Capitolo 12

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"Oppure ti dovrei chiamare Heda?" Continuò ella

"Luna" Fu tutto ciò che disse la comandante prima che un imbarazzante silenzio prese luogo in quella stanza, che adesso era diventata soffocante.

"Uno dei miei uomini ti ha trovata distesa per terra, ferita e incosciente, così ti ha portato qui da me, dove ti hanno curata e salvata da una possibile morte" Spiegò la ragazza, notando l'espressione confusa che aveva la terrestre dagli occhi smeraldo

"Sei stata in coma per due settimane e per la prima settimana, hai dormito supina sul letto, a causa delle ferite che hai riportato sulla schiena. Dovrai chiedere a Titus di rifarti fare il simbolo dell'ascensione, perché è completamente rovinato adesso" Affermò in un tono leggermente sarcastico.

"Resterai lì a fissarmi tutto il giorno o hai intenzione di dirmi qualcosa anche tu?" Domandò ironicamente la "padrona" di casa

"Dove mi trovo?" Chiese la mora stesa sul letto

"Benvenuta nel mio mondo, sorellina. Siamo su una struttura galleggiante, in mezzo al mare. Ci sono almeno cinquanta chilometri di acqua prima di toccare terra, quindi se hai intenzione di scappare, ti consiglio di rubare prima una barca e di non andarci a nuoto, soprattutto con quelle ferite" disse sarcasticamente Luna

"Cosa ti fa pensare che io voglia scappare?" Chiese con un tono serio, rendendo l'atmosfera pesante

"La vera domanda è perché mai non dovresti? Insomma, sei in un territorio sconosciuto, con una sorella che non vedi da anni e che potrebbe ucciderti da un momento all'altro. Quindi, perché non correre subito ai ripari prima che la situazione si faccia più rischiosa?"

"Perché sono una persona intelligente"

A quella risposta, Luna scoppiò in una sonora risata, tanto che il rumore si potesse sentire anche al di fuori della stanza. Ella trovava esilarante parlare con sua sorella, in primo luogo perché aveva piacere discutere con lei dopo tanto tempo, in secondo luogo trovava affascinante che Lexa riponesse così tanta fiducia in lei.

"E cosa ti renderebbe esattamente una persona intelligente?"

"Se avessi voluto uccidermi, l'avresti già fatto, ma anche se il tuo intento fosse solo quello di parlarmi prima e poi mettere fine alla mia vita, come prima cosa mi avresti chiesto le cose che più ti interessavano, in modo tale che una volta che io me ne fossi andata, tu avresti vissuto senza rimorsi di alcun tipo, senza se e senza ma. Eppure sono ancora qui, davanti a te, col cuore battente e la mente più lucida e riposata che mai, e tu sei ancora lì a fissarmi, cercando di capire quale sarà la mia prossima mossa, o meglio parola, perché, nonostante sia passato tanto tempo, la tua abitudine di osservare le persone, scrutarle in ogni loro minimo dettaglio, non è cambiata. Come non sono cambiati i tuoi sentimenti per me, perché se così fosse, questo incontro sarebbe accaduto prima e probabilmente una delle due avrebbe perso la falcoltà di vivere. Sei
sempre la stessa sorellina, non hai voluto uccidermi molti anni fa e non riesci a farlo neanche adesso, ed è per questo che so per certo che tu non mi ucciderai."

"Eh brava la mia sorellina, hai completamente centrato il punto. Adesso capisco perché eri la preferita di papà. Sei sempre stata la più intelligente, la più coraggiosa ma soprattutto la più enigmatica. Sei l'unica persona che non riesco a prevedere"

Lexa le sorrise di buon cuore e sua sorella le ricambiò il sorriso.
La distanza le aveva allontanate, più precisamente la scelta della padrona di casa l'aveva fatto, scelta che le aveva salvato la vita e che le aveva dato questa occasione di rincontrarsi con la sua famiglia.

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Gli esiliati stavano procedendo verso est, dove avrebbero trovato una lunga distesa d'acqua e un piccolo villaggio abitato da contadini di una razza sconosciuta, anche se si diceva che fossero uomini scappati dalla guerra.
Clarke era rinsavita, la collera e il rancore verso di lei si era attenuata e adesso il rapporto era buono tra i terrestri e il popolo del cielo.
Il gruppo non trovò ancora un luogo per stabilirsi, nonostante avesse girato gran parte del territorio non terrestre, ma nessuno voleva fare del male a nessuno o togliere gli averi a una o più famiglie, per cui ogni volta che giunsero in un villaggio, avevano proseguito. Speravano che questa volta potesse andare diversamente, che gli abitanti potessero essere più gentili e ospitali, ovvero ciò che non erano stati gli altri con cui avevano avuto già a che fare.

Clarke teneva segretamente e gelosamente una lettera per la sua amata, scritta in preda ai sensi di colpa e alla tristezza. Nessuno sapeva della sua esistenza, né sua madre, né i suoi amici, tanto meno i terrestri, che per i primi giorni, desideravano ucciderla.
Quel foglio era pieno di sentimenti, emozioni, positivi e negativi, che si contrastavano, che esprimevano vagamente ciò che in quel momento stava provando. Conteneva desideri, speranze e sogni che aveva, che voleva che si avverassero, ma purtroppo c'erano anche delusioni e rimpianti che la tormentavano e che desiderava che sparissero per sempre. Una lettera impregnata di lacrime e di dolore, rabbia e tormento, un pezzo di carta che significava tutto e niente, tutto per lei e niente per gli altri.
La custodiva attentamente nel suo zaino, in mezzo ai suoi vestiti, dove nessuno avrebbe messo mano, dove tutti avrebbero ignorato.
Non avrebbe mai permesso che qualcun altro oltre a lei, potesse leggerlo, non perché se ne vergognava ma per il solo fatto che avesse contenuti privati, informazioni che dovevano stare tra lei e Lexa.

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