Capitolo 14

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"Tu sei colei che li ha mandati ad ucciderci"
"Se ci tieni a me allora fidati di me"
"Non sono pronta. Non ancora"
"Forse la vita dovrebbe essere qualcosa di più che semplice sopravvivenza"
"Ti ucciderò!"
"Inginocchiarmi davanti a te? So perché sei qui. Ti ho fatto sembrare debole a Mount Weather e la Nazione del ghiaccio lo sta sfruttando. Be', se vuoi il potere del comandante della morte, allora uccidimi, prenditelo, altrimenti vai al diavolo perché non mi inginocchierei mai davanti a te"
"Non posso lasciare che Roan ti uccida"
"Non me ne starò seduta lì a guardarti morire!"
"Reshop Heda"
"Magari un giorno tu ed io non dovremmo più nulla al nostro popolo"
"Voglio solo che tu sia al sicuro"
"C'è sempre un posto per te, Lexa"
"Promettimi che ritornerai da me"

Lexa spalancò gli occhi, mostrando quei due splendidi smeraldi. Aveva il cuore che batteva più veloce della luce, il respiro affannato, il viso sudato e le mani tremolanti. Tutti i momenti più significativi che aveva passato con Clarke, le erano passati davanti e l'avevano colpita come un treno e adesso si sentiva come se fosse caduta nel vuoto, nell'ignoto, nel buio più totale. Si mise seduta lentamente sul letto, cercando di respirare regolarmente e di riprendere il controllo del suo corpo. Chiuse gli occhi e fece dei respiri profondi, aprì e richiuse le mani più volte, nella speranza che i tremolii sparissero con quei movimenti continui.
Non si era mai sentita così: indifesa, vulnerabile, debole. Sensazioni negate fin da piccola, diventate proibite anche solo a pronunciarle e vietato provarle perché questo le sarebbero costate la vita, per lo meno era questo che le dicevano, che le ripetevano ogni giorno, dalla mattina fino alla sera. Non l'era consentito di provare alcuna emozione se non l'odio, la rabbia, il rancore. Provare qualsiasi altro sentimento che non fosse una di quelle tre, era considerato sbagliato, un errore da correggere, una linea storta da raddrizzare, una malattia da curare. Questi erano i primi insegnamenti impartiti dal suo primissimo maestro, nonché suo padre, che faceva di tutto per renderla più forte, più insofferente, più insensibile, più macchina e meno umana.
"I sentimenti sono per i deboli" Ripeteva sempre, frase che non dimenticherà mai e che si porterà anche nella tomba.
Stava malissimo, non capiva cosa le succedeva, era completamente pallida e quel buco nello stomaco che aveva da quando si era svegliata non smetteva di farle male, la tormentava fisicamente e mentalmente. Era chiusa in gabbia, perseguitata dalle sue paure, inerme a ciò che le stava accadendo, fin quando una voce  familiare si avvicinò e una mano l'aiutò a distendersi e a liberarsi da quella posizione fissa e maledetta.
Sentì un leggero pizzico sul fianco e poi perse i sensi. Luna aveva chiamato il dottore che le aveva somministrato una dose di sonnifero per farla addormentare.

Lexa's POV
Mi svegliai frastornata su un letto, probabilmente il mio, avevo la vista offuscata e e la testa dolorante, guardai fuori dalla finestra e notai immediatamente che era buio, il sole era già tramontato e presumibilmente tutti quanti erano già andati a dormire. Tutti tranne qualcuno. Riuscivo a sentire distintamente il rumore delle grida di una persona, era una voce femminile, molto familiare, e il fruscio di una lama che tagliava in due il vento. Controllai prima l'ora e poi uscì dalla mia camera, facendo attenzione e non svegliare nessuno, andai verso quei rumori e appena aprì la porta che mi separava da essi, rimasi sorpresa dalla scena che mi si prestava davanti.
"Pensavo che fossi contraria alla violenza" annunciai e Luna si fermò immediatamente sul posto appena sentì la mia voce, fece un piccolo sorriso e poi si voltò nella mia direzione e disse: "mi sto solo allenando, voglio tenermi in forma e inoltre non sto facendo del male a nessuno"
Sorrisi a mia volta e le andai incontro.
"Era da tempo che non ti vedevo combattere"
"Ti ho già detto che mi sto solo allenando, io non combatto contro nessuno" rispose un po' infastidita dalla domanda e si diresse verso la ringhiera dove poi si appoggiò su e dove successivamente la raggiunsi.
"Che è successo stamattina?" Mi domandò
"Non me ho idea, so solo che mi sono svegliata con i brividi e non riuscivo a muovermi, tremavo e basta"
"Fatto un brutto sogno?"
Scossi la testa, anche se non era stato neanche uno bello. Ci fu un attimo di silenzio mentre entrambe stavamo ammirando il panorama che ci si presentava davanti, ovverosia l'intera distesa di acqua illuminata dalla luce della luna.
"Hai mai pensato a un futuro insieme a qualcuno e che sia per sempre?" Chiesi genericamente per non destare sospetti
"Intendi con qualcuno romanticamente?"
Le feci cenno di sì.
"Alcune volte. Ma poi ripenso a ciò che ci diceva sempre papà e alla fine smetto di illudermi"
"Nonostante tu viva qua?" Domandai indiscretamente
"Anche se qua la situazione è un po' diversa da quella che c'è dall'altra parte dell'oceano, le regole sono sempre le stesse, ovverosia il più forte vince sempre, comanda sempre. E per essere forte, non devi provare determinati sentimenti, nonostante sia difficile la maggior parte delle volte."
"Non hai mai amato qualcuno da farti pensare di buttare all'aria tutto, le regole, il sistema, la tua gente, e di vivere e stare con quella persona per sempre perché ella ti rende felice e tira fuori il meglio di te?"
"Certo, ma penso anche alle altre diverse possibilità, prima di fare qualsiasi azione che riguarda questo, mi pongo infinite domande, per esempio mi chiedo se il gioco vale la candela, se buttare tutto via per quella persona ne valga la pena, cosa farei se nulla andasse come avevo previsto, ma soprattutto mi domando se quella persona, a cui sarei disposta a dare il mio corpo e la mia anima, sarebbe capace di fare lo stesso con me, perché se la risposta è positiva, allora è quella giusta. L'amore è un gioco che va giocato in due, altrimenti non c'è gusto a farlo e soprattutto sarebbe scorretto se solo una persona ne fosse coinvolta"
"Quindi non hai mai trovato questa persona?"
"Qualcuno c'era, ma come ho detto non c'è gusto se giochi da solo. Ti racconterò tutto a tempo debito, sorellina. È meglio che torniamo dentro prima che ti ammali"
Feci come disse, tornai dentro ma quando stavo per aprire la porta mi disse: "Se è lei quella giusta, allora vattela a riprendere, dopo tutto le hai fatto una promessa no?"
"Come sai della promessa?" Le chiesi subito, voltandomi stupita.
"Ho letto la lettera e uno dei miei uomini vi ha sentito parlare"
"Sai dov'è in questo momento?" Chiesi con un tono pieno di speranza
Mi si avvicinò e mi sorrise, mi strinse fra le sue braccia con un caloroso abbraccio, poggiando la sua testa sulla mia spalla destra e mentre l'avvolgevo con le mie braccia, mi sussurrò: "non vedo l'ora di conoscerla"

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