4 In compagnia

418 21 2
                                    

Quando tornammo a casa erano già le nove passate. Pasquale era seduto sul divano intento a guardare il telegiornale, mentre Caterina stava finendo di riordinare le camere.
-Ciao zio.- Dissi.
-Ciao. Come ti senti oggi?- Me lo chiese con molta calma.
-Bene. La passeggiata con Paolo mi ha dato energia.- Sorrisi.
-Bravo! Hai già fatto colazione?- Si alzò dal divano.
-No. Non ancora.-
-Nemmeno io papà.- intervenne Paolo.
Pasquale si avvicinò alla credenza e prese due tazze piuttosto larghe. La teiera del tè si trovava ancora sul fuoco a gas.
Io e Paolo facemmo colazione, anche in quell'occasione restammo in silenzio, troppo intenti ad ascoltare le notizie alla televisione. Come al solito erano argomenti di cronaca nera.
Una vera noia.
-Allora dove siete stati voi due?- Caterina era scesa dal piano superiore con in mano un cesto pieno di biancheria pulita.
-Abbiamo fatto un giro per il paese, tanto per sgranchirci le gambe.- Rispose Paolo.
Caterina si soffermò per un istante su di me. -Sei riuscito a dormire?-
-In un certo senso.- Sospirai.
Lei annuii.
Paolo, vedendo che stava crescendo un po' di tensione, intervenne dicendo: -prima abbiamo incontrato Roberto. Stava facendo jogging.-
-Il figlio di Stefano Rambelli?- Caterina era dubbiosa.
-Sì proprio lui.-
-Ah. Ho capito. Quel matto. Spero che non ne combini un'altra delle sue.- Caterina lo disse ridendo.
Appena finito di parlare di questo, qualcuno suonò alla porta. Fu Paolo ad andare ad aprire.
Era proprio Roberto, indossava ancora la tuta da corsa.
-Ma guarda. Stavamo parlando di te.- Caterina gli andò incontro e gli diede un bacio sulla guancia.
-Davvero? Solo cose belle spero.- Subito dopo averla salutata restò per pochi secondi su di me, mostrando un bel sorriso.
Ricambiai il suo gesto, anche se non ero tanto in vena di vedere gente a me sconosciuta e in un certo senso la sua presenza mi metteva a disagio, quasi in imbarazzo. Succedeva spesso quando facevo nuove conoscenze, era una caratteristica del mio carattere; non sono mai stato un tipo socievole preferivo la compagnia dei mie pensieri. L'unica persona con cui ero riuscito ad interagire quasi subito fu proprio Marco.
"Marco hai avuto il potere di entrare nella mia mente, sconvolgendola".
Scossi la testa e cercai di scrollarmi di dosso tutta quella tensione. Dovevo essere più positivo.
-Ti vuoi fermare per pranzo?- La voce di Caterina mi riportò coi piedi per terra.
-Non saprei. Dovrei pensarci.- Roberto era titubante.
-Ma sì dai fermati.- Lo supplicò Paolo.
Vedendosi messo alle strette Roberto acconsentì ad accettare la loro richiesta.
-Come mai sei passato?- Chiese Caterina. -Hai bisogno di qualcosa?-
-Sì Caterina.- Abbassò la testa, come se fosse in imbarazzo. -Avrei bisogno che mi rammendassi un paio di pantaloni. Lo sai che da quando sono andato a vivere da solo a Collio è diventato tutto più complicato per me. Non sono molto pratico con queste cose.- Si voltò ancora verso di me e mi fece l'occhiolino.
Abbassai la testa verso la tazza, imbarazzato.
La prozia, con gioia, gli rispose che lo avrebbe fatto volentieri e che non doveva preoccuparsi di niente.
-Grazie infinite. Dopo te le porto. Vado a casa, mi lavo e ci vediamo per mezzogiorno.- Uscì salutando.
-Quel Roberto.- Caterina non riusciva a smettere di ridere. -È tutto matto.-

A mezzogiorno in punto il campanello suonò. Era Roberto. Teneva in mano un vassoio di pasticcini comprato nell'unica pasticceria del paese e nell'altra,stringeva i pantaloni da rammendare. 
-Ho portato alcuni stuzzichini dolci per il dopo pranzo.- Porse il vassoio a Pasquale.
-Vieni e accomodati a tavola, tra poco si mangia.- Caterina gli indicò il suo posto a sedere, che era proprio accanto a me.
"Senza farlo apposta".
-Ehi.- Si rivolse a me.
-Ben ritrovato.- La mia risposta sembrò quasi glaciale, ma lui non ci fece caso. Continuava ad osservarmi con espressione divertita sulla faccia.
Avevo intenzione di rispondere, ma Pasquale intervenne facendogli tutta una serie di domande. Io me ne restavo in disparte dai loro discorsi, ascoltavo; però non mi andava di intervenire e poi i loro argomenti non erano di mio interesse.
Tenevo lo sguardo fisso sulle varie pietanze che addobbavano il tavolo, c'era di tutto: affettati vari, sottaceti e formaggi.
Quando Caterina servì il pranzo mi concentrai unicamente su quello che avevo nel piatto, mi ero isolato da tutte le conversazioni, mi sentivo a disagio.
Di tanto in tanto davo una rapida occhiata a Roberto. Era un ragazzo decisamente carino, ma cercavo in tutti i modi di non farci troppo caso. Se ho imparato una cosa nella vita, è cercare di restare con i piedi per terra senza lasciarsi trascinare troppo dai sentimenti. Se no ci si ritrova a dover risalire un baratro a mani nude. Proprio come stavo cercando di fare in quel momento.
Quando finimmo di mangiare, Roberto si rivolse a me e mi chiese, -ma tu non parli mai? È da quando sono qui che non ti ho sentito dire una parola.-
-È solo che non ho nulla da dire.- Risposi, con viva tensione.
-Dovresti essere più loquace.- Mi diede un buffetto sulla guancia.
D'istinto mi toccai la guancia e in un attimo provai una strana sensazione.
Di nuovo...
-È che non avevo nulla da dire.- Ridissi. Sentivo che la tensione stava salendo alle stelle.
Mi serviva una boccata d'aria, dovevo scrollarmi di dosso tutta quella agitazione.
Inspirai e espirai profondamente.
- Ti piace proprio stare per i fatti tuoi.- Roberto si portò accanto a me. Potevo sentire il profumo del bagnoschiuma. Dovetti ammettere che mi piaceva molto.
- Lo so. Però...- Abbassai la testa. - Non sto passando un periodo felice. Allora preferisco stare da solo.-
-Capisco. Però la solitudine non è la soluzione ai nostri problemi. Bisognerebbe condividere quello che proviamo.- Mi mostrò un sorriso degno di un divo del cinema. -Senti. Cosa ne pensi se domani mattina andassimo a fare un giro tra i boschi?-
Rimasi sorpreso e non sapevo cosa rispondere.
-Dai vieni. Ti piacerà.-
Mi lasciai convincere e feci cenno di sì con la testa.

Non so che cosa mi abbia spianto ad accettare il suo invito, forse aveva ragione lui, la solitudine non era la soluzione migliore. 

Lasciare il passatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora