su cui gettò dell'alcol che aveva precedentemente tirato fuori dal suo borsone, e lo tamponò sulla ferita, un grido spontaneo uscì dalla bocca dell'uomo, la sua sofferenza era ravvisabile e fortemente udibile.
"Ti sto disinfettando la ferita, ma ho bisogno che tu stia fermo" lo avvertì la donna
Il consigliere cercò di fare ciò che gli era stato ordinando, nel frattempo la guaritrice, dopo essersi accertata che la ferita fosse pulita, gliela ricucì.
Una volta finita la medicazione, decidemmo di portarlo fuori dalla capitale, lontano da quella carneficina che aveva devastato la città.
Ci accampammo nei boschi, dove potevamo nasconderci da possibili minacce. Aspettai diverse ore, in attesa che si riprendesse, ma la mia preoccupazione traspariva dalla mia espressione facciale e dal mio sospettoso silenzio, perciò Clarke venne in mio soccorso.
"Tutto bene?"
"Qualcuno ha distrutto la mia città, la mia gente, come posso stare bene?"
Le domandai alzando un po' la voce notai subito il suo sguardo dispiaciuto, sapeva che non stavo bene, ma ha comunque voluto provare.
"Mi dispiace. Per tutto." Si scusò capendo la mia frustrazione
"Dobbiamo assolutamente trovare chi è stato!" Esclamai dall'esasperazione
"E lo faremo, ma prima dobbiamo capire con chi abbiamo a che fare. Da quello che abbiamo visto e constatato, non è qualcuno che si fa prendere facilmente e tanto meno uno che si arrende al primo ostacolo. È come se fosse stata un'esecuzione sommaria, senza alcuna distinzione. Non so contro chi stiamo combattendo Lexa ma so benissimo che non sarà facile da battere"
In quel momento volevo dirle dei miei sospetti, di quella specie di creatura contenuta in una misera piastrina, ma quando l'ho guardata dritta negli occhi, non sono riuscita a dirle nulla a riguardo, è come se il coraggio mi fosse venuto a mancare proprio quando stavo per aprire bocca. Era una sensazione strana. Mai provata prima d'ora. Tra me e lei non c'erano segreti e non volevo che ci fossero. Ma sentivo il bisogno di tenermi quelle congetture per me, forse per proteggerla, forse per paura della sua reazione dopo aver saputo tutto del mio passato, perché dirle quello includeva anche raccontarle del mio passato e dei miei segreti più oscuri e più profondi. Non era ancora pronta o magari non lo ero io.
"Lo so" fu tutto quello che dissi prima di alzarmi e raggiungere gli altri.
La mia freddezza e il mio distacco la faceva soffrire, potevo vederlo, ma in questo momento mi sembrava la scelta più giusta da fare per entrambe, coinvolgerla in qualcosa più grande di lei, l'avrebbe distrutta.
"Heda, qual è il prossimo passo?" Mi domandò Indra
"Andremo ad Arkadia e vedremo se la tempesta della morte è passata anche da quelle parti.
Tornerete a casa finalmente" risposi, rivolgendomi al popolo del cielo
"Che facciamo con Titus?" Mi chiese Bellamy
"Lasciamo che riposi e che riprenda le sue forze, una volta accertata la sua buona salute, gli chiederemo che è successo. Una mente stressata è più esposta a possibili alterazioni e deformazioni. Oggi dormiremo qua, aspetteremo il sorgere del sole prima di partire, domani sarà una lunga giornata quindi vi voglio tutti ben riposati" annunciai prima di dare ordini ai miei soldati per andare a prendere la legna.
Luna mi si avvicinò lentamente e mi prese da parte per parlarmi.
"Che succede?" Chiesi con una leggere freddezza
"Pensi che sia stata quell'entità di cui mi hai parlato stamattina?"
"Sì, anche se non capisco il motivo di uccidere tutte quelle persone"
"È la stessa domanda che mi pongo anch'io. Insomma, una volta che ha il controllo dei corpi e delle menti delle persone, perché ucciderle? È totalmente insensato a meno che non sia stata lei"
"Cosa vuoi dire?"
"Pensi sia una coincidenza che proprio nel periodo in cui tu sei assente, la gente muoia sterminata sulle strade della tua città? Credo che la Nazione del Ghiaccio c'entri qualcosa."
"Non penso che siano stati loro. La regina è morta e ho stretto un patto con suo figlio, e non penso che sia così stupido a uccidere tutte quelle persone sapendo che dovrà poi affrontare la mia ira"
"Peccato che pensi che tu sia morta. Pensaci. Il caro re pensa che la comandante, ovverosia l'unica persona che può sconfiggerlo, è morta, ha praticamente la via spianata per il potere, inoltre, si dà il caso che tu sia la stessa persona che ha ucciso la sua cara mammina, quindi oltre che una guerra per il potere, è anche una sorta di vendetta" mi spiegò
"Perché uccidere tutte quelle persone allora?"
"Perché non si sono piegate a lui e al suo patetico clan. Uccidi chi non segue i tuoi ordini. Era questo ciò che diceva sempre papà."
"Ricordi ancora la sua faccia?" Sviai un po' il discorso, facendomi prendere un po' dai vecchi ricordi
"Vagamente. Però ricordo ancora le sue strigliate per le numerose cadute dagli alberi e i diversi lividi che mi procuravo. Quasi amavo farlo arrabbiare, le sue espressioni erano troppo buffe. Tu?"
"Ci sono giorni che ricordo ogni particolare del suo viso, in altri invece lo vedo sbiadito, la sua immagine mi appare come un disegno caduto nell'acqua e i suoi colori hanno perso la loro intensità"
"Sei sempre stata la sua preferita. Ti adorava e sono sicura che sarebbe orgoglioso di chi sei diventata, non solo per il titolo che hai ma per la persona che sei. Ha sempre voluto che un giorno fossi tu la leader"
"Ti sbagli, amava tutte e due allo stesso modo. Forse non te l'ha dimostrato come ha fatto con me perché combinavi sempre guai e voleva che imparassi dai tuoi errori, ma puoi fidarti che era orgoglioso di entrambe alla stessa maniera. E credo che lo sia anche adesso. Sei sempre stata quella più umana tra le due e forse per questo ti considerava la meno tagliata per questo ruolo."
"Questo perché eri la più forte sia fisicamente che caratterialmente, non sono mai stata alla tua altezza nonostante gli infiniti allenamenti.
Io non sono più umana di te, sono solo più sensibile ed esterno più facilmente i miei sentimenti, tu invece sei molto brava a nasconderli e ciò ti rende una buona comandante Lexa, oltre ovviamente alle tue doti di combattimento. E per la cronaca, non ho mai voluto quel posto."
Sorrisi, ricordare i vecchi momenti mi rendeva serena, ma soprattutto parlare con mia sorella che non vedevo da anni, mi tranquillizzava parecchio.
Ci fu un minuto di silenzio, come se in quel frangente di tempo entrambe ci ritrovassimo nel passato, in quei momenti che tanto ci mancavano e vorremmo riviverli.
"Nonostante le tue ipotesi non siano infondate e possano rivelarsi vere, non penso che sia stata la Nazione del Ghiaccio a creare tutte quelle morti. Ho questa sensazione che mi dice che sia stata proprio quell'essere a provocare quella carneficina"
"Okay, penso allora che avremo la certezza solo al risveglio del tuo vecchio maestro, sperando ovviamente che possa riaprire gli occhi"
"La ferita non era letale, sono assolutamente sicura che sopravvivrà, per tua sfortuna"
Luna si mise a ridere di buon gusto, non aveva mai amato Titus, specialmente per i suoi modi brutali di allenamento e per il tipo di trattamento che ci dava, ma quelle erano le uniche modalità per diventare ottimi comandanti.
"Be', come dice il detto: l'erba cattiva non muore mai"
"Non era così cattivo alla fine" lo difesi senza successo
"Con te forse, lui mi disprezzava. Mi trattava come una pezza da piedi, non perdeva occasione a denigrarmi e a farmi perdere la pazienza, un giorno l'avrei sicuramente ucciso"
"Be', allora è fortunato che tu sia cambiata"
"Che ne sai? Forse per lui farei un'eccezione"
Sorrisi per l'ennesima volta, mi mancava scherzare con lei, mi allontanava dalla me comandante e mi avvicinava molto alla me bambina, quando passavo il tempo con molta leggerezza, senza alcuna preoccupazione o responsabilità, mentre adesso non potevo permettermi nessuna distrazione o qualcuno ne avrebbe pagato il prezzo, così com'era successo ai miei concittadini.
"Mi sei mancata Luna" dissi lasciandomi trasportare completamente dalle mie emozioni e da questi attimi di debolezza
"Anche tu Lexa"
Ci abbracciammo, un gesto simbolico del nostro amore per l'altra, un'azione che non veniva fatta da quando avevamo otto anni.

Our Final Journey Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora