12°Captiolo_Kisses of Despair

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12. Kisses of Despair

Inutile dire che quando siamo tornati da tutta la squadra con Eren e il gigante femmina, ci hanno fatto una gran festa. Ci hanno elogiato, ammirato e hanno pure deciso di fare una festa per festeggiare la cattura.
Inutile dire che quando mi hanno riportato indietro i corpi della mia squadra mi sia messa in ginocchio, a scusarmi in silenzio con loro per non esserci stata, per non averli aiutati e per averli lasciati da soli nel momento del bisogno, contro un nemico così forte. Levi non l'avrebbe mai fatto. Stranamente le lacrime non sono volute scendere, stranamente sono rimaste al loro posto, ma solo fino ad un certo punto.
Inutile dire anche che quando abbiamo varcato il cancello di entrata, tutta la città ci abbia accolti con sorrisi e con urla di felicità. Sono scesa da cavallo, cercando di essere meno visibile agli occhi dei cittadini, ma qualcuno mi ha visto e mi si è avvicinato. Alzo lo sguardo e incrocio gli occhi di un signore di mezza età, capelli grigi e occhi neri.
Si presenta come il padre di Petra e il mondo mi crolla addosso. Lo ascolto parlare di sua figlia, di come abbia scritto una lettera a suo padre dove dice che dedicherà la sua vita interamente alla legione e a Levi. Ne era innamorata, sin dall'inizio, lo si poteva vedere dai suoi occhi color miele che provava qualcosa per il caporale e io le ho tolto la possibilità di vivere una vita felice con lui, sposarsi e avere figli. Troppo giovane per morire, non posso sopportarlo. Non so che dire, continuo a guardare avanti mentre lui mi continua a raccontare. Non riesco a dirlo, non posso dirlo, ma devo, devo farlo. È stata colpa mia e devo dirlo io, non deve venirlo a sapere da qualcun altro.
-Signore...-lo interrompo mentre rideva dopo un aneddoto di quando Petra era bambina ed era caduta dal marciapiede pur di vedere la legione esplorativa da vicino.
Prendo un grande respiro.
-Venga un attimo con me, devo dirle una cosa. –dico. Siamo arrivati alle stalle dei cavalli e mi faccio seguire da lui fino alla porta. Metto a posto il mio cavallo togliendogli tutta l'attrezzatura compresa la sella e lo metto nel box di fianco a quello nero di Levi. Sembra felice di vedermi e, per farmi forza, gli accarezzo il muso. Lui, per tutta risposta, mi sbuffa contro e nitrisce leggermente. Sorrido malinconicamente e mi decido a uscire dalla stalla.
Incontro nuovamente il sorriso sincero di quel signore e tutto il mio coraggio scompare. In questo lavoro è sempre stato il migliore Levi, senza cuore e senza paure.
-Sua figlia purtroppo non ce l'ha fatta. –dico tutto d'un fiato. Vedo il suo sorriso spegnersi all'improvviso e io sento una forte fitta al cuore. Sento le lacrime prepararsi. Non so come riuscirò a dirlo a Levi, non lo so veramente. –Ha combattuto coraggiosamente, ha cercato di proteggere un suo compagno fidato ma purtroppo un gigante l'ha sopraffatta. – mi guarda scioccato. Sento il cuore in mille pezzi, per un padre questa notizia deve essere la morte istantanea.
Rimane in silenzio per qualche minuto e io lo rispetto religiosamente rimanendo pure io così.
-Grazie, caporale TN –sento dire all'improvviso. Alzo lo sguardo di scatto e lo vedo con un sorriso malinconico, ma nonostante ciò non sembra falso. –Sono felice che me lo abbia detto lei in persona, ero pronto a questa notizia da anni, ma sono almeno fiero della mia bambina, ha combattuto fino alla fine. –sorrido a mia volta e gli poggio una mano sulla spalla per confortarlo.
-Esatto, Petra ha combattuto fino alla fine, è stata un ottimo soldato. Fa bene ad andarne fiero. -
Rimaniamo a parlare ancora per qualche minuto, poi lui se ne va e...dovrei andare a dirlo a Levi.
Sento già il groppo in gola e le lacrime pronte per uscire. Ho chiesto esplicitamente a tutta la legione di non far parola a lui di cosa è successo, voglio dirlo io stessa. La colpa è mia. Solo mia.
Mi incammino praticamente trascinandomi verso la caserma e, non appena apro la porta me lo ritrovo davanti. Ha le braccia incrociate e sembra un padre che aspetta la figlia davanti alla porta una sera che fa tardi.
Lo guardo nei suoi occhi profondi e grigi. Nessuno ancora è arrivato, sono ancora a festeggiare là fuori e io sono qui, paralizzata senza saper cosa dire. Ho un groppo alla gola e le lacrime stanno premendo per uscire.
Faccio una cosa che mai mi sono immaginata di fare, lo abbraccio. Sciolgo l'incrocio tra le sue braccia e passo le mani sotto le sue ascelle, appoggiando la testa sul petto. Il suo battito cardiaco mi rilassa, è lento e regolare. Lo sento irrigidirsi per la sorpresa e, prima che possa dire qualcosa, lo blocco.
-Mi dispiace. –dico. Ho la voce incrinata, sento le lacrime prossime a scendere e il groppo alla gola si fa sempre più stretto.
-Eh? –mugugna disorientato.
-Mi dispiace tanto. –continuo a dire. Questa volta le lacrime sono scese e sento già i primi singhiozzi salire su per la gola e risuonare nell'aria. Sento il suo cuore accelerare improvvisamente e mi stringo di più a lui, fregandomi del fatto che poi mi sgriderà per avergli stropicciato la camicia o la giacca.
-Non li ho aiutati. Non sono arrivata in tempo. –mi blocco nel parlare mentre singhiozzo. Non piangevo da un bel po', ma poco importa ora.
-Di che parli? –chiede serio. Ha la voce bassa e cupa, rimbomba tutta nel mio orecchio attaccato al suo petto.
Mi stacco da lui e alzo lo sguardo per guardarlo bene negli occhi mentre le lacrime mi scorrono copiose sulle guance. Non appena se ne accorge, lo vedo sorprendersi e sussultare leggermente.
-Ho ucciso la nostra squadra. Eld, Gunther, Auruo, Petra. Sono tutti morti, è colpa mia, è solo colpa mia –mi prendo la testa tra le mani e guardo verso il basso mentre dei lamenti escono dalla mia bocca. Un turbine di emozioni mi sta dominando, non riesco a controllarmi, non so veramente che fare. Sto tremando, ho incominciato a tremare sul serio. All'improvviso ho freddo.
Dopo qualche minuto di silenzio da parte sua, sento un braccio passare intorno le mie spalle e sento spingermi. Apro gli occhi ancora inondati dalle lacrime e vedo che Levi mi sta portando in camera sua. Provo a guardarlo in volto, ma la vista è offuscata e non riesco a vedere assolutamente niente.
Apre la porta lentamente e la richiude con altrettanta delicatezza. Mi fa sedere su una poltrona, mentre lui si siede davanti a me. Aspetta che mi calmi senza darmi alcun tipo di pressione e, dopo avergli consumato tutti i fazzoletti che teneva sopra la scrivania, finalmente mi calmo e, nonostante il respiro singhiozzante, incomincio a raccontargli come è andata la spedizione, cosa è successo e piano piano vedo una luce spegnersi nei suoi occhi. Una luce che non avevo mai notato prima, una luce quasi come di vita, spegnersi piano piano davanti ai miei occhi.

Siamo ancora qui. Uno davanti all'altro seduti su quelle poltrone. È calata la notte, nelle strade si festeggia con alcol e urla mentre io e Levi siamo rinchiusi nella sua stanza. Io mi sono tirata le gambe al petto e ho appoggiato la fronte sulle ginocchia mentre lui si tiene con due dita lo spazio tra i due occhi. Ne ho approfittato pure per fare una doccia veloce e cercare di calmarmi, ora indosso una sua maglietta e dei pantaloni della tuta. È tutta colpa mia se lui ora è in questo stato. Non ha pianto, non piangerebbe mai, ma si vede che ne è rimasto molto scosso e non riesco a non incolparmi della cosa.
Se fossi arrivata qualche minuto prima, se non fossi andata a far rifornimento forse sarei riuscita a salvare tutti o almeno una parte e invece no, ho ascoltato Erwin e ho perso tempo, tempo prezioso, tempo che non ritornerà mai più. Un brivido percorre tutta la mia schiena e alzo lo sguardo per controllare lo stato dell'uomo davanti a me.
L'ho sempre visto serio, distaccato e composto, ora invece sta lottando con le sue emozioni nascoste che cercano di ritornare a galla. Il suo respiro si è fatto pesante ma è comunque regolare, non ha intenzione di cedere.
Si toglie la mano dagli occhi e alza lo sguardo verso di me, incontrando il mio CO. Ci osserviamo per qualche secondo poi, come se ci fosse un magnete, ci alziamo insieme di scatto e uniamo le nostre labbra in un bacio disperato.
Poggio una mano sulla sua nuca per avvicinarlo a me mentre lui mi circonda i fianchi con le braccia. Con quel bacio, stiamo scaricando tutto il dolore e la tensione che c'è dentro di noi. Non ci preoccupa nient'altro. Vogliamo solo stare bene, vogliamo dimenticarci dell'accaduto.
Ci stacchiamo un momento per riprendere fiato e sento il suo respiro pesante sulle mie labbra. Fa scendere le mani sul fondo della mia schiena e le infila leggermente dentro l'inizio dei pantaloni mentre io sbottono qualche bottone della sua camicia. Riprendiamo a baciarci e lui ricade lentamente sulla poltrona, facendomi salire sulle sue gambe a cavalcioni. Tira la maglietta tra le mani e io gli tolgo la giacca. Ha ancora la divisa, sarà un'impresa. Si stacca nuovamente e, approfittandone, chiarisco.
-Solo per questa volta? -
-Solo per questa volta. –dice per poi tornare sulle mie labbra.
Mi strappa via la maglietta senza pensarci due volte mentre io gli tolgo la camicia mettendo in mostra i suoi addominali che molte sognerebbero. Passo una mano sul suo petto e lui si lamenta sulle mie labbra.
-Che c'è? –chiedo preoccupata.
-Hai le mani fredde –dice per poi continuare il suo lavoro. Ridacchio dentro di me mentre il bacio diventa sempre più appassionato. Mi prende improvvisamente da sotto il sedere e mi alza di peso. Aggancio le gambe dietro la sua schiena e mi fa sdraiare sul suo letto matrimoniale.
Incomincia a toccarmi ovunque, il suo tocco è di velluto, ogni centimetro che percorre è puro piacere. Si vede che lo fa da quando aveva 15 anni.
Mi strappa gli ultimi vestiti che mi rimangono e fa di me ciò che vuole. Siamo sicuri che nessuno sentirà perché sono tutti fuori a festeggiare e il rumore nelle strade è assordante.
Tutti festeggiano mentre noi cerchiamo di attenuare il dolore che si è creato nei nostri cuori improvvisamente. E alla fine si attenua veramente. Finalmente mi scordo di tutti i miei problemi e mi concentro solo su una cosa, lui. Lui, che per colpa mia ha perso nuovamente tutta la sua squadra e non ha versato una lacrima. Lui, che mille donne vorrebbero ma che in questo momento ho in mano io, la ragazza che odia.
Involutamente gli graffio la schiena poco prima di finire. Non si lamenta, ha sopportato di peggio, ma so per certo che le mie unghie non sono corte e che gli rimarrà un bel segno. Come lui ha lasciato a me sul collo e sparsi sul corpo, io glielo lascerò sulla schiena.
Alla fine crollo con la mente libera. Non penso più a niente, solo a quello che è appena successo. Mi bacia un'ultima volta, ma lo fa durare più delle altre volte, come se volesse farlo rimanere impresso nella sua mente, e poi crolla pure lui al mio fianco. Mi circonda con un braccio e mi avvicina a sé. Guardo il suo viso rilassarsi piano piano mentre cade nel sonno profondo e sento il suo battito rallentare sempre di più fino a raggiungere la frequenza perfetta. Il suo respiro batte sulla mia fronte e io mi appoggio al suo petto, addormentandomi.
Mi godo il momento fino alla fine, visto che domani sarà finito tutto per sempre. Abbiamo fatto quello che abbiamo fatto, e non ho rimpianti.

HEYLEVIOSE
Ok no, però era bello dirlo.
DOUBLE CHAPTER BITCH. Ok, non vedevo l'ora di scrivere sta scena e quindi non mi sono riuscita a trattenere, okey!? Non potete capire l'imbarazzo a scrivere questo capitolo ma vabbè, è la vita, dovevo accontentarvi e l'ho fatto solo pervoi. #l'hofattopervoi.
Vi ringrazio tantissimo per le 600 Visualizzazioni, adoro troppo. Vedo che lastoria sta piacendo, sono molto contenta.
Ci sentiamo a un prossimo capitolo allora!
AU REVOIR
    

•Hate Me• └ LevixReader ┐Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora