Capitolo 13

156 44 0
                                    

Greta Jeson.

Sono nella mia stanza. Non sono, come mio solito, quando voglio stare tranquilla, distesa sul letto, ma seduta. Sono seduta sul letto e con il pollice della mano destra sfioro in continuazione le mie labbra. Ad ogni strofinamento le immagini di me e Noah che ci baciamo si presentano nella mia mente. Solo a pensarci ritornano i brividi.
Distolgo i miei pensieri e torno con i piedi per terra.
"Greta, calmati. Vuole che tu ceda!"
Coscienza del cavolo!
"Hai rovinato tutto."
In fondo hai ragione, ma ho provato una sensazione bellissima.
È stato il primo bacio che ho sentito a pieno. Un bacio come nei film, con me e lui come protagonisti. Devo essere sincera: mi ha scombussolata.
Sono piena di dubbi, perché lui è Noah: un ragazzo perfetto, ma con un carattere di merda e ha la capacità di farti uscire pazza in una maniera assurda!
Non devo cedere, almeno non adesso.
"Sì, perché? Pensi che potrebbe cambiare?"
Forse.
"Credici."

Non so che fare. Troppi pensieri, troppe paure e troppo tutto. Ho paura, paura di soffrire e di essere presa in giro. Vedo come cambia ragazza ogni settimana, si diverte. Anche se le ragazze, conoscendole, saranno delle povere illuse. Io non sono loro, non do nulla per scontato.
Ho bisogno di una doccia, potrebbe rilassarmi.

L'acqua scorre iniziando a bagnare la mia pelle. È calda, ma decido di farla un po' fredda, nonostante sia ottobre e faccia freddo. Quando l'acqua fredda scivola lungo la mia schiena mille brividi mi fanno tornare in mente Noah, quasi gli stessi brividi di quando mi ha baciata. Decido di insaponarmi e uscire subito dall'acqua. Per oggi basta pensare a Noah. Ancora resto dell'idea che tra noi ci sia solo odio.

Dopo essermi asciugata, lavata i denti, guardata allo specchio e, per l'ennesima volta, sfiorato le labbra, metto il pigiama e vado a dormire.

La sveglia suona. Con malavoglia apro gli occhi e spengo la sveglia. Non ho voglia di alzarmi, voglio stare a letto.
«Dormigliona, svegliati!» interrompe il mio sonno mia madre.
«Non voglio alzarmi» dico mettendomi sotto le coperte.
Mia madre dolce e simpatica com'è, prende le coperte e mi scopre completamente.
«Eh va bene!» dico in tono arrabbiato.
Mi alzo e mi chiudo in bagno. Mi guardo allo specchio, ripenso a ciò che è successo ieri e mi bagno la faccia con dell'acqua fredda. Scendo a fare la mia solita colazione: latte e cereali.
Dopo aver fatto colazione sistemo la mia stanza e mi preparo.
Aspetto la mia migliore amica che venga a prendermi.

Messaggio da: Julia.
"Sono qui fuori!"

Messaggio a: Julia.
"Okay"

Esco di casa, subito salgo nell'auto della mia migliore amica e ci indirizziamo verso la nostra scuola.

«Ehm... Non hai nulla da dirmi?» dice la mia migliore amica all'improvviso.
Divento rossa.
«Bhe...»
«Ti ho vista ieri...»
«Cosa!?» quasi urlo.
«Racconta. Dopo il bacio è successo altro? Com'è stato?»
«Ehi, calmati» dico.
«Tranquilla, non è successo nulla» aggiungo.
Fa spallucce poco convinta.

Dopo cinque minuti di silenzio dice: «Almeno com'è stato baciarlo?»
«Mhh... Bello, ma non dirglielo!»
«Ma non vi odiate?»
«Sì. Lui mi ha preso alla sprovvista, però a me non è dispiaciuto»
«Ah okay»

Siamo arrivate a scuola e per fortuna non abbiamo più parlato di me e Noah durante gli ultimi minuti di strada.

Siamo in classe. Noah è dietro di me. Solo al pensiero mi viene un vuoto allo stomaco.
Quasi alla fine della prima ora Noah mi tocca i capelli. Per un po' mi sono beata del suo tocco. Mi stava rilassando ed io odio chi mi tocca i capelli. Decido di non fare nulla perché, anche se volessi, non avrei la forza. Vorrei girarmi e urlargli contro che deve lasciarmi in pace e che se mi tocca di nuovo lo castro o gli amputo la mano.

Le ore successive ho cercato di stare lontana da Noah. Missione fallita, dato che me lo sono ritrovata accanto, perché il ragazzo che c'era prima ha ceduto il posto. Evitai di guardarlo, però lui mi guardava.

Finalmente l'ultima ora è finita. Devo tornare a casa a piedi perché Julia deve andare in un posto e non può accompagnarmi.
Finalmente mi sono tolta Noah di mezzo. Non che mi dia fastidio la sua presenza, ma stavo odiando l'imbarazzo che si stava creando.

Esco da scuola, percorro cinque minuti di strada e poi vengo affiancata da un ragazzo: Noah.
Decido di non dire nulla.
«Dove vai?» mi chiede.
«A casa» rispondo.
«Tu come mai sei qui? Non hai la macchina?» aggiungo.
«Volevo accompagnarti»
«Perché?»
«Mi andava»
«Mh, okay...»

Possibile che una cosa del genere possa essere "romantica"? Perché "Noah" e "romantica" non sono due parole che vanno d'accordo. Comunque sia, apprezzo. Anche se avrei preferito un'altra persona e non lui. Lo squadro dalla testa ai piedi. È bello. Poi quegli occhi... Mi ci perdo. Castano chiaro e alla luce del sole tendenti al verde. Li adoro.
Mentre mi perdo a guardarlo e a pensare ad ogni particolare del suo corpo, all'improvviso mi accorgo che siamo già di fronte casa mia, e più o meno ci impiego mezz'ora per arrivare con le scorciatoie.
«Bhe, io vado» non mi da tempo di fiatare che mi da un bacio fugace in guancia e se ne va.

I hate you, i love youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora