Capitolo 1

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Gli esami erano sballati, ma nessuno si era preoccupato più di tanto. Erano un po' alterati, apparentemente nulla di che, ma era prudente informarsi oltre, così andammo dal dottore per alcuni accertamenti.

"Noah sono solo degli esami, non è nulla di grave vedrai..." lo rassicurai stringendolo in un'abbraccio, prima del nostro turno. Era così agitato e io così sicura che fossero solo le paranoie, le stesse paranoie così comuni in famiglia, che mi faccio anch'io. Ma adesso sono qui, seduta accanto a lui, stringendogli forte la mano, sotto la scrivania del dottore. Ho le lacrime agli occhi che sgorgano abbondanti e veloci, senza nessun pudore. Quelle parole mi risuonano in mente così tante volte che non riesco a muovermi, ne a respirare, per un'attimo il tempo si ferma e capisco, che è davvero finita. Risento ogni volta quella conversazione, appena avvenuta, così schietta e crudele. Odio il dottore per come lo ha detto, con quale coraggio e indifferenza riesce a dire ad un paziente una cosa del genere.

"Quei banali sintomi sono causati dalla grave malattia di cui soffre: la leucemia. Le rimangono due mesi."  Poi aggiunge "Mi dispiace" Sono le uniche parole che ha avuto il dottore per mio fratello. Non riesco a crederci, perché? Stava così bene, perlomeno così sembrava. Per non parlare di quel "mi dispiace" che suona così falso. Infondo non è lui che sta morendo, giusto? È orribile, penso ancora. Riprendo atto della mia presenza in quella stanza, sono inebetita, ho la bocca aperta, me ne accorgo mentre istintivamente la richiudo. Chiudo gli occhi per scacciare le lacrime ma proprio non ci riesco, è più forte di me. Mi giro verso mio fratello e mi sento impotente davanti a ciò che lo sta uccidendo, questa volta non posso fare niente per fermare il male che lo affligge. La cosa più brutta è che non so cosa dire e mi odio per questo, lui ha sempre avuto parole di conforto per me. Non so se ce la farò, non so se ce la faremo, io, la mia famiglia, è davvero una cosa indescrivibile. Mia mamma è bianca in viso, cadaverica. Mio padre ha un'espressione dura, tesa, mentre lui è sempre così rilassato e vivace. Ho ripreso da lui, lui sta reprimendo i suoi sentimenti e potrebbe sembrare che siamo forti, per questo nostro comportamento, ma siamo i più fragili, nascondendo tutto, siamo una bomba ad orologeria. Posso soffrire io ma gli altri no, odio vedere le persone soffrire, soprattutto chi amo. Vedo un riflesso nel vetro della grande porta-finestra dell'ambulatorio: una ragazza piccola e gracile, bianca in viso, con gli occhi rossi e gonfi, la bocca pallida e le lacrime che sgorgano a non finire. Sono io, la ragazza del riflesso, quell'orribile creatura sofferente, che si chiama Aurora. Il dottore è sparito, ci ha lasciati da soli con i nostri pensieri. Ritorno nella realtà appena Noah cerca di attirare la mia attenzione sventolandomi la mano davanti al viso.

"Ehi, Aurora" non riesco a fare altro che piangere. "Dai, su, non piangere. Non hai sentito? Il dottore ha detto che forse c'è una cura" non ricordo di averlo sentito ma quel che davvero mi spiazza è la sua compostezza, non so cosa si provi in una condizione del genere ma probabilmente io non sarei così rilassata, questo è sicuro. Mi sembra di stare in questa stanza da un secolo, mentre, guardando l'orologio, constato che sono passati solo cinque minuti.

"Noah.." inizio con voce tremante. "...dimmi che guarirai!" Dico tutto d'un fiato, lui mi guarda e accenna un mezzo sorriso. "Solo se mi prometti che sarai sempre forte, per me". Non sono forte, forse non lo sarò mai, ma lo farò per lui. "Ok" mi asciugo una lacrima. "Sii forte per me, promettimelo" ripete. Io lo abbraccio forte, non m'importa se lo sto stritolando, se proprio deve morire, morirà così. Ma non lo farà, non può farlo. Dev'esserci una cura.

La Perfezione Del Caos 1 | B&FDove le storie prendono vita. Scoprilo ora