Come si è permesso di rinfacciarmi certe cose? Prima ha fatto l'innocente e poi come un predatore mi ha azzannato con le sue fauci. Sono tutti uguali!
"Ho ventiquattro anni e non quindici".
Ero perfettamente in grado di sapere cosa fosse meglio per me, non mi serviva certamente i consigli di uno sconosciuto. Se avessi avuto bisogno di ulteriori chiarimenti mi sarei potuto rivolgere alla prozia Caterina, a Pasquale o a Paolo.
"Ho perso tempo".
Ritornai a casa quasi di corsa, non volevo che Roberto mi seguisse.
-Raffaele! Che succede?- Domandò Pasquale vedendo il mio stato d'animo. -Perché sei così arrabbiato?-
-Niente!- Andai al piano superiore e mi stesi sul lettino. Mi coprii la testa con il cuscino e con tutta la forza che avevo cercai di ricompormi.
Ero stufo di incontrare persone che mi dicevano cosa dovevo fare, non sono il burattino di nessuno!
All'ora di pranzo Pasquale non si fece sfuggire l'occasione per farmi di nuovo la stessa domanda di prima.
-Niente zio. Ero solo un po' nervoso.-
Iniziai a mangiare senza guardarlo in faccia.
- Ma dove siete andati tu e Roberto?- Intervenne Caterina.
Sobbalzai, ma avrei dovuto aspettarmi una domanda simile.
Infatti ero pronto a dare la risposta. -Voleva farmi vedere il tratto di bosco che si trova dall'altra parte del fiume.-
-Ah. E come mai?- Domandò dubbiosa.
Feci spallucce. Non volevo raccontare della nostra breve discussione. -Così, tanto per fare due passi e parlare.-
-Hai visto com'è simpatico?- Paolo lo disse con molto entusiasmo.
"Come no". -Sì. Molto.- Addentai una fetta di formaggio.
-Senti Raffaele. Nel pomeriggio farò un salto a Brescia per una commissione. Se vuoi posso passare dai tuoi genitori a prenderti un cambio di abiti. Sicuramente sarai stanco di indossare gli abiti smessi di Paolo.-
Paolo si mise a ridere come se Pasquale avesse fatto una battuta, infatti fu subito rimproverato da Caterina, dicendogli che rideva sempre per niente.
-Sì. Per me va bene.- Risposi.
-Ma li hai chiamati per fargli sapere come stai?- Caterina si era seduta accanto a me.
-No. Non ancora.-
In effetti era da due giorni che non accendevo il cellulare, e se dovevo essere sincero, non mi mancava per niente. Prima ero un continuo controllare se avessi dei messaggi o delle chiamate in arrivo, stare lontano da quell'aggeggio elettronico mi aveva dato sollievo.Quando Pasquale partì per Brescia, a pomeriggio inoltrato, cercai il cellulare; l'ultima volta che lo avevo preso in mano è stata la sera del mio arrivo poi lo avevo spento e da quel momento mi ero completamente dimenticato della sua esistenza.
Lo presi in mano e lo osservai senza fare nulla, era un Samsung Galaxy s7.
"Non posso farcela".
Esitai più e più volte prima di premere il pulsante di accensione. Attesi qualche secondo prima che si aprisse sulla schermata principale, attesi che apparissero le varie notifiche e messaggi . E così avvenne.
Avevo: sei chiamate senza riposta di mia madre, una decina di mio padre, altrettante delle mie amiche, compresi messaggi su Messenger e WhatsApp. Ma la cosa peggiore è stata l'insistenza di Marco. Ebbene sì, tra i tanti messaggi e chiamate vi erano anche i suoi.
Per rassicurare tutte le mie amiche, mandai dei messaggi dicendo che stavo bene e che non dovevano preoccuparsi di niente e che sarei tornato il più presto possibile. Mentre i messaggi di Marco li cancellai senza nemmeno leggerli.
Andai nella rubrica e composi il numero di mia madre.
Dopo pochi squilli. -Raffaele!- Aveva la voce isterica.
-Mamma.- A differenza della sua, la mia voce era fioca, come se non sapessi cosa dire per giustificarmi, infatti era vero.
-Ma che ti è saltato in mente di scappare di casa? Sei impazzito? Volevi che mi venisse un infarto?-
-Lo so. Sono stato stupido e mi dispiace, ma avevo bisogno di un posto tranquillo.- Tremavo.
-Perché? Voglio sapere il motivo della tua fuga!-
Presi un bel respiro e le raccontai tutto quello che era accaduto con Marco e non tralasciai i dettagli. Una volta che finii il racconto attesi che mi facesse la ramanzina.
-Avresti potuto dirmelo senza mettere in piedi questa sceneggiata. Ti sarei stata d'aiuto.-
-E pensi che non lo sappia? Volevo evitare il discorso del "te l'avevo detto".- Feci del sarcasmo.
-Stai tranquillo che te lo faccio ora.- La sentii sospirare. -Quando pensi di tornare a casa? Lo sai che tra un mese hai l'esame per la laurea.-
Mi ero completamente dimenticato della laurea. "Accidenti".
-Non ti preoccupare.- Volevo chiudere la conversazione, la sua ansia mi stava facendo girare la testa. -Ora ti lascio, vado ad aiutare la prozia Caterina. A proposito, il prozio Pasquale verrà lì a prendere alcuni dei miei indumenti.-
Non rispose e mi salutò molto rapidamente, chiudendo la chiamata.
Mi sentivo stanco e la testa si era messa a girare, non ne potevo più, volevo fare due passi qui intorno alla casa.
Avevo preso la strada che andava verso la parte alta del paese, camminare mi avrebbe fatto sentire meglio.
Mentre ero immerso nei miei pensieri asfissianti, sentii che qualcosa mi aveva preso il braccio, una mano enorme mi trascinò all'interno di un vicolo nascosto.
Era Roberto. -Cosa vuoi? Adesso ti sei messo a pedinarmi?-
-L'ho fatto perché volevo parlare con te.-
-Vuoi farmi di nuovo il discorsetto di stamattina?-
-No... volevo fare questo...- Ansimava.
Senza preavviso appoggiò le sue labbra sulle mie, baciandomi. Mi sono sentito strano e per un attimo non seppi cosa fare, ma appena realizzai quanto stava accadendo gli diedi una spinta, allontanandolo da me. Ma Roberto mi trascinò con forza verso di lui e mi diede un secondo bacio.
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Lasciare il passato
Short StoryA volte la fuga può sembrare la soluzione per ogni problema, ma non sempre.... Raffaele fugge dalla città di Brescia quando scopre che il suo moroso lo ha lasciato per tornare con il suo ex, sconvolto e con il mondo che gli crolla attorno; si rifugi...