Capitolo tredici: La "famiglia" Morgan

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Sono soltanto come uno che è ferito, ma che, finché non urta da nessuna parte, vive passivamente, ma al primo contatto che mi colpisce davvero vengo ricacciato verso dolori antichi, i peggiori, e questo non significa che le ferite del passato tornano in vita. No, quelle restano passate, solo che è rimasto l'aspetto peggiore del dolore, poiché le ferite nuove si mischiano a quelle vecchie, esse iniziano a scorrere sul mio corpo, l'attraversano completamente, bruciandolo interiormente. Tutto è orrendo come la prima volta, ma più intenso...Molto più intenso poiché ormai la mia capacità di resistere al dolore è molto più debole. Andare avanti quando si è atterriti e fatti a pezzi è arduo e ostico, però questa volta, malgrado il mio cuore sia combattuto e quasi fatto a brandelli, la priorità di custodire e proteggere la vita della mia migliore amica, nonché causa dei miei affanni, riesce a tenermi a galla. Esistono errori che ho già commesso in passato, ed essi mi hanno lasciato, nel bene e nel male, degli insegnamenti preziosi. Adesso devo raccogliere e incanalare tutte le mie forze e dedicarle e sfruttarle verso la mia migliore amica che ha bisogno di me. Questa mattina è corsa a svegliarmi urlandomi sul viso, come è sempre stata abituata a fare, era un po' di tempo che non lo faceva, e devo ammettere che sono lieto che l'abbia fatto, mi è stato d'aiuto per rammentarmi chi siamo e cosa significhiamo noi due insieme. Questa mattina tutto sembrava essere tornato alla normalità, finché Helene, dal nulla, non mi ha domandato di mostrarle i suoi fratelli chiusi ed incatenati nelle mia cantina. Questa sua richiesta improvvisa mi ha del tutto colto alla sprovvista, turbandomi profondamente. Temo che la mia migliore amica possa provare pena verso quei  cacciatori, che in fondo sono i suoi fratelli. Helene è sempre stata forte, caparbia e alle volte anche acida e petulante, non si fa abbattere tanto facilmente e non ascolta mai il parere degli altri, lei fa ciò che ritiene giusto, senza badare al giudizio degli altri, e questo mi preoccupa molto poiché lei è anche debole, rimane pur sempre una ragazza che è cresciuta da sola e lontana dagli affetti, il suo sentimentalismo potrebbe farle compiere atti poco coscienziosi. Malgrado le mie paure adesso, al mio fianco e sotto la mia attenta protezione, Helene si trova difronte la porta, sigillata e con le sbarre, dove insieme a Caroline ho chiuso i suoi fratelli. "Sei sicura di voler parlare con loro?"; Le domando prima di aprire quella specie di cella. "Sì, Damon...Prima però devo rivelarti una cosa"; il visino di porcellana di Helene è ombreggiato di timore, ed è pallido. Rimango in silenzio, annuendo per farle comprendere che può parlare liberamente e francamente. "Questa notte ho sognato mio padre...Lui...Lui secondo me è colpevole di qualcosa...Non saprei spiegartelo ma ho come la sensazione che mi stia seguendo anche da morto". I miei occhi si spalancano, ma non per la sorpresa dovuta alle sue parole bensì poiché adesso riesco a comprendere chi si cela dietro l'identità dell'ombra che la perseguita. "Prima di aprire questa cella devo far venire una persona qui"; affermo estraendo il mio telefono dalla tasca dei miei jeans. Chiamo l'unica persona che può esserci d'aiuto, l'unica che ha il potere di comunicare con il regno dei morti. Nonostante l'impazienza, tipica della mia migliore amica, quest'ultima rimane calma ed aspetta con pazienza l'arrivo della megera. Fortunatamente Gabrielle ci raggiunge dopo pochi minuti dalla chiamata. "Sei stata veloce"; Commento aprendo la porta, trovando Gabrielle lì davanti; "Ero già per strada quando mi hai chiamato"; risponde entrando in casa; "nessuno ti ha mai detto che sei inquietante?"; Le chiedo retorico e con sarcasmo. "E tu non hai ancora detto alla tua migliore amica che la ami"; costata leggendo nuovamente nei miei pensieri. "Sarà meglio risolvere la questione, odio averti fra i piedi"; borbotto scendendo insieme a lei nelle cantine della mia villa, raggiungendo Helene che invece è rimasta lì ad aspettarmi. "Salve, lei può vedere mio padre?"; Domanda Helene con viva agitazione, stringendo le sue mani. "Sì, adesso è al tuo fianco"; le rivela Gabrielle, promuovendo sul volto di Helene un'espressione mista di sorpresa, disgusto e panico. "Pulce, lui non può farti del male"; la rassicuro prontamente avvicinandomi a lei, pendendo le sue mani fra le mie, accorgendomi che esse sono gelide e tremanti. Il mio sguardo afflitto si deposita verso i suoi occhi, anch'essi afflitti e tormentati. Vorrei tornare indietro nel tempo, quando c'eravamo solo io, lei e il nostro appartamento al centro di New York, quando il mio peggiore incubo era accompagnarla al centro commerciale e quando la guardavo negli occhi quest'ultimi mi sorridevano senza timori, colmi di serenità. Con indecisione apro la porta con le sbarre, trovandomi faccia a faccia con entrambi i fratelli Morgan. Sono seduti sul pavimento con i polsi legati, non hanno molte forze e i loro occhi sono puntanti interamente su di me, carichi di odio. "Sei una bestia ripugnante"; esordisce Fred. Inclino la mia testa, imprimendo sul mio viso un'espressione dispiaciuta. "Non riuscirò più a dormire"; lo beffeggio stampando sulle mie labbra un ghigno derisorio. "Hai soggiogato e plagiato nostra sorella"; interviene pieno d'ira l'altro fratello. "Helene fuggi lontana. Prima o poi ti ucciderà, fa parte della sua natura". Patrick si rivolge alla sorella, sembrando realmente in pena per lei, peccato che in tutti questi anni, mentre loro cercavano di ripulire il mondo dalle bestie come me, io ero l'unico a prendersi cura di Helene. "Lui non mi farà mai del male"; esordisce Helene, avvicinandosi a loro. Fissa entrambi i suoi fratelli, ma solo Patrick ricambia il suo sguardo, poiché Fred non le presta nessuna attenzione. "Damon e la sua famiglia mi proteggono. Nostro padre si è sempre sbagliato. Nessuno è buono o cattivo, siamo tutti ombra e luce". La mia pulce mi dipinge come una specie di eroe, e tutto ciò mi riempie di gioia, tanto da farmi quasi dimenticare che non è mia. "Quello ti protegge?"; Urla con impeto e sarcasmo Fred, scoppiando a ridere un secondo dopo. "Lui al massimo si ciberà di te". Assottiglio i miei occhi e provo a non ascoltare le parole inutili di quel cacciatore che ha vissuto come un vichingo tutti questi anni. "Gabrielle per favore, regalarci una tua perla di saggezza, cosa dice Morgan senior?"; Domando alla veggente che prontamente rivolge i suoi occhi verso un angolo della stanza, dove sembra esserci il vuoto, ma evidentemente non è affatto così. "Cosa farnetichi vampiro? Nostro padre è morto, l'ha ucciso un vampiro...Sì l'ha ucciso un tuo simile"; sottolinea impetuosamente Fred, agitando le sue mani, provando inutilmente a liberarsi delle catene ai suoi polsi. "Ha fatto bene il mio simile ad ucciderlo"; ribatto provocatorio. "Vostro padre ha mai avuto pietà di uno di noi?"; Domando loro, dimenticando che per questi due cacciatori fondamentalisti, le creature sopranaturali sono solo intrise di malvagità. "Lui ha solo svolto il suo compito"; lo difende Fred a denti stretti, scrutandomi con tanto odio. "Senza mai pensare che anche noi vampiri abbiamo una famiglia, degli amici e anche delle persone che amiamo. Chi sono i veri mostri? Noi vampiri, che per natura e senza il nostro volere, siamo attratti dal sangue...O voi che decidete di strappare la vita senza badare a chi soffrirà?"; Chiedo notando con la coda dell'occhio Helene fissarmi con occhi lucidi. "Voi esseri mortali vi credete perfetti, e per questo vi convincete che ogni vostra azione è giustificata"; dico disgustato, spostandomi verso la veggente. "Mi ha rivelato tutto!"; Esclama Gabrielle con il terrore negli occhi. "C'è lui dietro la comparsa del demone qui...Per colpa delle sue azioni è finito all'inferno, e da lì ha aperto un portale...Lui ha dato la possibilità al demone di attraversarlo per uccidere la figlia e riprendersi il pugnale, sapeva inoltre che i suoi figli maschi avrebbero seguito le tracce del demone". La dichiarazione, fin troppo esaustiva della megera, desta dell'inquietudine che traspare limpidamente dal viso pallido e sconvolto della mia amica. "Sì, vostro padre era un santo, tanto da bruciare all'inferno"; commento ironico, precipitandomi dalla mia pulce, poiché temo che, a causa di una notizia così scioccante, possa svenire da un momento all'altro. Mi accerto che Helene riesca ancora a sorreggersi con le sue forze, ma dubito di ciò dato che fa fatica anche a parlare. Avvolgo le mie braccia intorno al suo busto e la sorreggo senza fatica. "Stai bene?"; Le domanda con mia grande sorpresa suo fratello Patrick. "No, l'accompagno di sopra, per favore, non fingere di preoccuparti per lei. E per la cronaca Helene non sarà mai la mia cena, è la mia migliore amica e morirei per lei"; aggiungo prima di raggiungere in una piccola frazione di secondo il soggiorno. "Stefan"; chiamo mio fratello che mi raggiunge tempestivamente. "Per favore chiudi la porta della cella dei fratelli Morgan"; mio fratello senza esitare corre verso la cantina, lasciandomi da solo con Helene, che tiene gli occhi spalancanti ma completamente spenti. "Io tolgo il disturbo"; mi avvisa la megera. "Sì hai già detto abbastanza"; borbotto, prestando le mie attenzioni esclusivamente alla mia pulce. Ad un tratto la mia amica si piega su stessa, spaventandomi totalmente nel momento in cui sento il suo respiro arrestarsi. Credo che stia avendo un attacco di panico. "Respira lentamente Helene"; le suggerisco provando a rimanere calmo. "Lentamente, così piccola mia". Le mie mani stringono le sue braccia e con voce vellutata e delicata provo a infonderle tranquillità. Pian piano riprende a respirare regolarmente. "Sto bene"; afferma di getto, mordendosi con forza il suo labbro inferiore. "Non è vero. Se ti stai mordendo il labbro è perché hai bisogno di piangere, ma non lo fai o perché vuoi ridere a crepapelle ma non è il momento o la situazione adatta"; affermo fissandola dritta negli occhi, leggendo ogni sua più nascosta paura. "Conosco la tue paure Helene, so quanto sei indifesa quando togli la maschera. Non fingere...Non con me"; le suggerisco prendendo il suo viso fra le mie mani, mentre esso lentamente si cosparge di lacrime che chissà da quanto tempo tratteneva. "Ti prego...Stringimi"; singhiozza, attirandomi a sé stringendo le sue mani, con tutta la forza che le rimane, sui lati della mia maglia bianca. "Lui era mio padre...E mi odiava"; dice fra un singhiozzo e l'altro. Comprendo alla perfezione i sentimenti che al momento sta provando, sono i medesimi che hanno tormentato me per molto tempo a causa di una madre che ha abbandonato sia me che Stefan. "Sono io la tua famiglia. Stefan, Caroline, Alaric e le bambine tutti loro ti vogliono bene, perché hanno compreso quanto tu sia speciale". Nessuno potrà mai spezzare il nostro legame, perché anche se un giorno dovessimo perdere la strada, alla fine troveremo sempre il modo per ritrovarci. Noi siamo qualcosa che va oltre tutto, anche oltre l'amore. "Voglio che tu sappia che per me è sufficiente. Perché tutto ciò che sei è tutto ciò di cui ho bisogno"; sussurra al mio orecchio rimanendo fra le mie braccia, strofinando successivamente il suo viso sul mio collo. Respiro profondamente godendomi tutte le sensazioni che si stanno generando dentro di me. "Helene..."; La voce di Luke ci coglie di soprassalto, e la mia migliore amica istintivamente si scosta da me, guardando l'attuale fidanzato colma di sensi di colpa. "Luke come sei entrato?"; Gli domanda Helene con le guance velate di imbarazzo. "Caroline mi ha aperto la porta...Ma vedo che sei impegnata". Il dottorino ha frainteso la situazione e, rivolgendo lo sguardo verso la mia amica, mi rendo conto che mi supplica silenziosamente. Potrei dire al dottorino che quello che ha appena visto era reale, che fra me e la sua ragazza c'è un sentimento più forte e travolgente dell'amicizia, ma Helene mi odierebbe per questo, ed io voglio che lei soffra a causa mia. Mi avvicino a Luke sotto il suo sguardo confuso e adirato e poggio i miei occhi sui suoi. "Dimentica ogni cosa, anche il giorno in cui ero con voi in ospedale"; le mie pupille si dilatano e soggiogano il dottorino. Mi volto verso Helene sorridendole debolmente, mentre lei con le sue labbra carnose mima un grazie. Tutto questo l'ho fatto solo per lei, perché per quanto mi riguarda, la vita di Luke potrebbe finire anche adesso. "Caroline mi ha aperto la porta...Contenta di vedermi?". Helene corre verso di lui gettandosi, con un sorriso sulle labbra, fra le sue braccia. Il mio viso si distorce di dolore, e fingere totale indifferenza non è semplice. "Damon...Io non potevo sapere che tu l'amavi davvero"; esordisce alle mie spalle Caroline, mentre i due piccioncini si scambiano effusioni sul mio soggiorno. "Non avrei mai spinto Helene fra le sue braccia se avessi saputo che ti avrebbe ferito". Tergiversando, la biondina in qualche modo sta tentando si chiedermi scusa. "Pensa di più la prossima volta"; ribatto a denti stretti, percependo il mio cuore stringersi e sgretolarsi. "Mi dispiace"; replica mesta. "Anche a me"; borbotto allontanandomi il più possibile da tutti. La giornata non è ancora terminata e già porto sulle mie spalle la paura di perdere, a causa del demone, la mia pulce, e come ciliegina sulla torta Luke viene a far visita, a casa mia, ad Helene. "Ho bisogno di rimanere da solo"; borbotto come un vecchio burbero, udendo alle mie spalle dei passi. "Non vuoi parlare con una tua cara amica?"; Chiede Bon Bon, cogliendo la mia totale attenzione. "Ciao streghetta"; la saluto sorpreso di vederla. "Ero venuta per parlarti del pugnale, però sono certa che adesso hai solo bisogno di un'amica". Bonnie mi conosce davvero bene, e non posso affatto negare che non mi sia mancata, è stata un'amica preziosa, anche se all'inizio mi odiava profondamente. "Dovresti dirle quello che provi. Da quando sei tornato da New York ho avuto l'opportunità di conoscere un nuovo Damon...Non avere paura, Elena è il tuo passato, non rovinare il tuo futuro per degli errori antichi". Distolgo con aria crucciata il mio sguardo, rivolgendolo verso Helene che bacia affettuosamente il suo ragazzo. "Non lo guarderà mai come guarda te, e questo tu lo sai, soltanto che non vuoi ammetterlo...Fingi non non vederlo Damon"; mi rimprovera la mia amica. "Bon Bon, lei avrà una vita felice"; ribatto provando a convincere sia Bonnie che me stesso. "Ne sei davvero sicuro? Sarà davvero felice rimpiangendo per sempre di non aver mai scelto l'amore della sua vita?"; Mi chiede retoricamente, mettendo a soqquadro un po' la mia testa già stracolma di dubbi. "Lei non mi ama"; affermo con  sicurezza. "Lei ha paura. Teme che non sarà mai abbastanza per te, sta scegliendo la via più facile, ed anche tu lo stai facendo...Siete molto simili"; costata sospirando profondamente. "Ti sbagli Bonnie. Lei ha quello che ha sempre desiderato"; replico a voce bassa, notando che Helene si sta avvicinando a noi, insieme a Luke. "Ciao Bonnie"; la saluta con entusiasmo la mia pulce; "Damon vuoi convincere la tua migliore amica ad uscire?"; Mi domanda il dottorino, sotto lo sguardo annoiato e intimorito di Helene; "Damon non è il caso"; interviene la diretta interessata. "Dovresti uscire, la sera è ancora lunga, ti annoierai se rimmarrai qui"; le suggerisco guardando il suo viso perplesso. In tanto gli occhi di Bonnie mi fulminano e comprendo che lei non è affatto d'accordo con la mia decisione. "Anche il tuo amico dice che è giusto"; la incoraggia Luke, che come sempre interviene senza essere stato menzionato. È un essere inopportuno oltre che insulso. Helene, nel frattempo è me che osserva in cerca di un'approvazione sincera e, nonostante a me ferisca la sua relazione, annuisco incoraggiandola ad andare insieme a lui per svagarsi. "Allora corro a prepararmi"; dichiara con poca convinzione; "visto che sei un'idiota io aiuto Helene a prepararsi"; afferma Bonnie, lanciandomi occhiate infuocate. Sospiro profondamente, raggiungendo il soggiorno seguito dal dottorino che sorride felice e spensierato. Quanto mi piacerebbe strappargli quel sorrisino dalle labbra...Letteralmente. "Da quanto tempo conosci Helene?"; Mi domanda provando ad intrattenere una conversazione con me; "quattro anni"; rispondo secco, senza alcuna espressione sul mio volto. "Tanto tempo"; commenta guardandosi attorno. "Avete una bella casa"; si complimenta, forse allo scopo di compiacere il migliore amico della sua ragazza. "Porterò Helene a mangiare sushi"; dice, senza che io gli abbia chiesto nulla. "Lei lo odia"; ribatto di getto, rammentando con un sorriso lieve la prima volta che l'assaggiò spuntandolo sul mio piatto, quella sera alla fine ordinammo una pizza gigante e la mangiammo sul divano guardando un film strappalacrime, che piaceva solo a lei. "E cosa le piace?"; Mi chiede il dottorino, sperando si fare colpo sulla mia pulce con i miei suggerimenti. "Di certo non sarò io a dirtelo. Scoprilo...Sai è il bello di quando ami una persona, capire cosa ama e cosa detesta"; rispondo pensando a tutti i piccoli gesti che amo di Helene, ad esempio quello di guardarsi allo specchio per diversi minuti facendo facce buffe, o a tutte le sue espressioni che sono state in grado di curare il mio cuore, regalandomi sorrisi che credevo di aver preso per sempre. "Hai ragione"; replica Luke, strofinando la sua mano dietro la nuca. Lo fisso serio, consapevole che lui non ha la minima idea di chi sia davvero Helene, non sa che al mattino si sveglia e la prima cosa che fa è aggiustarsi i capelli, perché è ossessionata da essi. Non ha la ben che minima idea che è l'unica ragazza a questo mondo che urla a squarciagola difronte ad una partita di football, anche se l'attimo dopo probabilmente si soffermerà a guardare il suo armadio urlando che odia i suoi vestiti vecchi. Ad un tratto, dopo anni ed anni di oscurità, riesco a vedere con limpidezza ogni cosa, e comprendo per quale ragione conosco alla perfezione Helene, semplicemente l'osservo dal primo giorno, e non l'ho mai fatto per distrazione, per noia o perché era la mia unica amica. Non è niente di tutto ciò. L'ho sempre osservata, attentamente e con affetto perché inconsciamente, senza mai saperlo io ero già innamorato di lei. "Controllo se è pronta"; affermo salendo al piano di sopra. Bonnie sta aiutando Helene, le sento ridere e mi rendo conto che la mia pulce non ha riportato la luce sono nella mia vita bensì, grazie al suo sorriso al suo modo di essere, ha restituito un po' a tutti quella spensieratezza che avevamo perso. "Le mie ragazze preferite"; esordisco mostrandomi a loro. Helene sposta il suo sguardo verso di me con aria interrogativa; "volevo parlare con te"; dico sostenendo il suo sguardo. "Vi lascio da soli, tanto io ho finito"; dichiara Bonnie uscendo dalla stanza. La mia migliore amica si avvicina a me con aria insicura e tentennante; "sei sicuro che sia una buona idea questa? Il demone è me che vuole uccidere". Annuisco con il capo chino; "lui è ancora debole, quindi goditi questi giorni di quiete"; le consiglio provando a sorriderle. "Ma...Insomma io voglio rimanere qui...Con te". Sento i miei occhi farsi pesanti, e fatico a tenerli incollati ai suoi, che mi fissano imploranti. "Il tuo cuore ha bisogno di qualcuno che non lo spezzi". Ripongo di nuovo una barriera fra di noi, e questa volta lei china il suo capo consapevole che i miei sentimenti rimarranno per lei un oscuro e arcano segreto. "Se è questo ciò che pensi realmente, vado"; dice con ancora la flebile speranza che io la fermi; "a dopo piccola". I nostri sguardi stanno lottando fra loro e, mentre il silenzio regna sovrano, io le sto gridando con la forza del mio sguardo quanto sia follemente innamorato di lei. "Helene"; grida Luke, che è ancora al piano inferiore; "devi andare"; le dico in tono imperativo, provando un gran senso di vuoto. Adesso comprendo per quale motivo ho sempre preferito vivere ed annegare nel mio egoismo. Sacrificarsi per gli altri è una vera schifezza. Helene si dirige verso l'ingresso, ed io l'osservo usciere al fianco di Luke. "Un giorno sarà tutto più facile"; bisbiglio a mio fratello Stefan, è di fianco a me ed in silenzio prova a comprendere il mio dolore. "Certo"; si limita a rispondere, increspando le labbra in un flebile sorriso. Sospiro profondamente raggiungendo, come un soffio di vento, il portico del giardino esterno. Poggio il mio corpo sulla ringhiera e, senza proferire parola, osservo il cielo oscurarsi. Il sole tramonta sul mio viso, lasciando che il suo cielo si cosparga di stelle. "Spero che tu un giorno potrai perdonarmi"; esordisce alle mie spalle Caroline che, con aria lievemente imbarazzata, si avvicina alla ringhiera proprio al mio fianco. Con la coda dell'occhio mi soffermo a fissare la biondina. "Ormai ci conosciamo da molti anni Caroline, e adesso sei anche la moglie di mio fratello, sei parte della mia famiglia, e malgrado alle volte sai essere irritante ho imparato a volerti bene"; le dico senza riuscire a covare rancore verso di lei. "Hai fatto la cosa giusta, perché se Helene non avesse scelto il dottorino, sarebbe ancora al mio fianco a perdere del tempo dietro ad una storia senza senso e senza fine"; ammetto consapevole che non sarei mai stato in grado di lasciare andare la mia migliore amica, avrei continuato quella ambigua relazione sotto le coperte dove, in realtà, alla fine ho lasciato il mio cuore. "Abbiamo sentito tutti la tua mancanza"; mi rivela sorridendo di traverso. "Ogni volta che avevamo un problema pensavamo alle tue battute sarcastiche che erano fastidiose, ma riuscivano a creare un'atmosfera più serena". C'è una nota malinconica nelle parole di Caroline. "Avevamo perso Elena, e tu...tu sei scappato ed io avevo bisogno del mio fastidioso e odioso amico, non andartene più Damon"; mi ordina con voce minacciosa, puntandomi il dito contro. Sorrido voltandomi interamente verso Caroline; "non andrò più via. Mi dovrai sopportare per sempre"; replico sogghignando mentre con il dorso della mano accarezzo il suo viso. "Mamma"; la vocina acuta di Josie cattura la nostra attenzione; "sì piccola"; le risponde Caroline con una voce un po' commossa e tremolante; "non abbiamo sonno"; afferma la mia nipotina mettendo il broncio. "Sono già le nove"; le fa notare sua madre. "Caroline"; la richiamo; "mi occupo io delle bambine. Ti ordino di trascinare mio fratello in un locale per divertirvi". Mia cognata tentenna qualche secondo, soffermandosi a guardare le bambine che al contrario non hanno alcun dubbio con chi desiderano restare. "Va bene, ma voi due signorine dovete comportarvi bene con lo zio"; Josie e Lizzie annuiscono colme di gioia e, dimenticando la promessa appena fatta alla madre, mi saltano addosso come due piccole scimmiette. "Alaric è in camera sua, sta correggendo i compiti dei suoi alunni, ma se dovessi avere bisogno di lui disturbalo"; mi suggerisce Caroline prima di varcare la soglia della porta, al fianco di mio fratello che mi ringrazia con un fugace sguardo. Tengo le gemelle fra le mie braccia, ed entrambe si divertono a scombinare i miei capelli. "Vi diverte torturare il vostro zio preferito"; affermo notando la loro risatina malefica mentre mi strizzano le guance o scombinano i miei capelli. "D'accordo adesso vi porto da vostro padre"; esclamo salendo il primo gradino della scala. "No! Zio Damon, faremo le brave"; mi supplica Lizzie mostrandomi la sua dentatura priva dei due dentini davanti. "Allora datemi un bacio"; dico sorridendo loro, che avvolgono le loro braccia sul mio collo mentre contemporaneamente baciano le mie guance. Dopo vari minuti di lotta estenuante con i cuscini, finalmente le gemelle hanno ceduto alle braccia di Morfeo. Copro i loro corpicini fragili ed indifesi fino all'altezza del collo, bacio le loro guance paffute ed esco dalla loro camera in punta di piedi, ritrovandomi difronte Alaric; "Sei bravo con le gemelle"; si complimenta con me. "Sono loro che sono speciali"; replico sorridendo appena. "Come vanno le cose?"; Mi domanda con premura il mio amico. "A parte che Helene è fuori con il dottorino, mentre i suoi fratelli sono chiusi in cantina...Bene direi"; rispondo tentando di ostentare un'indifferenza che in realtà non esiste. "Tu come stai?"; Chiedo con interesse, camminando con lui al mio fianco verso il soggiorno; "bene...C'è una cosa di cui ho bisogno di parlarti"; tergiversa, un po' nervoso e paonazzo in viso, il mio amico. "Come si chiama?"; Domando a bruciapelo, intuendo che si tratta di una donna. "Come hai fatto?". Alaric mi fissa perplesso e attonito. "Ho qualche anno in più di te, certe cose le capisco al volo. E poi sono giorni che ti osservo mandare messaggini con un sorrisetto ambiguo sulle labbra"; lo derido colpendo la sua spalla, lieto che abbia avuto il coraggio di riprendere in mano la sua vita, le gemelle non devono le uniche donne della sua vita, Rick è ancora giovane. "Lei si chiama Elise, ed è la barista del Grill"; mi rivela lasciandomi a bocca aperta, non immaginavo potesse essere il tipo di ragazza di Alaric. "Sei ancora qui?"; Domando dubbioso, spingendolo ad andare da lei. "Ma le bambine..."; lo ammonisco guardandolo con uno sguardo torvo e fulmino. "A cosa serve uno zio perfetto come me?"; Chiedo retoricamente spingendolo letteralmente verso la porta di casa. "Se dovessero svegliarsi...". Saluto, sventolando la mia mano, Rick "a dopo"; affermo chiudendogli la porta in pieno viso. Alaric ha sofferto tanto, tutte le sue ragazze sono morte o fuggite via a gambe levate, merita anche lui un lieto fine e chissà forse la barista tatuata sarà in grado di renderlo felice. Sbuffo leggermente annoiato, sono l'unico adulto in casa, ovviamente non considero i fratelli Morgan parte di questa unione familiare. Mi aggiro, come un fantasma, per la casa, perlustrando ogni angolo ed ogni ricordo che si annida dentro la mia testa. Adesso questa casa sembra avere odori e sapori diversi, e guardando le scale principali che portano alle stanze padronali, i miei occhi non rievocano più Elena bensì Helene ed il primo bacio che ci siamo scambiati proprio lì. Un bacio che sembrava così innocente e che doveva rimanere tale, in verità ha mutato ogni cosa ed ha riacceso qualcosa in me. Con il viso corrucciato mi allontano da quel ricordo, avvicinandomi in soggiorno. Il camino è acceso e riscalda la stanza, che altrimenti sarebbe fredda. Prendo fra le mie mani uno dei bicchieri di vetro poggiati sul tavolino allestito esclusivamente per il bourbon e, con tanta amarezza e nostalgia, mi verso quest'ultimo riempiendo il bicchiere a metà. Bevo il bourbon tutto d'un sorso mentre il mio stomaco viene divorato da orribili sensazioni che perforano perfino le mie ossa. Mi basta chiudere i miei occhi per rievocare i suoi verdi e limpidi, e le sue labbra mentre baciano un altro uomo, e tutto ciò mi distrugge. La possibilità di una vita insieme a lei sfiora continuamente la mia mente e mi logora, poiché in cuor mio so che l'unico modo per ottenere ciò che desidero richiederebbe un sacrificio da parte di Helene, ed io non voglio che rinunci alla possibilità di una vita normale, mi odierei se un giorno dovesse svegliarsi con la malinconia nel suo sguardo ed il rimpianto di non aver mai avuto un bambino. Stringo il mio bicchiere, versandomi dell'altro bourbon, e ripeto quest'azione una dozzina di volte, finché le mie orecchie non percepiscono il cigolio della porta che si apre, seguito dal rumore sottile dei tacchi di una ragazza. Agito il mio tredicesimo bicchiere di Bourbon e questa volta ho realmente toccato il fondo. "Bentornata"; esordisco attirando l'attenzione della mia migliore amica, convinta che in casa tutti stiano riposando. Helene si avvicina verso di me, fissando con aria corrucciata e torva il mio bicchiere quasi vuoto. "Sei sveglio"; costata mordendosi il labbro inferiore nervosamente. "Sì, a quanto pare"; replico con totale sarcasmo, senza riuscire a togliermi dalla testa la visione di lei che ride alle battute di Luke, che bacia le sue labbra e che si lascia sfiorare persa nei suoi occhi. "Ti sei divertita con il tuo dottorino?"; Domando senza alcuna espressione in volto. "Sì, molto...". La mia risata fragorosa spezza la sua voce impedendole di proseguire il suo discorso. "Scommetto che ha parlato di quanto sia bravo a salvare vite umane. Ma dimmi Helene..."; affermo mentre il mio corpo si pone davanti a lei troneggiante e impettito. Un sorrisino beffardo solca le mie labbra; "Quando ti bacia senti quello che provavi quando baciavi me?"; Le domando inclinando la mia testa in direzione delle sue morbide labbra che silenziosamente chiedono di essere baciate con ardore. "Damon, sei ubriaco riprenditi"; mi rimprovera Helene, ma dal suo respiro debole e affaticato comprendo che l'unica sua fatica è quella di tenermi a debita distanza da lei. "Quanto hai bevuto?"; Mi chiede preoccupata, osservando sul tavola la bottiglia quasi vuota. Mimo con le dita e lo sguardo derisorio una quantità minima; "non abbastanza"; rispondo poco serio, promuovendo sul viso della mia amica un'espressione di tedio e rabbia; "ne vuoi un sorso? Ti farebbe bene, sembri...Non so arrabbiata". Le porgo, con un ghigno impresso sul volto, il bicchiere che ho fra le mani, e lei adirata e con uno sguardo fulmineo lo respinge. "Perché ti comporti come se avessi diciassette anni?"; Chiede frustrata, poggiando il mio bicchiere sul tavolino. "Che ti succede? Qualcosa ti fa stare male?". La premura di Helene è disarmante, tanto da riuscire a distruggere la mia corazza. "Incontrarti è stata una rovina per me"; affermo con lo sguardo afflitto e basso. "Allora lasciami andare"; ribatte impetuosamente, quasi urlandomi contro. "Non posso farlo Helene"; grido con aria totalmente disperata e distrutta. I suoi occhi sono sgranati e mi scrutano spaventati e preoccupati al contempo. "Se mi lasciassi risolveresti ogni cosa giusto? Allora fallo lasciami"; Mi incita scrollando le sue spalle, estenuata e frustrata dalla mia scenata. "No...Perché sei tu il mio problema". Strofino una mano contro la mia nuca, stanco di provare questi sentimenti che non fanno altro che devastarmi. "Perché per averti con me, pagherei qualsiasi prezzo"; dico con voce roca, troneggiando davanti a lei. "Per questo sei la mia rovina"; specifico trattenendo il mio respiro, studiando con attenzione la reazione dei suoi occhi che adesso sono lucidi e completamente in preda alla confusione. "Ho compreso che Luke è un ragazzo dolce e premuroso...è praticamente perfetto. Hai presente il principe delle fiabe? Ecco Luke è un principe...". Gli occhi di Helene si cospargono di lacrime, pronte ad esplodere; "ma...C'è sempre un ma"; intervengo continuando a fissarla intensamente. "Non questa volta Damon. Niente ma...Ci sono solo certezze con Luke, è questo che mi fa andare su tutte le furie, perché eri tu la mia unica certezza". La mia fronte si corruga, e distolgo il mio sguardo con aria sofferta allontanandomi da lei; "non è più così?"; Domando stringendo con forza le mie mani in pugni. "Dimostrami tu stesso che non è così"; replica con voce supplichevole e flebile. Mi volto dirigendomi verso la mia stanza, ma una vocina dentro la mia testa mi suggerisce di non farlo, non questa volta. "Lui non ti merita"; esordisco con impeto, comparendo ad un soffio dal suo viso. Helene sobbalza all'indietro, premendo il suo corpo contro il muro. "Hai detto la medesima cosa anche degli altri miei uomini"; ribatte fissandomi con aria di sfida, difendendo il dottorino. "Sì è vero, perché nessuno di loro ti merita"; controbatto dannatamente serio, spinto dalla gelosia e dalla rabbia. "Luke è diverso. Lui si prende cura di me"; lo difende prontamente, mentre un fuoco ardente brucia dentro di me pericolosamente, accecando il mio senno. "Ovvio...Scusami tanto se ho offeso il tuo dottorino". Con il volto distorto dal disgusto mi allontano da lei. "Davvero Damon, io non riesco più a capirti. Perché ti comporti in questo modo?"; Mi domanda tentando di capirmi, forse per aiutarmi. Ma ciò che bramo non è il suo aiuto ma lei, le sue labbra contro le mie, il suo corpo nudo che accarezza il mio e la sua anima. "Perché lui non conosce nulla di te!"; urlo infuriato e frustrato, sotto il suo sguardo smarrito. "Qualcuno che non sa qual è il tuo cibo o animale preferito...Qualcuno che non ha idea che quando hai voglia di piangere, mordi il tuo labbro e poi cerchi di ridere istericamente e che quando sei triste guardi sempre il lato positivo e continui a sorridere perché sei forte...Bhe uno che non sa tutte queste cose su di te, non ti merita". Continuo a respirare spasmodicamente scrutando il viso sconvolto di Helene con occhi completamente sgranati e lucidi. "Allora chi mi merita Damon?"; Grida frustrata ed arrabbiata. "Io dannazione!"; Affermo con fervore, eliminando la distanza fra i nostri corpi, avventandomi sulle sue labbra senza chiederle il permesso. All'improvviso un'ondata di calore pervade il mio corpo, e quella terribile sensazione di vuoto, che mi trascinavo dietro come un pesante macigno, scompare definitivamente. Le mie labbra assaporano lentamente e con inebriante passione le sue. Percepisco il suo desiderio di avermi come se fosse un'entità viva. Le sue mani avvinghiate alla mia maglia stropicciata, le sue labbra che si perdono sulle mie mentre le nostre lingue si accarezzano, tutti questi piccoli dettagli non lasciano alcun dubbio su ciò che accadrà. Il mio corpo, così come la mia mente, ha bisogno di essere trasportato in un'altra dimensione. Ho la necessità di perdermi in lei, dimenticando ciò che ci circonda, vivendo a pieno questa notte che sarà solo nostra. I nostri respiri si intrecciano divenendo un'unica sostanza. Le mie mani tremolanti prendono le sue, e continuando a baciare la sua bocca morbida e umida, le unisco alle mie. Con irruenza la spingo contro la parete, mordendomi il labbro inferiore, ammirando come il suo sguardo, colmo di lussuria, divora ogni parte del mio corpo, desiderandolo. Le sue piccole mani afferrano il bordo della mia maglietta e, velocemente la sfila via dal mio corpo, interrompendo per qualche secondo il contatto fra le nostre labbra. Rimango a petto nudo difronte a lei, impaziente di spogliarla per poi baciare ogni lembo della sua calda pelle. Privo di senno e pazienza, mi avvento sul suo collo, riempiendolo di umidi e intensi baci, talmente profondi da essere certo di averle lasciato la mia impronta, il segno che, nonostante tutto e nonostante Luke, lei appartiene a me. Helene getta la sua testa all'indietro, dando la possibilità alla mia bocca di vagare fino al suo seno, ancora fin troppo coperto. Con il respiro spezzato ed ormai privo di qualsiasi barlume d lucidità strappo, davanti ai suoi occhi spalancati e maliziosi, la sua maglietta dallo scollo casto. Entrambe le mie mani accarezzano le estremità del suo corpo, delineando le sue curve perfette, e quando si soffermano sul suo sodo fondoschiena, lei istintivamente allaccia le sue gambe intorno al mio torace. Premo con maggiore avidità, estasiato e completamente eccitato, il suo corpo contro il muro, facendo scivolare le mie mani giù per le sue gambe, senza mai staccare le mie labbra dalle sue. Desidero piú di ogni altra cosa farle mancare il respiro. Percepisco le sue agili dita cercare con disperazione la cerniera dei pantaloni e, sogghignando l'aiuto nell'impresa. Però prima che si sbarazzi anche dei miei pantaloni, continuando a tenerla saldamente fra le mie braccia, mi sposto verso il divano del soggiorno. Faccio aderire il suo corpo ormai bollente sui cuscini in velluto, mentre le sue mani accarezzano il mio addome. Mi libero dei miei pantaloni e anche dei suoi, godendomi la paradisiaca visione del suo corpo, che sarà nuovamente mio. Entrambi siamo impazienti di immergerci l'uno nel corpo dell'altro, trovando la nostra dimensione, quel contatto che è mancato sia a me che a lei. I suoi occhi parlano chiaro, mi desiderano, e non posso fare a meno di ascoltare e soddisfare questa richiesta. Mi chino lentamente verso la sua bocca carnosa, l'osservo un attimo prima di assaggiarla e morderla, beandomi del suono spezzato dei suoi piccoli gemiti. Dolcemente e con assoluta calma sposto le mie mani sulla schiena fino al gancio del suo reggiseno, alquanto inutile in un momento del genere, ragion per cui la libero da questo ingombro. La mia lingua gioca con il suo collo e lentamente scende giù, percependo la sua pelle divenire turgida e ruvida. Percorro interamente il suo corpo con la mia lingua, e quando arrivo vicino alla sua intimità mi rendo conto che c'è ancora un ostacolo da superare, le sue mutandine. Impetuosamente e senza mai staccare i miei occhi dai suoi strappo via anche quelle, gettandole con noncuranza dentro al camino. Helene chiude i suoi occhi lasciando andare un profondo e sonoro respiro di piacere. Ho sognato questa scena in miliardi di modi differenti, ho bramato il suo corpo nei miei sogni più proibiti, ma nulla potrà mai sostituire o comparare le sensazioni reali che sto provando adesso. Le sue mani che mi sfiorano facendomi rinascere, le sue labbra che si dischiudono per ansimare debolmente il mio nome e il mio corpo che si sento completo toccando il suo...Tutto ciò è molto più appagante di qualsiasi sogno o desiderio. Fra un sospiro e l'altro le sento pronunciare il mio nome come una supplica, segno che è stanca di aspettare ancora. Helene inarca la sua schiena, suggerendomi di farla sua adesso. Senza farmi attendere ancora, mi sistemo fra le sue gambe, che accarezzo dolcemente prima di affondare dentro di lei per soddisfarla. Colmo quel bisogno primitivo, che lentamente mi stava ossessionando portandomi verso il baratro della follia, entrando lentamente ma con decisione dentro di lei, beandomi dei gemiti che fuoriescono dalle sue labbra. Stringo le mie mani sulle sue natiche, muovendomi dentro di lei più velocemente, strozzando i suoi gemiti con le mie labbra, prima che uno dei due svegli le bambine che dormono al piano di sopra, ed anche se questo dettaglio dovrebbe placarci non fa che aumentare il piacere che ci sta travolgendo e divorando. Adesso mi sento completo, come se mi avessero appena restituito una parte di me, quella che mi mancava di più e quella di cui avevo più bisogno per vivere in pace con me stesso. Libero la mia mente da ogni cosa, lasciandomi trasportare dal flebile suono dei nostri respiri ansimanti e dai movimenti naturali e spontanei dei nostri corpi che ormai si conoscono alla perfezione. Helene riesce a trasportarmi in un mondo di cui avevo dimenticato l'esistenza. Sono stato talmente impegnato, in tutti questi anni, a crogiolarmi su me stesso da rendermi conto che tutto quello di cui avevo bisogno era nella porta di fianco la mia stanza. Sollevo i miei fianchi, sistemandomi in una posizione ancora più comoda e, continuando a muovermi dentro di lei la riempio completamente. Con estrema naturalezza le sue gambe si agganciano intorno alla mia schiena e mi spingono maggiormente verso di lei. Le sue mani graffiano la mia schiena, mentre il suo corpo trema di piacere sotto il mio. Lascio andare la testa con una spinta più forte ansimando contro il suo viso. Non riesco più ad avere il controllo di nulla, e neanche lei. Estasiata e appagata, getta la sua testa all'indietro abbandonandosi totalmente a me. Mantengo il mio ritmo il più a lungo possibile, prolungando sia il mio piacere che il suo, consapevole che ogni cosa potrebbe sgretolarsi per sempre dopo questa divampate passione. Afferro entrambe le sue mani, portandole dietro la sua testa, bloccandole con una mano sola. I miei occhi la scrutano con accecante lussuria e per qualche secondo mi fermo, dandole l'occasione di riprendere a respirare. I suoi occhi mi scrutano confusi, in preda a delle sensazioni che la sconvolgono e l'atterriscono ma di cui non riesce più a fare a meno. Senza preavviso torno a muovermi dentro di lei, e questa volta sembra lottare con sé stessa per tenere gli occhi aperti. Credo che stia per toccare l'apice del piacere, ed io voglio essere insieme a lei quando accadrà e, non appena il suo respiro diviene frammentario e flebile ed il suo corpo si rilassa, tremolante, sotto il mio, comprendo che il piacere ha invaso il suo corpo, esattamente com'è successo a me l'istante successivo. Sfioro il mio naso con il suo, baciandolo dolcemente. Accarezzo la sua guancia, bramoso di dirle quanto la amo. Dischiudo le mie labbra e con occhi pieni di lei provo a parlare, anche se sono ancora sconvolto per ciò che è successo, è stato tutto così impetuoso e imprevisto che ha travolto entrambi senza risparmiarci. "Helene...". Rimango paralizzato, senza avere neanche l'occasione di dichiararmi, poiché ho appena udito la porta dell'ingresso aprirsi. "Sono tornati"; esclamo in imbarazzo e in preda al panico. Helene è ancora totalmente nuda sotto di me, ed io sono nelle sue medesime condizioni. "Oddio"; bisbiglia la mia amica terrorizzata. Senza meditare troppo sollevo Helene prendendola fra le mia braccia e, senza alcuna esitazione o fatica, raggiungo la mia camera, risparmiando a mio fratello ed a sua moglie almeno i nostri sguardi pieni di vergogna. Chiudo la porta della mia camera tirando un respiro di sollievo. Camminando lentamente per la stanza, mi volto verso la mia amica che indossa una mia camicia seduta sul mio letto. Ci fissiamo increspando le labbra in un sorriso e, ormai più sereni, scoppiamo a ridere senza riuscire a controllarci. "Non oso immaginare la faccia di mio fratello se ci avesse beccati nudi sul divano"; dico continuando a ridere, gettandomi sul mio letto. "Pensa al mio imbarazzo invece"; mi ammonisce la mia migliore amica senza smettere di sorridere divertita. "Tanto ci scopriranno, i nostri vestiti sono sparsi per il soggiorno"; preciso scrollando le mie spalle con la consapevolezza che domani Caroline e Stafan ci sottoporranno ad una lunga ramanzina. Ad un tratto, inaspettatamente, il corpo di Helene si distende di fianco al mio. Le sue braccia avvolgono il mio torace e con il suo viso poggiato sul mio petto, mi scruta con un debole sorriso sulle labbra, sussurrandomi, senza emettere alcun suono, ogni cosa. Accarezzo i suoi capelli, affondando le mie dita sulla sua folta chioma, rilassandomi nell'ascoltare la melodia del suo respiro regolare e rilassato. "Ti sei mai pentito di essere fuggito da qui?"; Mi domanda destando la mia sorpresa. Rivolgo il mio sguardo verso di lei, notando che è intenta ad accarezzare il mio torace, disegnando cerchi immaginari. "No. Mai"; rispondo senza il mimino segno di tentennamento, senza avere nessun rimpianto. "Quella era una giornata qualunque. Io cercavo una via di fuga, volevo evadere dal mio passato. Sono entrato per caso in quel bar, ignaro di trovare lì la mia più grande amica. Invece tu eri lì, e riflettendoci bene sembrava che stessi aspettando proprio me"; le dico prendendo fra le mie mani il suo viso. Adesso i nostri sguardi sono intrecciati, così come lo sono le nostre gambe. "Helene, quella era una giornata qualunque...Ma poi sei arrivata tu ed è cambiato tutto"; le confesso mentre percepisco il mio petto bruciare e la mia anima essere divorata dai suoi grandi occhi verdi. Le sue labbra si poggiano castamente sulle mie; "Hai ragione, era te che aspettavo. Buonanotte vampiro"; sussurra sulle mie labbra, affondando nuovamente la sua testa nel mio petto, in segno di protezione e sicurezza. La stringo a me, addormentandomi lentamente, privo di quella sensazione di vuoto che lei aveva lasciato in me. Percepisco dentro di me il caos più assoluto, ed Helene riesce a farmi sentire come qualcuno che per la prima volta, dopo anni, rivede il mare, mi sembra di vedere qualcosa di stupefacente, di sconvolgente, eppure conoscevo già questa sensazione, però non era così che l'avevo visto l'amore la prima volta, con lei è tutto diverso tanto da sembrare nuovo.

Patrick:

Fred/Frederick:

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Fred/Frederick:

Salve a tutti! Ditemi

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Salve a tutti! Ditemi... cosa ne pensate del capitolo? Soprattutto cosa pensate dei fratelli e di Luke? E secondo voi cosa accadrà fra Damon e la sua Helene? Date sfogo ai commenti!!!

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