5°Capitolo_Bandages

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5.Bandages

-Ho detto, siediti! -
-E io ti ho detto di no -
Sembriamo due bambini. Siamo appena tornati al castello, siamo riusciti non so come a passare inosservati ed entrare in infermeria ed ora quel coglione non vuole farsi mettere delle bende. Sembra un bambino di due anni a volte, è insopportabile.
Mi avvicino a lui e incrocia le braccia.
-È inutile che mi trascini, non mi –si blocca all'improvviso per imprecare quando decido di tirargli un calcio non troppo forte nella caviglia ferita. –Ma sei deficiente?! –mi urla contro mentre io approfitto del momento per farlo sedere su un lettino lì vicino.
Lo sento sbuffare mentre io apro un cassetto e ne tiro fuori bende, stecchetti e altri materiali che mi possono servire.
-Devo sempre usare le maniere cattive per convincerti. –mi lamento. –Togliti lo stivale, ho paura di farti male -
-Tu hai paura di farmi male? Mi hai appena rotto definitivamente la caviglia con un calcio –dice sfilandosi lo stivale e metterlo di fianco a sé.
-Quello era voluto- dico inginocchiandomi e prendere la caviglia tra le mani.–Oh porca –mi blocco lasciando intendere. La caviglia si è gonfiata più del previsto e nella zona in cui ha dato la storta si stanno formando chiazze rosse tendenti al viola.
-Tch, metti quella benda e stai zitta, non è niente –dice guardando da un'altra parte. Di sicuro non gli piace essere medicato da altri, gli piace fare sempre tutto da solo ma questa volta non glielo permetto.
Inizio ad avvolgere la benda partendo da metà piede. So che non servirà a molto, ma bisogna tenere più fermo possibile e a riposo la caviglia ma, visto che dobbiamo ancora tornare dentro le mura, non riposerà molto la caviglia.
Stringo bene la benda e incomincio nell'impresa titanica di farla rimanere ferma. Dopo qualche minuto senza alcun risultato, sento Levi sbuffare e muove la gamba per darmi un calcio alla spalla facendomi sbilanciare e cadere all'indietro.
-Tch –lo sento mugugnare come per ridacchiare. Ma, quando alzo lo sguardo, non sta ridendo. Mi guarda serio mentre cerca di sistemarsi la benda da solo. Mi alzo di scatto e raggiungo la sua stessa altezza.
-Lascia fare a me. So come si fa –dico riprendendo in mano il lembo della benda dalle mani del ragazzo. Ha poggiato il piede sulla riva del lettino e devo rimanere in piedi per aggiustargliela al meglio. Lo facevo sempre quando mia madre tornava a casa dopo aver fatto delle spedizioni fuori e aveva delle ferite, semplicemente dovevo trovare il punto giusto per chiuderla bene, se no si sarebbe sciolta.
Sento i suoi capelli solleticarmi la fronte e il suo respiro sulla mia pelle.Non sono mai stata così vicino a lui intenzionalmente per un periodo così prolungato.
-Sei proprio testarda –commenta mentre io trovo finalmente il punto in cui incastrare la benda.
-Fatto –dico fiera del mio operato. Lo vedo guardarsi le bende e scendere dal lettino. Sia da seduto che da in piedi è più alto di me, questa cosa mi urta.Mi fa sentire bassa, molto bassa visto che lui in generale è basso per la sua età e per il fatto che sia un maschio.
Si rimette lo stivale mancante ma, quando lo vedo zoppicare per andare verso la porta, sento un tuffo al cuore e un senso di colpa mi pervade. Prima di aprire la porta, si gira verso di me ma si blocca prima di dire qualsiasi cosa avesse intenzione di pronunciare prima di vedere la mia espressione.
-Che hai? –chiede mollando la maniglia.
Abbasso lo sguardo quando i suoi occhi incrociano i miei e mi appoggio al lettino su cui era seduto pochi secondi prima posando le mani sulle morbide lenzuola. Scuoto la testa, indecisa se dirglielo o no. Mi avrebbe di sicuro dato contro e non ne avevo proprio voglia.
-Niente, lascia stare – dico guardando dalla parte opposta a lui, verso la finestra di fianco al letto. Silenzio, quando penso proprio che se ne sia andato sento una mano poggiarsi sulla mia coscia e sussulto girandomi di scatto. Incontro immediatamente i suoi occhi ghiaccio a pochi centimetri da me e mi allontano di poco per la sorpresa.
-TN – spalanco gli occhi. Non mi chiama quasi mai per nome, è sua abitudine chiamarmi con nomignoli più o meno offensivi e sentire il mio nome da lui è sempre sorprendente. Mi chiama così solo quando parla seriamente. –Ho deciso io di fare quello che ho fatto, non sentirti in colpa di niente. La colpa è solo mia che non ho messo bene il piede -
-Ma ora non potrai combattere e tra poco avremo una spedizione importante con Eren! -
Toglie la mano dalla mia gamba per incrociare le braccia e io sento all'improvviso freddo in quel punto.
-Sei il soldato più forte dell'umanità insieme a me, te la puoi cavare. -
-Ma senza di te è diverso! –sbotto all'improvviso senza pensare. Mi guarda sorpreso. –Io...ho sempre guidato la squadra insieme a te. Ho sempre combattuto insieme a te. Se ero in pericolo tu ci sei sempre stato e viceversa! -
-In verità ho sempre salvato il culo io a te, non il contrario, ma posso passarci sopra -
Lo guardo male mentre lui si posiziona esattamente davanti a me e si avvicina nuovamente. Siamo nella stessa posizione di prima, solo che lui adesso è quello in piedi.
-Levi...- oggi siamo in vena di nomi. Lui che mi chiama TN invece che mocciosa o marmocchia e io che lo chiamo Levi invece che nano o nanetto.
-Te la caverai benissimo. Sarai un perfetto capitano anche senza me a pararti il culo –
-Tu non mi pari il culo –rispondo.
-Vogliamo riparlare di quello che è successo prima? Te l'ho salvato due volte nel giro di 5 minuti -
Lo guardo confusa. Mi ha salvato col titano ma la seconda?
Sbuffa seccato e guarda per qualche secondo da un'altra per poi ritornare sui miei occhi CO.
-Al fiume stavi per cadere e io-
Ho un lampo di genio e lo fermo mettendo le mani avanti sventolandole velocemente.
-Ho capito, ho capito –dico bloccandolo per evitare di ricordargli il bacio.Non ne avevamo ancora parlato, forse non ce n'era neanche bisogno, ma era comunque stato abbastanza imbarazzante.
-...e mi hai baciato –continua dopo qualche momento di silenzio. Trasalisco e mi allontano da lui quanto più posso andando all'indietro. In questo momento potrei battere qualsiasi record di limbo.
-Q-Quello non era voluto –dico. Perché balbetto?!
Sei anche arrossita.
COSA?!
-E sei arrossita –continua imperterrito.
-MA BASTA! –sbotto all'improvviso mentre la porta si apre di scatto rivelando Erd e Gunther.
-Oh! Caporale TN, Caporale Levi, eravate qua –dice Erd sorpreso di vederci in quella sottospecie di infermeria allestita da Hanji.
-È successo qualcosa? –chiede Levi guardando nella loro direzione e incrociando nuovamente le braccia al petto. Per fortuna ha distolto l'attenzione da me, mi stava facendo imbarazzare.
-In verità...Hanji è impazzita –dice Gunther grattandosi la nuca.
-Cosa? –chiedo confusa.
-Stiamo cercando di capire chi abbia ucciso Sawney e Bean, ma nel mentre lei si è chiusa in stanza e non è più uscita -
Io e Levi ci guardiamo per qualche secondo.
-Erwin ha detto che sarà meglio se torniamo entro stasera. Ha detto che ha bisogno di preparare la spedizione con voi e dovete prepararvi -
Semmai io mi devo preparare, Levi non andrà da nessuna parte, non in queste condizioni.
-Va bene. Prendete le vostre cose e incontriamoci alla stalla tra quindici minuti, partiamo subito –dice Levi avviandosi verso la porta. Cerca di nascondere il dolore, ma non riesce ancora a non far vedere lo zoppicamento. Se l'è appena fatto e il dolore è solo all'inizio.
-Caporale, correggetemi se sbaglio, sta zoppicando? –chiede Erd guardando molto intensamente le gambe e l'andamento del ragazzo.
-Non-
-Sì- lo interrompo prima che potesse negare tutto. Ci mancava solo che mentisse a loro. Dovevano regolarsi nei combattimenti, sapere se il caporale ci sarebbe stato o no. Certo, c'ero sempre io ma...non ero lui.
Mi lancia un'occhiataccia e io faccio le spallucce, fregandomene altamente.
-Prima abbiamo incontrato un titano e, salvandomi, si è distorto la caviglia.Niente di grave, ma per il momento il caporale è fuori uso –dico avvicinandomi a lui e picchiettandogli la spalla più volte sotto il suo sguardo fulminante.Mi vengono i brividi alla schiena, mi sta letteralmente trapassando da parte a parte, è inquietante.
Prima che possano rispondere, spingo Levi fuori dalla stanza e andiamo verso le nostre. Continua a guardarmi male, so che è tempo di pochi minuti prima che lui mi dica qualcosa.
-È inutile che mi guardi così –dico incrociando le braccia dietro la testa –Loro devono sapere se sei in grado di aiutarli o meno.A seconda di questo dosano la loro forza, finirai per ucciderli se non gli dici la verità -
-Questi non sono affari tuoi, non sai se sono capace o meno di combattere –
Alzo le spalle e guardo il modo in cui cammina.
-Non penso che con quella ferita tu riesca a muoverti come fai di solito –
-Non vuol dire neanche che non riesca a combattere –dice fermandosi davanti alla porta della sua stanza.
Sospiro. Inutile continuare questa conversazione, tanto lui continuerà a ribattere.
-Ci vediamo dopo –dico aprendo la porta della mia stanza.
-Non fare tardi come tuo solito e non addormentarti. Non mi va di buttarti giù dal letto di nuovo –sento dire dietro di me.
-Non potresti comunque –dico chiudendo la porta prima che possa dire qualcos'altro. Non lo sopportavo, mamma mia non lo tolleravo. Eppure alcune volte riusciva ad essere gentile e ...simpatico. Sì, sono aggettivi abbastanza strani da attribuire a lui, ma è così.
-Caporale Levi! Ho sentito dire che si è infortunato, ha bisogno di qualcosa? –sento dire dall'altra parte della porta. Petra. Oramai lo sanno tutti, è innamorata del caporale Levi ma non riesco a capire se lui contraccambi o no. Di solito riesco a capire velocemente cosa pensi delle persone il nanetto, ma quando osservo il suo sguardo posato su quella ragazzina non riesco a decifrarlo.
Sarebbero carini insieme dopotutto.
-No, sono a posto, grazie –risponde lui.
Sospiro per poi sentire una porta chiudersi dopo dei saluti.
-Non ti hanno insegnato a non origliare? –sento all'improvviso un po' più forte. È la voce del nanetto, ma dove è?
Mi guardo intorno fino a quando non vedo un buchetto nella parete che divide le nostre due stanze.
-Ma sei serio? –chiedo avvicinandomi per farmi sentire.
-Tranquilla, non ti ho spiato mentre ti cambiavi – dice all'improvviso. Sento le guance imporporarsi nuovamente e tiro un calcio alla parete.
-Il fatto che tu abbia tirato fuori l'argomento dal nulla mi fa pensare esattamente il contrario, deficiente! -quasi urlo.
-Tch, non sono un pervertito –dice. Sento dei rumori, segno che lui sta preparando la sua roba da portare via.
-Questo è da vedere. Hai pur sempre 24 anni -
-E allora? Anche quando ne avevo 16 non ero un pervertito –dice subito dopo un tonfo.
-Tutto bene? –chiedo riferendomi al rumore che ho appena sentito.
-Sì, solo uno scatolone –
Seguono alcuni minuti di silenzio.
-Seriamente non eri pervertito a 16 anni? Tutti i maschi lo sono almeno una volta nella vita -
-No, non lo ero. Se questa tua teoria fosse fondata, allora io non ho ancora avuto quel periodo -
-Preferisco che tu non lo abbia, sarebbe alquanto inquietante e non mi farebbe affatto comodo -
-Comodo? –chiede.
-Lascia stare –dico scuotendo la testa in segno di resa anche se lui non poteva propriamente vedermi.
Seguono altri lunghi attimi di silenzio.
-Ma quindi tu sei vergine? –chiedo all'improvviso senza pensarci. Sento un tonfo improvviso, simile a quello di prima. –Un altro scatolone? –chiedo.
-Tch. Lascia stare. E comunque, cosa ti fa pensare che io lo sia? -
Questo per caso deve farmi intendere che non lo sia?
-Sei sempre così composto, sembri fregartene delle donne o dei rapporti amorosi in generale. Non è che sei gay? -
-Figurati. Non sono sempre composto e non me ne frego delle donne,semplicemente non ho tempo per pensarci -
-Quindi alla fine la risposta alla domanda è...? -
Sento sbuffare. Lo sto mettendo a disagio, mi diverto troppo.
-No, non lo sono -
-Serio?! –dico facendo cadere una scatola che avevo preso con delle mie cose dentro.
-Uno scatolone? –chiede quasi divertito. Dico quasi perché la sua voce è solo un tono più alto del normale.
-Quando, come e perché –
-Ma i fatti tuoi mai eh? -
-Sono solo curiosa –dico riprendendo in mano la scatola.
-15 anni -
Mi cade nuovamente la scatola dalle mani.
-Ancora –lo sento dire.
Non rispondo.
-Mocciosa? -
Continuo a non rispondere.
Sono troppo scioccata per pronunciare anche solo una parola.
-Ti è caduta la scatola in testa? –chiede nuovamente.
Lo sento sospirare e aprire la porta, per poi aprire la mia.
-Ma sei viva o-
-QUINDICI ANNI?! -

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