Capitolo 1

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                                '' C'è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro. 

E quando stai solo resti nessuno ''

Luigi Pirandello


Non era mai stata una ragazza molto superstiziosa: non aveva paura di una scala a tredici gradini, non inorridiva quando un gatto nero le passava davanti, non gettava il sale dietro la spalla quando lo versava; ora cominciava seriamente a crederci, si diceva infatti che se una persona avesse rotto uno specchio allora sette anni di sfortuna l'avrebbero colpita. Però forse aver rotto quel piccolo specchietto qualche giorno prima della partenza la stava ripagando con amore; era a conoscenza che l'Inghilterra possedesse un clima a dir poco grigio e piovoso, ma aveva sperato fino all'ultimo che almeno per quel giorno, il giorno in cui avrebbe messo piede sul suolo inglese il cielo si risparmiasse. Evidentemente lassù le sue preghiere venivano ascoltate al contrario.

Aveva quasi baciato il pavimento dell'aeroporto di Manchester, felice di essere sopravvissuta a quel volo estenuante e raccapricciante; sorridente si era diretta a passo spedito con la sua valigia e la sua borsa a tracolla verso l'uscita quando un tuono l'aveva scossa, non aveva fatto nemmeno in tempo a guardare in su che la pioggia aveva cominciato a cadere con pesantezza. '' Oh ma dai! '' pensò afflosciando le spalle '' E adesso come diavolo faccio? '', non aveva nemmeno un ombrello né una felpa con cui ripararsi. Sospirando raddrizzò la schiena e a passo marziale uscì, guardandosi attorno nella speranza di trovare una fermata degli autobus oppure un taxi. Niente. Di un taxi nemmeno l'ombra.

Tornò dentro e si diresse verso l'ufficio informazioni trovandosi di fronte un signore di quarant'anni dall'aria rigida e impassibile, tossì appena per attirare l'attenzione e chiese - Mi scusi, vorrei sapere se per caso ci fosse una fermata degli autobus qui vicino oppure dove poter trovare un taxi.. Dovrei raggiungere la città di Sheffield -

L'uomo la squadrò da capo a piedi e non dovette aver fatto una buona impressione, o forse era solo la sua mimica facciale che esprimeva a chiunque disgusto, con voce atona parlò attraverso lo sportello - A circa venti minuti a piedi può raggiungere la metropolitana e in un'ora e un quarto raggiungerà la sua meta. - le disse sbrigativo, proseguendo a darle le indicazioni necessarie per raggiungere il mezzo.

Lo ringraziò con un piccolo sorriso e se ne andò, borbottando sotto voce - Simpatia portami via! Ma sono inglesi, non posso certo pretendere che qui la gente sia più espansiva.. -

Afferrò saldamente la valigia ed uscì, la pioggia ora cadeva ancor più fitta di prima perciò dovette accelerare il passo; le strade avevano cominciato a formare le prime pozzanghere e lei dovette fare attenzione che macchine o autobus alzassero l'acqua sporca bagnandola ancora di più. '' Dio mio, ho acqua perfino nelle mutande! '' pensò inorridita mentre le scarpe producevano dei rumori alquanto fastidiosi, quando però vide la scalinata che l'avrebbe condotta alla metro sorrise ed esultò, un posto asciutto! Scese le scale stando attenta a non scivolare lungo i gradini di marmo, la gente si scostava e la guardava come fosse una povera pazza uscita dal manicomio; che colpa ne aveva lei in fin dei conti, se non si aspettava un così caloroso benvenuto? Raggiunse il tabellone con gli orari e fece cadere la valigia con un grosso tonfo che risuonò come uno sparo in mezzo all'atrio: il treno per Sheffield sarebbe partito solo tra due ore e mezza!

- E adesso che diavolo faccio per riempire il tempo? - rimuginò, e proprio in quell'istante ottenne una risposta: il suo stomaco aveva iniziato a lamentarsi pericolosamente e posò una mano sul ventre, picchiettandolo nella speranza che tacesse o che almeno facesse più piano. Guardò attentamente intorno e vide un cartello indicativo che segnalava la presenza di un piccolo bar; sperava sinceramente preparassero anche primi pasti veloci perché altrimenti sicuramente si sarebbe mangiata pure la cameriera. Fortunatamente non era così pieno, in fin dei conti era passato da un pezzo il mezzodì; sedette su un tavolino appartato e spazzando con la mano le poche briciole sulla tovaglia a scacchi bianchi e rossi, in attesa che qualcuno venisse a portarle un menù. Era un bar non troppo grande e dall'aspetto rustico: le pareti erano di un giallo pallido su cui erano state montate per metà muro delle perline in legno scuro, c'erano pochissimi quadri compensati però da una quantità di poster e bandiere inglesi. I tavolini erano da quattro, tutti con le loro tovaglie in lino e con una candela come centro tavola e le bandierine inglesi di carta. Tamburellava le dita ormai da cinque minuti, ascoltando e canticchiando sottovoce: ''We are all strange! And it ain't never ever never gonna change! We are all strange! And it ain't never ever never gonna change!'' e sorridendo ironica, pensando a quanto calzassero a pennello quelle parole quando la figura di un giovane cameriere si stagliò sulla sua sinistra, tossicchiando per ricevere le dovute attenzioni. Lo fissò e arrossì imbarazzata, pensando da quanto quel povero diavolo era lì in attesa che lo degnasse di uno sguardo e balbettò - Ehm.. Scusi.. Potrebbe.. Avete un menù che io possa guardare per ordinare? -.

L'amore profuma di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora