6. Ciao anche a te, Charlie.

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Sono davanti all'ospedale da almeno quindici minuti e la mia pazienza comincia ad abbandonarmi.
Matthew mi ha scritto un messaggio dove mi chiede di aspettarlo qui fuori.
Mi siedo su una panchina e sbuffo, i miei sacchetti sono accanto a me, così come la borsa.
Ho tre domande che vorticano nella mia testa.
Primo, cosa diavolo deve fare Matthew con le informazioni di mio padre?
Secondo, posso fidarmi di lui?
E terzo, cosa mangio a cena?
La terza domanda è fuori luogo, ma ho fame e ci sto pensando davvero.

Stringo la cartella di mio padre e deglutisco.
Non ho intenzione di lasciare dati privati di mio padre ad un completo sconosciuto.

Una ragazza viene a sedersi accanto a me e lancia una veloce occhiata ai miei acquisti, fa una risatina e schiocca la lingua sotto il palato.
Indossa una mimetica militare e ha dei lunghi e lisci capelli rossi.
Anche se è vestita come un soldato, devo ammettere che è affascinante.
Ma che ha da ridere?

«Ti diverto?», mi mordo il labbro e finalmente i suoi occhi trapassano i miei.
Un brivido percorre la mia schiena. Non solo perché la trovo bellissima, ma anche perché il suo sguardo mi fa gelare sul posto.
I suoi occhi sono grigi.
Non avevo mai visto nessuno con quel colore negli occhi.
Sono freddi, quasi glaciali e vuoti.

«Oh, no», sorride, «Stavo pensando ad una cosa che mi faceva ridere. Ti capita mai?».
Inarco un sopracciglio, «No, mai», mento.
Il mio cuore comincia a battere un po' piú veloce.
Il modo in cui mi fissa mi mette ansia, anche se sta sorridendo.
«Sarò strana io, allora», sorride ancora, mostrando una fila di denti drittissimi e bianchi.
Sembra la pubblicità di un dentifricio.

«Aspetti qualcuno?», è lei che torna a parlare dopo qualche attimo di silenzio.
«Un ragazzo», sbuffo e guardo l'orologio.
Questa tizia mi rende nervosa e sono qui da venti minuti adesso.
«Anch'io», mi dice.
Okay, ma chi se ne frega.
Ho ormai perso la pazienza, quindi mi alzo e comincio a prendere tutto ciò che è mio.

Quando sollevo lo sguardo vedo che Matthew Jackson si avvicina a me in tutto il suo splendore.
Indossa ancora il camice e un po' di vento gli scompiglia il folto ciuffo castano che tenta, invano, di rimettere apposto.
Si accorge che lo sto guardando, dunque mi sorride e finalmente si ferma davanti a me.
Scompiglia i capelli rossi della ragazza e si abbassa per schioccarle un bacio sulla guancia.
Non dirmi che...

«Samantha», lui interrompe i miei pensieri.
Sentire il mio vero nome venir fuori dalle sue labbra mi fa un effetto strano, «Lei è Cinthia, la mia fidanzata».
Mi strozzo con la saliva e mi colpisco il petto sotto lo sguardo confuso dei due.
Bene.
La tua ragazza mette ansia, dottore.
Le stringo la mano e mi sforzo di fare un sorriso, successivamente metto tra le mani del dottor Jackson la cartella clinica di mio padre e lo vedo corrugare la fronte, «Non hai fatto ciò che ti ho chiesto?»
«Quelle non sono informazioni che ti riguardano».
Sbatte le palpebre più volte, pure la sua ragazza mi fissa un po' sconvolta anche se non ne capisco il motivo.
«Senti», lui abbassa la voce, «So che è difficile da credere, ma mi servono per aiutare te. Fidati. Ti spiegherò tutto se sarà necessario»
«È già necessario», dico, lui sbuffa.

Cinthia si passa una mano tra i capelli e sospira, «Jackson», si rivolge al suo ragazzo chiamandolo per cognome, «Io sono davvero esausta, vedo che sei impegnato e non voglio disturbarti ancora. Ci vediamo domani, okay?».
Matthew deglutisce e sembra pensarci un po' su prima di rispondere, nel suo sguardo leggo un po' di dispiacere, «Maggiore Stewart», la trattiene per un braccio ed io mi sento di troppo.
Maggiore Stewart?
Adesso, forse, capisco il motivo di quella orrenda mimetica militare.
È un maggiore?

Matthew continua a fissarla mentre Cinthia sorride dolcemente e lo colpisce con un pugno leggero sul petto.
Ignoratemi pure, vado a prendere i pop corn.
«Ci vediamo domani, okay?», il dottor Jackson si morde il labbro.
«Okay», Cinthia gli schiocca un bacio sulla guancia e poi punta i suoi occhi grigi e glaciali nei miei, «Puoi fidarti di lui», mormora, «Sento proprio che ci rivedremo, Samantha», detto questo, gira i tacchi e se ne va.
Il modo in cui ha pronunciato l'ultima frase mi ha messo i brividi, sembrava molto una minaccia e quegli occhi mi fanno paura. Davvero.

Matthew ora guarda solo me e incrocia le braccia al petto, «Allora? Hai fatto quelle fotocopie o no?»
«Le ho fatte, ma non ho intenzione di dartele», ribatto.
«Beh, fa come ti pare», ruota gli occhi al cielo e posiziona la cartella dietro alla sua schiena grazie all'elastico dei pantaloni.
«Sei proprio cocciuta, principessa».
Ora sono "principessa".
Prima ero Samantha.

«Sei uno sconosciuto», gli faccio notare, «E non mi hai ancora spiegato a cosa ti servono quelle cose».
Apre la bocca e la richiude più volte, credo che stia per rispondere, ma la sirena di un'ambulanza in arrivo lo distrae.
Si avvicina in fretta al veicolo e lo seguo senza capirne il motivo.
Un ragazzo è su una barella e grida il nome di Matthew appena lo vede.
Quest'ultimo sgrana gli occhi e gli afferra la mano, «Charlie, cazzo, che è successo? ».

I due uomini che portano la barella si fermano e muovo un passo per avvicinarmi ancora un po' e per riuscire a vedere meglio.
Sono accanto a Matthew adesso, ma Charlie non sembra accorgersi di me.
Guarda solo ed esclusivamente Matthew con gli occhi marroni completamente spalancati e la fronte sporca di sangue incrostato.
«Una signora mi è praticamente entrata nella macchina, Matt. Urlava che sono un drogato. Urlava che sono fatto».
Matthew irrigidisce la mascella e deglutisce, tira fuori dalla tasca del camice una lampadina e gli chiede di seguire la luce con lo sguardo.
«Sei sicuro, Charlie?», chiede in un sussurro.
«Lo giuro, Matt, lo giuro. Sono pulito. Tu lo sai, Matt, tu lo sai».
Detto questo, si gira di scatto verso di me e vomita sulle mie scarpe.
Oh Dio.
Ditemi che è uno scherzo.
Ditemi che non è vero.
Matthew guarda prima lui e successivamente le mie povere scarpe Gucci.
«Perdonalo, principessa. Ti chiamo dopo», poi mi lasciano da sola, davanti ad un ospedale e con le scarpe sporche di vomito.
Grazie, Matthew Jackson.
La mia vita sta andando a farsi fottere da quando ti conosco.
Decisamente.

Decido di chiamare un taxi che non arriva mai e spazientita comincio a camminare verso casa.
Di male in peggio.
Samantha Jersey, ti stai trasformando in una sfigata.

Cammino per non so quanto tempo ed è già buio quando mi ritrovo quasi a casa mia.
Ho i piedi che urlano pietà e puzzo, quindi scelgo di prendere una scorciatoia anche se la strada che imbocco è poco illuminata.
Mi pento subito di non aver fatto il mio solito tragitto e ignoro un tipo che si buca sul marciapiede.
Cammino a passo spedito e tengo lo sguardo puntato a terra, qualcuno urla alle mie spalle e deglutisco più volte.
Vedo uno spacciatore alla mia sinistra e una prostituta un po' piú avanti.
Sono finita in una brutta, bruttissima zona.
Sono terrorizzata, ma cammino con finta disinvoltura.
Prendete tutto, ma non il mio Versace.

Caccio un urlo sovrumano quando sbatto contro un uomo che indossa una felpa e il cappuccio sulla testa. Grazie all'urto il suo cappuccio cade e sbatto le palpebre più volte per mettere a fuoco il viso di questo sconosciuto che, a quanto pare, sconosciuto non è.
«E tu che ci fai qui?», diciamo insieme.
Io ho sbagliato scorciatoia, penso.
Tu non credo proprio sia capitato qui per sbaglio.
Illuminami, caro, cosa fai da queste parti?

Hi guys!
Eccomi qui, sempre puntuale.
Sto aggiornando nonostante io abbia solo due ore di sonno addosso e un mal di testa allucinante. Cioè, amatemi.
Allooraa, ho tre domande: Cosa ne pensate di Cinthia?
Di Charlie?
E chi ha incontrato Samantha secondo voi?
Lo scoprirete nella prossima puntata 😈 però fatemi sapere comunque.
Grazie per aver letto, se siete arrivati fino a qui ditemi che pizza volete che ve la faccio arrivare a casa. 😏
Mi dileguo, un bacione.

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