Dan stava tremando, le lacrime sulle guance si erano asciugate lasciando la pelle secca. I respiri pesanti si trasformarono in piccoli piagnucolii, si stava ancora abbracciando da solo, era ancora a letto con la maglia contro il petto. Il pianto smise lentamente, talvolta si riuscivano ancora a sentire alcuni singhiozzi nella stanza, ma le lacrime si erano fermate. Probabilmente, pensò Dan, non aveva abbastanza liquidi nel corpo per continuare a piangere. Da quanto tempo se ne stava così? Un'ora? Un'ora e mezza? Deglutì e sospirò, strinse ancora di più la presa. Sentì le costole sporgenti, le contò nella propria testa. Si sentiva totalmente devastato.
"Non ci posso credere." Sussurrò a sé stesso tirando su con il naso. "Faccio schifo. Sono magrissimo e orribile. Sono inutile. Sono un nulla. Se Phil mi vedesse in questo stato, mi odierebbe anche lui, sarebbe deluso. Mi sto facendo patire da solo la fame. Sono un casino."
Dan fece un altro respiro e si sedette, si passò la mano tra i capelli quando la testa iniziò a girargli. Osservò velocemente la stanza, fermando lo sguardo sulla tastiera impolverata nell'angolo. Si stropicciò gli occhi, poi tornò a guardare lo strumento e aggrottò le sopracciglia. Tirò ancora su con il naso e si alzò in piedi, traballò un attimo sulle proprie gambe. Teneva la maglietta tra le mani, la guardò per alcuni secondi prima di indossarla. La sistemò passandoci sopra i palmi delle mani, si morse il labbro quando incontrò lo sguardo di gengar. Avvicinandosi lentamente alla tastiera, si lasciò andare sullo sgabello. Rimase a guardare per alcuni istanti i tasti coperti di polvere, si sporse in avanti e soffiò. Fece un respiro profondo e accese lo strumento, appoggiò le dita. Sette anni. Erano passati sette anni dall'ultima volta che aveva visto un pianoforte. Suonò le prime note della canzone, l'altra mano si unì e continuò a suonare. Le dita scivolavano sui tasti, come se qualcuno le stesse accompagnando. Dan non riusciva a distinguere le note o a suonare più lentamente, le sue mani sapevano cosa fare e a che ritmo. Sapeva che questa non fosse una canzone qualunque, era la canzone. La canzone che aveva suonato per Phil nella galleria d'arte. La canzone che aveva suonato quando era svenuto a Natale. La canzone che aveva suonato infinte volte durante le lezioni di pianoforte.
Non era una canzone qualunque. Non era semplicemente la canzone.
Era la loro canzone.A quanto pare il suo corpo aveva trovato altre risorse di liquidi, perché poco dopo Dan iniziò a piangere di nuovo. Anche se in quel momento vedeva tutto sfocato, le sue dita riuscivano comunque a farsi strada sui tasti. Una lacrima cadde dalla guancia quando suonò le ultime note. Tenne ferme le dita fino a quando il suono non si dissolse completamente. Con un lieve sospiro, fece scivolare via le dita dai tasti.
Un forte rumore lo fece sobbalzare e strillare, si coprì la testa con le braccia per proteggersi. Schegge di vetro si sparpagliano per la stanza, colpendo anche la schiena di Dan. Il frastuono durò solo per un secondo, poi la stanza cadde nel silenzio. Si scoprì lentamente la testa, guardò al muro davanti a sé, riprese a respirare velocemente. Degli ansimi provenivano da dietro, si sentiva il vetro che veniva trascinato sul pavimento. Dan stava tremando dalla paura. Un demone? Un assassino? Un demone assassino? Slender man?
"Non sono sicuro se sarai tu il più adatto ad insegnarmi come atterrare." Disse una voce profonda e famigliare alle sue spalle. Dan si immobilizzò e trattenne il respiro. Sentì ancora il vetro muoversi, la persona si era alzata. I passi si avvicinarono a lui, si fermarono proprio dietro le sue spalle. Dan era ancora troppo scioccato per muoversi. Ci fu un silenzio tombale per alcuni secondi. Riprese a respirare e lentamente si voltò, guardò dritto in un paio di occhi blu. Brillavano di felicità, gioia e vita.
"P-Phil..?" Balbettò Dan. Non stava solo guardando negli occhi dell'altro, qualcosa aveva catturato la tua attenzione. Spalancò gli occhi quando vide cosa c'era alle spalle del ragazzo. Due enormi ali, quasi grandi quanto le sue, se ne stavano sulla sua schiena, le piume andavano da un verde acceso a un azzurro alle punte. Phil ridacchiò, la lingua spuntava dalle labbra come al solito. Con un po' di difficolta mosse le ali su e giù un paio di volte.
"Già. Mi devo ancora abituare." Disse in tono scherzoso, poi mormorò 'scusa' quando fece cadere a terra qualcosa dal comodino di Dan. "Volare è più difficile di quanto pensassi, sai?"
Phil sorrise al ragazzo, che singhiozzò e si asciugò il naso. Dan si alzò dallo sgabello con la bocca leggermente spalancata e si mise di fronte a Phil. Le sue pupille si dilatarono e deglutì la poca saliva che gli era rimasta. Alzò la mano, come se dovesse controllare che Phil fosse davvero lì, che non fosse tutto un'allucinazione. Phil ridacchiò di nuovo e alzò anche lui la mano, mettendo palmo e dita contro quelle di Dan. Le ali di quest'ultimo si spiegarono, la stanza si riempì dalla luce che iniziarono improvvisamente ad emanare. Phil strabuzzò gli occhi e fu il suo turno a spalancare la bocca mentre guardava le ali dell'altro. Tutti i colori delle sue piume ritornarono, ora più brillanti che mai. Intrecciarono le dita, Dan sbatté un paio di volte gli occhi e guardò le proprie ali, poi di nuovo Phil.
"Phil!" Esclamò facendo scontrare le loro labbra. Il bacio fu diverso da tutti quelli che avevano avuto prima d'ora; questo era pieno di passione e amore. Dopo alcuni secondi si staccarono, rimasero l'uno contro la fronte dell'altro e sorrisero. Dan notò che le guance di Phil erano umide, pensò che fosse perché anche le sue lo erano. Poi Phil tirò su col naso e sorrise ancora di più, facendo capire a Dan che stesse piangendo anche lui.
"Non piangere, amore." Ridacchiò asciugandogli le lacrime.
"Solo se mi prometti che neanche tu lo farai." Phil sorrise e appoggiò le labbra su quelle del suo ragazzo. "Ti amo."
"Ti amo amo anche io." Sussurrò, avvolgendo le braccia al corpo del maggiore. Con le mani accarezzò la base delle sue ali. "Come sono spuntate qui queste?"
"È una storia lunga." Sorrise. "Ma abbiamo tempo ora, no? Abbiamo solo qualche migliaio d'anni."
"Cosa?" Sussurrò, staccandosi dall'abbraccio e guardandolo incredulo. "S-sei... S-sei un..?"
"Si, tesoro." Rise Phil. "Non lo avevi capito?"
"Questo vuol dire che tu... che noi..." Singhiozzò il minore. Phil gli accarezzò una guancia e annuì.
"Possiamo stare insieme adesso." Sul viso d'entrambi si aprì un enorme sorriso. "Possiamo dirlo a tutti, non è più illegale stare insieme. Possiamo fare quello che vogliamo. Possiamo tornare a scuola, diplomarci. Possiamo comprare una casa. Possiamo pure adottare dei bambini! Possiamo stare di nuovo insieme!"
"Per sempre?" Domandò Dan sottovoce. Phil sorrise e appoggiò ancora le labbra su quelle del suo ragazzo. Si staccarono, Phil mise una mano sul fianco di Dan e lo guardò negli occhi.
"Per sempre"
Note:
Siamo arrivati alla fine di Libertas Volandi. Per quanto mi riguarda è stato un viaggio lungo e faticoso, ma si è concluso benissimo. Per fortuna è finito tutto per il meglio e i nostri due Optimi vivranno per sempre felici e contenti, letteralmente.
Scriverò un ulteriore parte dove spiegherò diverse cose sulla storia e progetti futuri.
Alla prossima!
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Libertas Volandi (Phan) [Italian Translation]
FanfictionPhil Lester odia il suo collegio. Odia il fatto che non abbia amici e che venga costantemente bullizzato. Odia che tutti gli ridano alle spalle, o che lo chiamino con certi nomignoli. E odia assolutamente il suo nuovo compagno di stanza. Dan Howell...