Capitolo 12

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"Markus? Markus Clare? Che ci fa qui?" domanda con un tono di rimprovero misto a sorpresa.

Non so cosa dirgli. Volevo che lo scoprisse, ma non in questo modo. E ora sono qui. Bloccata sugli ultimi scalini con Markus che mi stava per venire addosso facendoci fare un capitombolo ad entrambi. Non so che espressione abbia dipinta sul viso, ma non credo esprima felicità e spensieratezza. Johanna evita lo sguardo di Mitch e si concentra su di me. Mille emozioni le passano sul volto, ma quella che prevale su tutte è lo stupore.

"Esigo una risposta." insiste espirando rumorosamente.

"La devo allenare." risponde prontamente Markus.

"E quanti istruttori ci vogliono per una singola persona? Poi tu che sei appena tornato a casa dal Tour della Vittoria sei venuto al Distretto 12 per una ragazza di cui non sapevi neanche l'esistenza?"

"Gliel'ho detto io, della sua esistenza." ribatte Johanna prima che possa farlo Markus dando una risposta errata.

Mitch assume un'espressione dubbiosa "Non l'hai mai riferito a nessuno, tantomeno ai parenti, e ora hai svelato questo delicato segreto ad un estraneo, che ultimamente è sotto controllo da Capitol City?" fa una risata finta "Tse! Ti credevo più matura, più responsabile."

Johanna e Markus mi stanno difendendo. La prima mi conosce dalla nascita, ma il secondo mi ha visto meno di ventiquattro ore fa. Non tocca a loro giustificarmi. L'errore l'ho commesso io. Avrei dovuto dirgli tutto sin dall'inizio.

"Se non sbaglio..." si riferisce a Markus "Tu hai vinto grazie alle tue abilità del tiro con l'arco..."

Anche se non lo vedo, so che ha accennato di sì.

"Ho capito, ho capito tutto." dice incrociando le braccia al petto e facendo trasparire anche sotto il cappotto dalle forme morbide i bicipiti tipici dei fornai "Posy, ti ho detto che..."

"Hai anche detto che nostra madre ha dato inizio ad una rivolta. Pensa a me, identica a lei, in piazza. Sai gli scompigli che potrei creare nei distretti alla vista della figlia di Katniss Everdeen e Peeta Mellark? La figlia dichiarata morta da Capitol City e dalla Snow?" in bocca avverto il sapore del sangue. Devo essermi morsa la lingua e talmente con tanta forza da ferirmi.

"Ma ho aggiunto che nostra madre non ha mai avuto intenzione di accendere gli animi. Capisci?" dischiude nuovamente le braccia per poi portarsele sui fianchi chiudendo a pugno entrambe le mani. Mi domando come non si stia facendo male perché, vedendo le nocche, sta esercitando una pressione dei palmi che potrebbe farlo sanguinare da un momento all'altro "Forza. Tu vieni con me." mi ordina prendendo il mio cappotto dall'appendiabiti.

Mi stupisco, ma la mia risposta è decisa e chiara "No."

"Siete tutti in pericolo. Perché due vincitori dovrebbero essere al Distretto 12 quando una è del 7 e l'altro dell'11? Vi troveranno e, quando lo faranno, tu sarai nei guai più di loro." risponde indicandomi con un gesto del mento.

"Voglio rischiare." ribatto seccamente "Ragazzi dai dodici anni ai diciotto vengono massacrati e io sono uguale a tutti gli altri."

La pioggia batte ancora insistentemente sui vetri e anima i minuti di silenzio creati dall'imbarazzante situazione. Vorrei che finisse qui, che lui si girasse e se ne andasse a casa. L'unica ragione è che è preoccupato. Preoccupato di perdere una sorella che ha conosciuto da un mese ormai, preoccupato che io possa subire le torture che ingiustamente ha ricevuto lui, preoccupato del fatto che io voglia sembrare mia madre per farla pagare ad una persona che, secondo lui, mi fulminerà nel preciso istante in cui mi farò vedere.

Mitch è grondante d'acqua e le luci della casa giocano con il colore dei suoi capelli che sono attaccati alla fronte e alla nuca.

"Non riuscirò a farti cambiare idea finché non l'avrai provato sulla pelle. Spero sia convinta di quello che fai." detto questo mette al suo posto il mio giubbino, si gira e va via.

Mi sento cedere le gambe, come se le ossa si fossero fuse dentro di me lasciando solo un ammasso di muscoli troppo pesanti per essere retti senza di esse. Prima che possa cadere dalle scale, finisco a scendere gli ultimi gradini e mi dirigo alla porta sotto gli sguardi ancora scioccati di Johanna e Markus. Staranno pensando che voglio seguire mio fratello, invece no. Voglio solo uscire sotto la pioggia e andare nella casa coniugale dei miei genitori.

Le lacrime si confondono con le gocce di pioggia e i fiori che avevo portato la settimana scorsa sono già appassiti. Sarà per le temperature, sarà perché sono stati strappati dalla loro fonte vitale. Li ho sottratti alla vita, come hanno fatto con loro. Katniss Everdeen e Peeta Mellark.Tra qualche giorno saranno diciassette anni che sono morti. Avrebbero potuto passare l'intera vita insieme, invece sono morti giovani.Trentatré anni non vissuti neanche bene grazie a Capitol City. Penso che a mia madre fosse entrata in testa l'idea che non meritasse più di vivere perché per due volte ha fallito nel suo intento.

Sono fradicia dalla testa ai piedi e in questo momento sta iniziando a tirare un'aria fredda che mi arriva fin dentro le ossa. Non mi importa di prendere la febbre o il raffreddore o la tosse. La conversazione con Mitch mi ha scombussolata nonostante non mi abbia detto nulla di che, ma quelle poche parole mi hanno fatto capire che non ripone fiducia in me ed essendo mio fratello dovrebbe averla. Mi porto le mani sul viso.

<<Spero sia convinta di quello che fai>> sì. Lo sono. Lo sono eccome. Tutte le persone che non credono in me hanno qualcosa da poter vendicare, eppure ho l'impressione che abbiano gettato la spugna. Come se, visto che nella 77esima edizione sono morti tutti i vincitori tranne uno, si fossero sottomessi totalmente al volere della Snow. Non so cosa mi aspetti lì fuori, ma so per certo che ci sarà una guerra. Una guerra causata da me.

Inizio a tremare sia per il freddo che per il nervoso e di tanto in tanto ho uno spasmo che mi fa uscire dei gemiti soffocati. In lontananza sento chiamare il mio nome, ma ignoro. In queste occasioni vorrei essere lasciata sola e ora che di mezzo c'è la pioggia lo desidero ancora di più. Mi sposto staccando la schiena dal muro della casa e gattonando mi avvicino alle tombe dei miei genitori. Appena sono perfettamente in mezzo, crollo in posizione prona e mi giro mettendomi a pancia in su. La pioggia insistente mi entra negli occhi e mi bagna le ciglia dandomi una sensazione fastidiosa, ma mi limito a chiudere le palpebre che non tardano a raffreddarsi.

Forse sogno, oppure ho le allucinazioni, ma di fronte a me compare mio padre. Non ha l'aspetto di essere vecchio, ma è giovane, proprio come le foto che ho ritrovato. Si china su di me e mi mette un braccio sotto le ginocchia e l'altro dietro la schiena. All'inizio non capisco, ma poi arrivo alla conclusione che vuole prendermi in braccio. Giurerei che ha un alone biancastro ai contorni del corpo che gli attribuiscono un aspetto angelico. La testa pesa e la lascio cadere all'indietro. Allungo una mano e cerco di accarezzargli la guancia, sembra tutto così reale. La pelle risulta morbida al tatto, ma allo stesso tempo pungente per la poca barba incolta che neanche si nota. Dietro di lui compare mia madre. Bellissima e seducente come è sempre stata. Mi accarezza dolcemente la fronte e una sensazione di calore si irradia in tutto il corpo. I due si scambiano uno sguardo e un sorriso pieno di malinconia, poi tornano a guardarmi.

"Ti amiamo." leggo dalle loro labbra poiché l'udito sembra mancarmi. All'improvviso, così com'erano comparsi, spariscono, ma non sento l'erba solleticarmi i palmi delle mani e la schiena premuta sulla terra bagnata e compatta, bensì un tessuto morbido molto famigliare. Non intendo sapere dove sono o se è tutto frutto della mia immaginazione perciò mi abbandono alla stanchezza.

Quando inizio ad aprire le palpebre, un filo di luce entra attraverso le tende non perfettamente chiuse. Sono nella camera di mio padre. Com'è possibile? Mi guardo attorno come se non conoscessi il luogo e nella penombra intravedo una figura. Una figura che mi fissa con occhi talmente scuri che riesco a distinguere solo grazie alla sclera. Vedendomi sveglia, si avvicina e si piazza davanti al fascio di luce.

𝐇𝐮𝐧𝐠𝐞𝐫 𝐆𝐚𝐦𝐞𝐬-𝐏𝐨𝐬𝐲 𝐌𝐞𝐥𝐥𝐚𝐫𝐤Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora