3 Il ragazzo di montagna

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Io e Paolo eravamo quasi arrivati in cima alla salita che conduceva verso la parte alta di San Colombano, quando incrociammo un ragazzo intento a fare jogging.
Paolo lo salutò con un gesto della mano appena lo vide avvicinarsi.
-Ciao Roberto. Anche oggi ti tieni in forma?-
Lui si fermò e mostrando un largo sorriso rispose: -come sempre Paolo.- Il suo sguardo si posò su di me. -E lui chi sarebbe? Un vostro parente?-
-Sì. È mio cugino da parte di mia mamma.-
Cercai di mostrare un sorriso non troppo forzato, allungai la mano. -Piacere mi chiamo Raffaele.-
-Roberto. Piacere mio.- Ci stringemmo la mano. Il contatto con la sua pelle sudaticcia mi fece un effetto insolito e provai una strana sensazione, come un brivido.
Guardai Roberto con molta attenzione. Era molto più alto di me, aveva i capelli scuri, ondulati e il viso squadrato con un filo di barba incolta. In un certo senso era anche carino, ma non ci feci caso più di tanto. Non avevo il tempo e la voglia di soffermarmi su certi particolari.
-Da dove vieni?- Mi chiese, senza togliermi gli occhi di dosso.
-Da Brescia.-
-Sei in vacanza?-
"Ma quante domande fa?"
- In un certo senso...- sospirai.
-Buona permanenza.- Si voltò verso Paolo: - se vuoi ci possiamo vedere più tardi.-
-Va bene a dopo.-
Appena Roberto fu abbastanza distante chiesi a Paolo: - ma chi è quel ragazzo?-
-È il figlio di Stefano Rambelli. Il proprietario del supermercato che si trova più avanti.-
-Veramente? E non sta mai al negozio ad aiutare suo padre?-
-Sì. Di solito va a dargli una mano nel pomeriggio, ma se ci sono molti clienti lavora anche la mattina.-
Annuii.
Vedere Roberto mi aveva fatto una strana sensazione e la mia mente mi stava dando dei segnali. Segnali che ignorai immediatamente, sapevo bene che cosa sarebbe successo se ci avessi rimuginato troppo; avrei cominciato a "farmi i miei film".
Come ho sempre fatto prima di conoscere Marco.
"Ecco! Sto pensando a Marco di nuovo".
Non ne potevo più di questa situazione.

Continuammo con la passeggiata e rimasi affascinato, in un certo senso, da quel paesello così caratteristico; non si sentiva volare una mosca, a parte qualche machina che andava e veniva di tanto in tanto. Ero abituato a: clacson che suonavano ad ogni ora del giorno e schiamazzi. Ma qui era tutto diverso, come se fosse un altro mondo. 


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