Capitolo 9

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All'inizio non ci credevo, ma il giorno dopo la notte trascorsa a parlare, Johanna ha accettato il fatto che volessi combattere contro la dittatura. Sapevo che il suo spirito guerriero sarebbe prevalso su quello della madre protettiva e responsabile. Ha accettato anche di addestrarmi insieme ad Haymitch. Mitch e la nonna mi sono venuti a trovare diverse volte per salutarmi, per vedere come stavo e per portarmi delle provviste. E ora sono qui. Con due settimane di allenamento mattina, giorno e sera, sono riuscita finalmente ad arrivare a metà strada. L'autunno ha iniziato a lasciare il posto all'inverno che non aspetta a rivelarsi. La preparazione fisica è eccellente e posso confermarlo grazie a diversi test che mi hanno preparato. Percorsi a ostacoli soprattutto.

Oggi è il mio diciassettesimo compleanno e mi hanno lasciato il giorno libero, però vorrei tanto che non lo avessero fatto. In giornate vuote come queste, i ricordi si comportano come fiumi in piena e gli argini lasciano che l'acqua fluisca fuori abbattendoli. Mitch non può chiudere la panetteria perché tutti sanno che questo è il giorno in cui sono nata e non può destare sospetti. Anche se è mio fratello, non voglio che i ricavi siano minori solo perché ha lasciato chiuso il negozio per lutto. La nonna è sempre in servizio perché, essendo una dottoressa, non può permettersi di restare a casa quando continuano ad arrivare feriti dalle miniere o persone affette da gravi malattie spesso contagiose. Sono sola. Johanna ieri sera è tornata al Distretto 7 per poter prendere degli abiti pesanti per entrambe ed Haymitch... Figuriamoci! Preferisce il liquore a me anche se non gli ho fatto nulla di male. Vorrei andare fuori, trovare un arco e provare a tirare, ma nessuno è intenzionato a uscire con questo freddo e non so se qualcuno saprebbe insegnarmi come utilizzare l'arma.

Me ne infischio delle temperature ed esco. Le nuvole sono nere e non lasciano passare neanche un piccolo raggio di sole. Rende tutto e tutti tristi questo tipo di tempo, ma a me piace particolarmente. Non so precisamente il perché, ma adoro l'odore che indica che la pioggia è in arrivo, le gocce che, cadendo dentro le pozzanghere, formano piccole onde in esse, la sensazione dei capelli bagnati, i fulmini che accendono il cielo e sembrano crepe su di esso e il profumo di fresco che si diffonde dopo il temporale.

La nonna mi ha fatto avere un libro che intendo leggere ora. Non l'ho mai aperto perché volevo aspettare il momento giusto ed eccolo qui. Con passi leggeri che, però, piegano comunque i fili d'erba, mi dirigo sotto l'albero da cui sono precipitata rompendomi le costole. Mi sento talmente diversa... Un giorno pensavo che i miei genitori fossero morti in un'incendio insieme ai miei due fratelli e poi, dopo aver trovato dei semplici ricordi, è cambiato tutto.

Stendo una coperta dal tessuto soffice e mi ci siedo sopra per evitare di bagnarmi tutta, appoggio la schiena al tronco bitorzoluto della pianta e avverto la spina dorsale abituarsi poco a poco allo schienale improvvisato. Piego le ginocchia per ottenere un poggia-libro e, con molta delicatezza, accarezzo la copertina di quello che dovrebbe essere il mio regalo. Apro la prima pagina.<<Manuale delle piante commestibili, non e con rimedi curativi>>.

Non è la stessa scrittura della lettera inviata da mia madre e di quella specie di monologo che ho ritrovato nel cassetto di Johanna. In fondo scorgo a caratteri piccoli due nomi: Katniss Everdeen & Peeta Mellark. Quindi forse è la scrittura di mio padre.

Giro la pagina. Come titolo c'è <<Katniss>>. A seguito ci sono spiegazioni con la scrittura di mia madre e alla facciata di fianco c'è un disegno molto dettagliato. È composta da un piccolo stelo verde da cui si ramificano dei boccioli. Tra queste due pagine sono infilati dei petali rinsecchiti e credo siano della medesima pianta.

Il secondo fiore analizzato è la primula. Primrose. Le spiegazioni hanno la stessa struttura della pianta precedente, le uniche cose che cambiano sono il disegno e i petali.

Un'improvvisa folata di vento fa girare i sottili fogli di carta e, quando riesco a fermarli, il libro è aperto alle ultime pagine. Sono vuote, ma tra di esse c'è una specie di bigliettino ingiallito e piegato più volte. Presa dalla curiosità, lo apro. È un ritratto. No. Non uno. Ne sono diversi uniti in un unico foglio. Un viso che non mi è affatto sconosciuto anche se in un certo senso lo è. Una didascalia in fondo a destra parla da sè: <<Katniss Everdeen>>. Mia madre mentre sorride, quando sta per scoccare una freccia, mentre abbraccia la sorella e mentre bacia lo stesso Peeta. Giro il foglio.

<<Perché quando sono triste voglio ritrovare il sorriso guardandoti anche se non ci sei>>

Forse una delle frasi più dolci che abbia mai sentito o letto. Incredibile la dolcezza di mio padre. Chissá come sarebbe stato se l'avessi conosciuto...

Un tuono mi distoglie dai pensieri e mi rimbomba nelle viscere. Finalmente pioverà. Peccato che non possa restare sotto la pioggia perché se mi prendessi un malanno, non so se ci sarebbero le cure necessarie e in più il libro si rovinerebbe. Devo evitare di perdere qualsiasi ricordo rinvenuto. Non ho visto il lampo, perciò penso di essere stata troppo presa dai disegni. Chiunque sarebbe potuto avvicinarsi e balzarmi addosso senza che io me ne accorgessi. Devo migliorare assolutamente i riflessi e l'attenzione.

Inizio ad incamminarmi verso casa quando le prime gocce iniziano a cadere. Passi lunghi, ma veloci. Come mi ha insegnato Johanna. Sento la catenina con la perla sbattermi sulla giacca e con la coda dell'occhio la vedo anche rimbalzare su di essa. Ormai per me è un simbolo. Come la ghiandaia imitatrice lo era per mia madre. Poi il fatto che la nonna ne abbia fatto una collana è come se per me fosse diventata ancora di più di valore.

Apro la giacca di tessuto pesante e metto dentro il libro per cercare di farlo bagnare il meno possibile. Quando, finalmente, raggiungo la porta di casa e la chiudo dietro di me, inizia a piovere violentemente. Possiamo definirlo un colpo di fortuna.

Volendone sapere di più, mi siedo sul davanzale con la gamba sinistra penzoloni e continuo a scrutare le immagini, i nomi e le informazioni. Potrebbero sempre servirmi se dovessi scappare in un bosco e non avessi un minimo di viveri o cure mediche. Vengo a conoscenza di piante di cui non sapevo neanche l'esistenza. Appoggio la fronte al vetro. Ghiacciato. Di solito sopporto il freddo, ma la lastra trasparente è così gelida che sembra che mi stiano conficcando tanti piccolissimi aghi sulla parte interessata. Piove a vento e le gocce si schiantano contro la finestra e, dopo un momento di pausa, iniziano a scendere caute a meno che il loro percorso non venga interrotto da altra pioggia. Quando al Distretto 7 pioveva a dirotto e non sapevamo come passare il tempo, io e Johanna sceglievamo una goccia e scommettevamo su quale delle due sarebbe arrivata prima al fondo della finestra, ma parliamo di otto o nove anni fa. Col crescere ho perso l'abitudine di fare questo gioco e mi sono dedicata più a leggere o a disegnare (nel quale mi reputavo una frana e tutt'ora lo stesso).

Il mio compleanno... Lo ritengo un giorno come tutti gli altri, alla fine non ha senso festeggiare. Il tuo corpo cresce, la mentalità anche, ma indipendentemente dall'età che hai. Puoi avere dodici anni, essere alto come un ragazzo di sedici e avere il cervello di uno di otto. L'età secondo me è solo un pretesto dell'uomo per ritenersi superiore a chi è presente in questo mondo da meno tempo di lui.

Un lampo e subito dopo un boato quasi assordante. Il temporale peggiora. È veramente da tanto tempo che non pioveva nonostante fosse l'autunno.

Chissà cos'avremmo fatto adesso se fossimo stati tutti insieme. La famiglia Mellark. Papà, mamma, Primrose, Mitch e io. Tutti sui divani davanti al caminetto che contiene un fuoco crepitante e caldo. La ragazza in fiamme diventata donna è accoccolata al ragazzo del pane anch'esso cresciuto mentre io leggo distesa sul soffice tappeto, Primrose disegna e Mitch porta dei biscotti appena sfornati. Un sogno. Magari a qualcuno sta succedendo proprio questo nel preciso istante in cui lo sto pensando, ma immaginare senza provare mi fa male. Avrei potuto avere una vita adagiata, felice e piena di amore datomi dalla mia famiglia, consapevole del fatto che essendo la più piccola avrei ricevuto molto affetto.

Sento delle gocce sulle guance. Vorrei tanto che fosse la pioggia che entra da qualche parte, invece sono le mie stesse lacrime. Mi riscaldano gli zigomi freddi e arrossati dalle temperature, superano il naso e mi bagnano gli angoli della bocca lasciandomi il familiare gusto salato.

La porta si spalanca all'improvviso. Penso ad una folata di vento, ma mi sbaglio. Mi asciugo immediatamente le lacrime e balzo in piedi pronta per attaccare.

𝐇𝐮𝐧𝐠𝐞𝐫 𝐆𝐚𝐦𝐞𝐬-𝐏𝐨𝐬𝐲 𝐌𝐞𝐥𝐥𝐚𝐫𝐤Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora