18°Capitolo_Wounds

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18.Wounds


La paura sta svanendo, mi sto calmando.
Cerco di liberarmi ma non ha intenzione di mollarmi e, nonostante i miei tentativi, ottengo solo una maggiore forza premuta sui miei polsi.
-Rispondimi. –sibila, quasi ringhia e faccio qualche passo indietro.
-Cosa ti dovrei dire? –chiedo improvvisamente, facendo comparire una punta interrogativa nella sua espressione corrucciata. –Vuoi sentirti dire le solite cose? Dovrei mentirti per poi scoprire che sai già tutto? Io non sono così, Levi. -
Sta per rispondere quando sentiamo il rumore stridulo delle gambe delle sedie sul legno secco, segno che un gruppo ha finito di mangiare e sta per uscire dalla mensa.
Pochi secondi di silenzio, poi mi sento tirare e vengo trascinata verso la caserma dal ragazzo.
Mi tratta come un pupazzo, come se fossi di sua proprietà. Non è coì, non può dirmi cosa devo fare, non può trascinarmi dove vuole lui. Quando finalmente prendo forza e mi libero di scatto dalla sua presa, siamo in mezzo al corridoio, davanti alle nostre due camere.
-Smettila di fare la bambina. –dice quasi schifato. Qui l'unica schifata dovrei essere io.
-Levi, basta. –ho la voce di un tono più bassa. –lasciami in pace. -
-Dobbiamo parlare. –dice col suo solito tono freddo e apatico.
-Non pensi di aver già fatto abbastanza? -
-Di che stai -
La porta d'ingresso sbatte e sento delle voci. Finalmente, così potrò tornare in camera mia e chiudermi dento così che lui non possa entrare. Mi giro, ma nel momento che lo faccio, ne approfitta per prendermi per un polso e lanciarmi in camera sua, mettendosi davanti alla porta e chiudendola a chiave per impedirmi di uscire.
-Levi, fammi uscire. –dico avvicinandomi a lui. Mi guarda superiormente, come se io in confronto a lui sia niente. Odio quando mi guarda così.
-Se non mi fai uscire urlo. –lo minaccio.
-Non lo farai. –si avvicina a me e posa le mani poco sopra i miei gomiti piegati con i palmi delle mani rivolti verso il suo petto per tenerlo lontano ma che vengono piano piano schiacciati dal suo avvicinamento. Vedendolo, sembrerebbe un gesto d'affetto, ma so che è solo per evitare che io faccia movimenti bruschi o che me ne vada.
Non lo sto guardando negli occhi, non ne ho la forza, nonostante io abbia ragione.
-Ah no? –prendo fiato per prepararmi all'urlo, sento la presa leggermente aumentare ma, nel farlo, lo sento tremare e mi blocco. Vuole parlarmi seriamente ma non sa in che altro modo farmelo capire. –Sì, sei stato te. Erwin ti ha raccontato tutto, no? -
Annuisce lentamente. –Ma voglio sentirlo da te, sei te quella che ha subito. -
-Guardami, queste sono solo quelle che puoi vedere, ma queste –punto un dito verso il mio petto –queste non puoi vederle, puoi solo sentirne le conseguenze. -
-Non pensavo che una mia stupida frecciatina ti ferisse. –dice facendomi alzare lo sguardo verso i suoi occhi, trovando due pozze grigie completamente estranee alla mia mente. È uno sguardo strano, non lo riesco a decifrare, non sono mai riuscita a decifrare in generale quel ragazzo. –Non pensavo tu potessi essere ferita. – la sua voce si è abbassata ed è rilassante. Non mi sta guardando direttamente negli occhi ma sta passando lo sguardo su tutto il mio viso.
-Siamo i soldati più forti dell'umanità, dobbiamo essere impeccabili in tutto, siamo l'arma segreta dell'esercito, non dobbiamo esternare i nostri sentimenti ma, prima di tutto questo, siamo uomo e donna. O meglio, siamo ragazzo e ragazza. Puoi essere pure il soldato più forte dell'intera umanità, ma anche tu hai dei sentimenti. Non li esterni, sei troppo forte per farlo, ma ce li hai e lo so. -
-I miei sentimenti sono morti con loro. –sussurra. So di chi sta parlando, so anche che non è vero. Farlan e Isabel gli hanno provocato un enorme crepa, lo hanno completamente chiuso in sé stesso. Vorrei dirgli cosa ne penso, ma sono ancora ferita per quello che mi ha detto.
-Mi dispiace. –dice dopo un lungo minuto di silenzio. –Per tutto quello che è su... -la frase sfuma in aria non appena decide finalmente di incastrare il suo sguardo al mio. Rimaniamo paralizzati entrambi mentre io sento un brivido percorrere velocemente tutto il mio corpo.
Restiamo così per qualche secondo poi, senza neanche accorgercene, ci incominciamo ad avvicinare lentamente come se fossimo ipnotizzati e ci fosse un magnete.
Un rumore di sbattimento contro la porta ci ferma quando sento i nostri nasi sfiorarsi e ci riporta alla realtà, girandoci a guardare la porta.
-Levi! Ti devo parlare! –dice una voce più che conosciuta dietro la porta.
-Hanji... -sussurro.
Il ragazzo sbuffa leggermente e si stacca da me per andare ad aprire.
Ci stavamo per baciare, di nuovo. Ma seriamente?! Ditemi che cosa ho bevuto perché di sicuro non sono lucida in questo momento. Perché mai dovrei baciare di quasi mia volontà quel nanetto? Perché mi sono sentita così quando l'ho guardato negli occhi?!
L'unica cosa è che mi ha chiesto scusa. Le sue scuse sono poche ma sono sincere, quindi lo perdono anche se siamo stati interrotti da Hanji.
Gira due volte la chiave e abbassa la maniglia, rivelando la ragazza abbastanza preoccupata e di fretta.
-Senti, hai visto TN? –chiede improvvisamente.
Si scosta dandole modo di vedermi e le si illumina il volto in una espressione di sollievo.
-Pensavamo fossi di nuovo scomparsa! Comunque, c'è un caporale che ti vuole vedere. –dice indicando col pollice dietro di sé. Avvicino l'orecchio destro alla spalla e la guardo stranita.
-Chi è? –chiedo incrociando le braccia al petto.
-Ha detto di non dirlo per evitare di creare scompiglio, è fuori dalla caserma, io vado perché ho del lavoro da sbrigare. –dice per poi scomparire dietro la porta. Levi mi guarda interrogativo e alzo le spalle, superandolo e uscendo dalla sua stanza avviandomi verso l'uscita principale.
Apro la porta ma non trovo nessuno. Faccio qualche passo all'esterno e mi guardo intorno. Non è che era una scusa di Hanji per vedere cosa stesse facendo Levi e con chi?
-Cerchi ancora qualcuno? -
Sussulto e mi giro di scatto verso la fonte della voce. Non ci posso credere.
-Yukio! –dico sorpresa mentre lui, con un balzo felino, salta giù dal sopra della porta e atterra a neanche un metro da me.
-Bonjour. –dice facendo un leggero inchino.
-Buongiorno a te. –dico ridacchiando. –Come mai qui? –chiedo sorpresa della sua presenza.
-Mio nonno è venuto a parlare con il comandante Erwin e ho deciso di venire a fare un saluto. – fa le spallucce.
-È successo qualcosa? –chiedo quasi preoccupata. Di solito la guarnigione e la legione esplorativa non entrano molto in contatto, solo per le riunioni importanti, ed è abbastanza strano che Pixis sia venuto a parlare con Erwin.
-Niente di grave, solo buone notizie. –dice alzando le sopracciglia e facendo un sorriso sghembo. Almeno quello, non ne potevo più di sentire solo brutte notizie o finire nei guai.
-Hai fatto pulizia dell'intero distretto di Trost, sono riusciti a chiudere il passaggio e inizieranno tra poco la ricostruzione delle case. -
Un sorriso sincero nasce sulle mie labbra e sento il peso sul mio petto che avevo pochi secondi prima, svanire completamente. In un attimo di rabbia e di delusione ho aiutato a recuperare uno dei distretti più importanti, questa è una grande soddisfazione. Devo arrabbiarmi più spesso.
-Sei stata grande. –dice.
Ridacchio e mugugno un "grazie", spostandomi i capelli visto il fastidio che mi stavano provocando venendomi davanti costantemente.
Abbassa lo sguardo dalle mie labbra al mio collo. –Che cosa sono quelle? –chiede indicando con gli occhi le bende. Mi sono completamente dimenticata delle bende.
-Diciamo che ieri...è successo un leggero casino e per sbaglio mi sono procurata queste ferite ma niente di grave, tutto a posto. –
Mi guarda male e incomincia a vagare con lo sguardo su tutto il corpo, cercando ulteriori ferite. Spero di aver coperto al meglio le altre tre o sono fregata.
Nel frattempo, la porta dietro di lui si incomincia ad aprire lentamente e incomincio a sperare che sia suo nonno o Erwin o QUALCUNO CHE CONOSCO.
-Qua. –dice all'improvviso Yukio avvicinandosi a me e prendendomi tutti e due i polsi, mettendo in bella vista le due ferite negli avambracci. Non ha ancora beccato la più grave, finché non faccio mosse strane, è coperta dal maglione. Mi alza più dell'altro il braccio destro, provocando una forte scossa di dolore a quella della spalla e facendomi sussultare.
-Un'altra...sei seria? Fai vedere. –dice avvicinandosi ancora di più a me. Mi allontano di qualche passo per evitare che lui tocchi il mio maglione e, grazie al signore, compare dalla porta Levi.
-Che sta succedendo qui? –chiede incrociando le braccia al petto e fulminando il ragazzo che sta provando a "spogliarmi".
-Eeeh, Levi diglielo tu ti prego. –dico facendogli l'occhiolino e lanciando un'occhiata alle mie bende per fargli capire di cosa sto parlando. –Mi sono infortunata ieri in mensa. –incomincio a inventare scuse, andiamo bene.
Lui non accenna a scomporsi, cosa molto utile in questo contesto, e rimane a guardarci da lontano.
-TN ha cercato di calmare una rissa ieri in mensa, ma uno dei due era ubriaco e l'ha attaccata senza pensarci due volte, provocandole quelle ferite. Si è già dispiaciuto dell'accaduto e lei lo ha perdonato, finito qua ora puoi tornare da dove sei venuto. -
Lo guardo male, e così lo avrei perdonato? Sì, l'ho perdonato ma questo non dovrebbe darlo così per scontato.
-È così? –chiede Yukio guardandomi dritto negli occhi. Mi allontano leggermente e annuisco.
Sento delle voci provenire da dentro la caserma e vedo Levi girarsi per poi scostarsi dall'entrata per far passare i due comandanti.
-Yukio, sei assegnato al controllo di tutte le truppe del distretto di Trost, fai un bel lavoro. –dice Pixis. Stranamente non è ubriaco, non ha le gote rosse e sembra abbastanza lucido. Oh, scherzavo, ha appena preso in mano una fiaschetta di alcol dalla sua tasca.
Il biondo si allontana per andare a parlare col nonno e ne approfitto per affiancarmi a Levi, che guarda insieme a me quei due salire sulla carrozza seguiti poi da Erwin.
Rimaniamo presto soli, di nuovo, io e lui e, dopo qualche secondo di silenzio, lo guardo di sottecchi.
-E così ti avrei perdonato? –chiedo sorpresa ancora per la sua affermazione di prima.
-Purtroppo, non sono particolarmente esperto in materia, ma posso benissimo affermare che quando si è in procinto per dare un bacio alla persona che ha commesso un torto, vuol dire che si è perdonata. -
Mi immobilizzo per qualche secondo dopo che lui ha menzionato il "quasi bacio" poi trovo nella sua frase un'apertura e decido di utilizzarla prima di diventare rossa come un pomodoro.
-Purtroppo? –chiedo guardandolo quasi divertita.
Rigira gli occhi e rientra in caserma, seguito subito da me che mi prendo pure il tempo di chiudere il portone.
-Eh no, ora me lo dici. –dico raggiungendolo in poche falcate. E siamo di nuovo davanti alle nostre due stanze. Ma non c'è qualche altro posto più carino in giro per la centrale? No seriamente, passiamo il 90% delle nostre giornate qua davanti. Mettiamo dei quadri con le nostre facce e siamo a posto.
-Ho sbagliato a parlare, non farne una fiera. –dice aprendo la porta della sua camera nuovamente per entrarci. Almeno questa volta non mi ci ha lanciata dentro.
-Certo, hai detto una frase praticamente perfetta e poi sbagli l'inizio, certo, ovvio. – Non gli credo neanche se mi firma un contratto.
-Non sai proprio stare zitta, vero? –chiede seccato.
-Se proprio vuoi che io stia zitta, fammi stare zitta tu. –dico ghignando. Adoro lanciargli sfide e vedere come le prende a primo impatto.
-Sei noiosa. –dice entrando in camera sua, lasciando però la porta aperta. Ah, questo per me è un invito.
Entro e lo vedo guardarmi male da dietro la porta.
-Sapevo che saresti entrata. Non ti ho dato il permesso di entrare, fuori. -
-E io me ne frego, quindi sto dentro. –dico sedendomi su una delle sue poltroncine in modo scomposto. Gambe sul poggia braccio sinistro e testa su quello destro.
-Tsk, ma guarda te. –brontola.
-Brontoli sempre, sembri un vecchio che si lamenta del mondo. -
-Col mondo in cui viviamo trovo più che giusto il lamentarsi. -
Sbuffo per la sua risposta e mi alzo di colpo andando dritta verso di lui, che nel frattempo si stava sistemando il suo foulard.
-Dimmi per prima, quel purtroppo non mi suo –vengo interrotta da un suo movimento improvviso.
Ho detto di provare a farmi stare zitta, ma non pensavo arrivasse a tanto. 

Mi sta baciando.

•Hate Me• └ LevixReader ┐Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora