Capitolo quindici: Un vano tentativo

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Non esistono scelte completamente giuste. Esistono scelte che possono sembrare migliori nell'istante in cui decidiamo di prenderle, ma quando il tempo ci presenterà il conto di quella scelta, apparentemente giusta, in quell'attimo comprendiamo che avremmo potuto agire in un modo diverso, ma non ci rendiamo conto di tutto ciò finché non ci ritroviamo contro ad un muro, devastati e rotti. Per tale ragione la maggior parte di noi vive di rimpianti. Sono rimasto sveglio tutta la notte, con gli occhi spalancati ed il cuore palpitante, osservavo la mia migliore amica dormire fra le mie lenzuola, rannicchiata su sé stessa mentre, di tanto in tanto, con la mano cercava il mio corpo senza riuscire a trovarlo, poiché ero seduto lontano da lei. Altrimenti non sarei stato in grado di meditare lucidamente, avrei preso decisioni avventate e dettate da un cuore ancora fragile e contorto. Per tutta l'intera notte non ho fatto altro che pensare, ho immaginato la mia vita insieme a lei, ho fatto calcoli e probabilità, ragionando razionalmente senza mai dare spazio ai sentimenti, ma sono essi che alla fine controllano ogni cosa, e non posso far altro che accettarlo, poiché quando sono insieme a lei dimentico completamente chi sono, e cosa sono in grado di fare. Desideravo realmente lasciarla andare via e tentare per una volta a non essere il Damon egoista. Volevo essere migliore ma non potrò mai esserlo senza di lei. Stavo per lasciarla andare, lo stavo facendo realmente e con tutte le nobili ragioni del mondo, ma quando ho immaginato la mia vita senza di lei, ho talmente avuto paura di ciò che sarei potuto diventare che ho deciso di prendere anche questa volta la via più semplice. Alla fine non importa più ciò che è giusto o sbagliato, ma ciò che è in grado di renderci felici. Poggio il mio sguardo cupo su Helene e la scruto mentre un raggio di sole si deposita sul suo corpo, illuminandolo. Sorrido debolmente, ancora tormentato ma totalmente innamorato. Respiro a tratti, ancora consapevole che la vita che le posso offrire io non è quella che, forse, immaginava da bambina, ma l'amore...Quello posso giurarle che è profondo, forse molto più intenso di quello che avrebbe mai potuto immaginare. Lentamente mi avvicino al mio letto, sul quale mi distendo proprio al suo fianco. Tiene ancora gli occhi chiusi però percepisce la mia presenza e lo comprendo nell'istante in cui la sua mano prende la mia. La stringo e l'accarezzo, aspettando pazientemente che apra i suoi occhi. Quando ami davvero qualcuno, non ci sveglia una mattina decidendo che è tutto passato. Non funziona in questo modo. "Damon sei qui?"; Bisbiglia Helene tenendo ancora le palpebre chiuse, spostando la sua mano sul mio petto, per accertarsi che non stia sognando. "Sì, sono qui"; le rispondo debolmente, accarezzando la mano che tiene poggiata sul mio petto. "Ti cercavo"; sussurra ancora assonnata, tentando di svegliarsi e di trovare le forze necessarie per aprire i suoi grandi occhi. "Non devi più farlo"; le consiglio terribilmente serio. Senza preavviso vengo abbagliato dall'intensità del suo sguardo. "Resti?"; Mi domanda scrutandomi senza battere ciglio. "Non ho mai desiderato andare via". Le confesso sospirando sonoramente, corrugando la mia fronte, provo a comprendere, guardando attraverso ai suoi occhi, cosa regna nei suoi pensieri. Lei, inclinando il suo viso verso il mio petto, si stringe a me rimanendo in silenzio. C'è qualcosa che vorrei dirle, ma non ho la minima idea da dove iniziare, ragion per cui preferisco tacere piuttosto che rovinare ogni cosa. Adesso non mi importa di nulla, lei respira sulla mia pelle e le sue dita sfiorano il mio corpo, sento il suo cuore battere e per la prima volta dopo molti anni riesco a sentirmi ad un passo dall'essere felice. "Sembri stanca...Hai dormito questa notte?"; mi informo, fissandole con brama le sue labbra. "Non molto"; risponde sincera, giocando con le mie dita. "Io per niente...Sono rimasto sveglio a pensare...A noi, a te"; la mia voce diviene bassa e carezzevole. "Damon..."; prova ad ammonirmi ma con scarsi risultati. Vorrebbe covare ancora del rancore verso di me, per via della discussione di ieri, ma non è capace. "Che c'è? Ti da fastidio che parli così? O adesso ti spaventa?"; Le domando con aria di sfida, scrutando i suoi occhi tingersi di timore e fragilità. Il mio viso è a pochi centimetri dal suo. I miei muscoli sono tesi, i nostri respiri affannati e il suo profumo delicato invade le mie narici. "O mi lasci andare per sempre Damon, oppure mi tieni con te...Per sempre"; sentenzia fissandomi con assoluta determinazione, strappando dalle mie labbra un sorriso trasversale. "Dirti addio significherebbe non pensarti più, e non provare più alcun sentimento nei tuoi confronti. Mi dispiace Helene, purtroppo sono distante anni luce dal desiderare di dirti addio". Quando la mia mano si sposta verso il suo volto per accarezzarlo, i nostri visi sono già talmente vicini che è inevitabile lo scontro fra le nostre labbra. Le sfioro delicatamente per poi divorarle senza alcuna pietà, mentre le mie mani lentamente scivolano sul suo corpo e, quando decidiamo di abbandonarci l'uno all'altro, mio fratello spalanca la porta della mia camera, mostrandosi completamente agitato. "Il demone ha ucciso la figlia del Pastore Geremia"; esordisce con il fiato corto e il terrore negli occhi. Tutto ci travolge così velocemente che non siamo più in grado di proferire parola, il mio unico pensiero è Helene che ad un tratto ha completamente mutato la sua espressione. "Questa è la quarta vittima"; biascica la mia migliore amica. "Ha un significato particolare?"; Domanda Stefan, mentre io salto fuori dal letto pronto per agire e trovare una soluzione o una risposta a tutto questo, prima che il demone si prenda anche la vita di Helene. "Sì, adesso è abbastanza forte per possedere un corpo"; afferma respirando spasmodicamente, quasi in preda ad una crisi di panico. Con il cuore palpitante, mi precipito verso di lei prendendola fra le mie braccia. "Helene, non devi scoraggiarti. Lui non ti farà del male, non finché ci sarò io qui con te. Adesso respira, dobbiamo andare in centrale". Guardo mio fratello e lui, come me, è realmente preoccupato per le sorti di tutti noi. "Stefan tu rimani insieme a Caroline e le bambine. Andrò io in centrale da Matt"; gli suggerisco, lui d'accordo con me si limita ad annuire. "Avviso Caroline, oggi le gemelle non andranno a scuola"; afferma mio fratello precipitandosi dalla moglie. Lancio dei vestiti a caso ad Helene che prontamente l'indossa senza fare storie. Di fretta scendiamo al piano di sotto e, senza neanche fare colazione, ci dirigiamo verso la mia auto diretti in centrale, in cerca di risposte. "Damon c'è una cosa che vorrei proporti". La voce di Helene è insicura, probabilmente vuole suggerirmi qualcosa che non gradirò. "Adesso ogni idea è ben accetta"; affermo continuando a guidare velocemente verso la centrale. "Mio fratello Patrick potrebbe aiutarci..."; tergiversa gesticolando. "Vuoi chiedere qualche consiglio a lui?"; Chiedo voltandomi una frazione di secondo verso di lei. "In realtà pensavo che sarebbe stato meglio liberarlo...Di lui mi fido". Fragorosamente scoppio a ridere; "divertente Helene. Sai alle volte dimentico che hai un umorismo brillante"; rispondo totalmente sarcastico. È fuori discussione che io liberi uno dei cacciatori che vogliono vedermi morto. "Sono seria"; ribatte risentita. "In questo caso sei completamente folle"; replico assottigliando il mio sguardo. "Dovresti fidarti di me". Freno la mia auto, rivolgendo il mio sguardo verso di lei che mi scruta con disappunto. "Io mi fido ciecamente di te. Però piccola loro non sono come te. Devo proteggerti e non posso farlo se in giro ci sono due cacciatori che bramano un pugnale in grado uccidere me e la mia famiglia". Poco convinta della mia scelta, la mia migliore amica annuisce. "Ci parleremo almeno?"; Mi chiede. "Sì"; rispondo sorridendole debolmente. Raggiungiamo la centrale e Matt è davanti la porta del suo ufficio poiché aspettava proprio noi. "Il Pastore è sua moglie sono all'obitorio. Ciò che mi preoccupa è che sapeva chi è stato ad uccidere la figlia"; esordisce Matt, facendoci accomodare nel suo ufficio. "Non mi meraviglia, lui è un religioso conosce i demoni e cose così"; borbotto, provando a capire per quale motivo un demone sceglie di uccidere proprio la figlia di un Pastore, sembra così paradossale. "Dobbiamo fare attenzione adesso"; ci consiglia Helene, tamburellando le sue dita sulla scrivania del biondino. "Non sappiamo che aspetto ha il demone, e poi non dobbiamo dimenticare che ha come tirapiedi un mutaforma"; precisa con agitazione fissando me con timore. "Matt hai trovato qualcosa sulla scena del delitto?"; Domando con la speranza di ricavare almeno una prova che possa farci risalire a lui. "No, tutto pulito"; risponde amareggiato quanto noi. "Perfetto"; esclamo sbattendo con forza la mia mano contro la scrivania. "Damon, torniamo a casa...I miei fratelli sanno sicuramente qualcosa al riguardo". Helene prova a calmarmi, ma la paura di perdere coloro che amo si fa sempre più intesa e concreta. "Andiamo"; replico seguendo il suo consiglio. Salutiamo il biondino ricordandogli di avvisarci se mai dovesse avere delle novità inerenti all'ultimo omicidio. Il tragitto in auto è stato piuttosto silenzioso, Helene era immersa nei suoi pensieri e purtroppo in momenti come questo, dove tutto è difficile e la speranza è sempre meno nitida, vorrei soggiogare la mia migliore amica, riportarla a casa nostra e tornare alla nostra vecchia vita, quella in cui entrambi eravamo felici. Camminiamo l'uno di fianco all'altro sul viale pietroso, lei finge di non guardarmi, ma mi accorgo ugualmente dei suoi sguardi fugaci. "Sputa il rospo Helene"; esclamo esortandola a parlare. Conosco alla perfezione la mia migliore amica, e quando c'è qualcosa che la turba ha sempre questo assurdo timore o timidezza che le impedisce di essere immediatamente diretta e concisa. "Riguarda i miei fratelli...In realtà soltanto Patrick"; mi spiega trovando finalmente il coraggio. "Sei realmente convinta di poterti fidare di lui? Perché se dovesse tradirci io, mio fratello e Caroline non vivremo tanto a lungo da poterti proteggere contro il demone"; replico cupo, mettendole in evidenza quanto siano pericolosi i suoi fratelli. "Lo so...È un salto nel buio...Ma ho come la sensazione che di Patrick possiamo fidarci"; balbetta in preda alla confusione ed una serie di sentimenti contrastanti. "Non voglio mettere in pericolo te o la tua famiglia"; precisa avvicinandosi a me con un'espressione sofferta e cupa. "Però...."; la sua frase rimane in sospeso; "però?"; Domando esortandola in tal modo a continuare la sua frase. "Voglio che tutto finisca Damon. Voglio tornare a New York insieme a te, nel nostro appartamento. E voglio iniziare una nuova vita. Ragion per cui pagherei qualsiasi prezzo pur di riavere indietro ciò ho perso"; afferma prendendo il mio viso fra le sue mani. "Helene ascoltami...Esistono prezzi fin troppo alti, e credimi piccola mia non hai la ben che minima idea del vuoto che arrecano una volta che li avrai pagati". Helene è ancora molto giovane, il suo spirito ribelle ed irruento potrebbe farle compiere gesti avventati. Alle volte dimentico quanto siamo simili, nonostante ciò l'uno è la coscienza dell'altro. Lei scuote freneticamente il suo capo mentre i suoi occhi sono lievemente lucidi e sofferenti. "Quando teniamo a qualcuno siamo disposti a fare qualsiasi pazzia...Sei stato tu ad insegnarmelo"; ribatte continuando a tenere il mio viso fra le sue mani sottili e morbide, mantendo con fierezza il suo sguardo incollato al mio. "Dovresti smetterla di ascoltare un vampiro ultracentenario, senza un lavoro e ubriacone"; la riprendo inclinando le mie labbra in un sorrisino sottile e appena accennato. "Il vampiro in questione è il migliore amico"; afferma nascondendo la sua voglia di ridere. "Hai un pessimo gusto in fatto di amici"; scherzo puntando i miei occhi nei suoi, notando quanto essi siano limpidi e persi nei miei. "Sei migliore di quello che credi Damon Salvatore"; sussurra poggiando la sua fronte contro la mia, cercando con avidità e desiderio le mie labbra. Inclino il mio capo in direzione delle sue labbra, le sue mani accarezzano il mio viso mentre delicatamente sfioro la sua bocca che voracemente si scontra con la mia. Avvolgo un braccio intorno alla sua vita e impetuosamente premo il suo corpo contro il mio, divorando le sue labbra senza un briciolo di dolcezza. La bacio con ardore fino a perdere il respiro e perfino quel flebile barlume di luce che mi era rimasto. Quando le nostre labbra si dividono, una scossa percuote la mia anima, essa ormai ha ripreso a vivere grazie a lei. Respiriamo a tratti, l'uno immerso nell'altro. "Dovremmo entrare in casa"; mi fa notare, spostando i suoi occhi sorridenti verso la porta principale della mia villa. "Già, dobbiamo parlare con tuo fratello Patrick"; dichiaro, provando a fidarmi del suo istinto, e se suo fratello dovesse tradirla avrò un'ottima scusa per staccare la sua testa dal collo. "Quindi ti fidi?"; Domanda con accecante entusiasmo. "Di te sì. Ma non farti prendere dall'entusiasmo. Parlerò con lui e rimarrà sotto la mia stretta sorveglianza, lo rinchiuderò nuovamente dentro la mia cantina quando farà buio"; l'avviso prima che si illuda. Helene spera che i suoi fratelli si ravvedano, e questo riesco a comprenderlo, malgrado non siano mai stati una vera famiglia, il loro legame di sangue non può essere spezzato. La mia migliore amica è sempre stata sentimentale, lei è convinta di essere abbastanza forte da non avere bisogno di nessuno, ma la sua è solo una maschera, poiché sono tante le volte in cui l'ho vista piangere difronte le foto ricordo della sua famiglia. Anche se non ha il coraggio di ammetterlo, lei ha sempre desiderato avere vicino a sé i suoi fratelli. Per decenni sono stato distante da Stefan, e comprendo alla perfezione ciò che percepisce Helene, la mancanza che ha dentro il suo cuore l'ho vissuta anche io. Non appena varco la soglia dell'ingresso un sorriso solca le mie labbra, era un secolo che questa casa non produceva il suono delle risate di bambini. I giocattoli delle gemelle sono sparsi per terra e Caroline rimprovera Josie e Lizzie per aver creato tutto quel caos. "Hai un piccolo problemino"; affermo rivolgendomi a Caroline con un tono derisorio. "Vogliamo Papà"; si lamenta in tono lagnoso Josie. "Dov'è Rick?"; Chiedo corrugando la fronte. Caroline con aria stanca, poggia una mano sulla sua fronte. "Vorrei saperlo anche io"; risponde lievemente adirata. "Mamma vogliamo papà"; urlano contemporaneamente; "aveva promesso che avrebbe giocato insieme a noi dopo il lavoro"; precisa Lizzie mettendo il broncio. "Gioco io insieme a voi"; esordisce Stefan caricando le bambine sulle sue spalle. "Sì. Papà Stefan"; sorridono entrambe stringendosi a mio fratello. Osservo mio fratello giocare con le gemelle, e mi accorgo che è davvero un ottimo secondo padre per loro, e non posso negare che lo invidio leggermente. "Stefan è dolcissimo con Josie e Lizzie. Non sono le sue figlie ma lui le ama ugualmente"; commenta Helene osservando, come me, mio fratello. "Già...Ma avere un figlio proprio è una cosa ben diversa"; preciso incupendo il mio sguardo. Mi rendo conto che con la mia affermazione ho destato anche l'inquietudine della mia pulce. "Parliamo con i tuoi fratelli"; le consiglio sorridendole, cercando di rimediare al mio commento precedente. Non è colpa sua se io non ho mai avuto la famiglia che desideravo. C'è stato un periodo della mia vita in cui ero ad un passo dall'ottenere quella vita, rammento che avevo trovato la cura per il vampirismo, ed insieme ad Elena progettavamo una vita normale. Ma quel sogno è svanito insieme a lei ed inoltre la cura è andata persa per sempre, ragion per cui è inutile per me bramare qualcosa che non potrò mai avere. Apro la porta blindata della mia cantina rendendomi conto che i fratelli di Helene sono privi di forze e i loro visi sono scarni. "Non vi libererò. Quindi vi converrebbe mangiare"; consiglio ad entrambi con un tono di voce calmo e pacato. "Preferisco morire feccia"; borbotta Fred. "Nonostante tu sia in pessime condizioni, ad un passo dalla morte, hai il coraggio di rivolgerti a me con disprezzo?"; Costato fingendomi colpito dal suo atteggiamento. "Uccidici, tanto lo farai"; ribatte provando a colpirmi con le catene ai polsi. "Non potrei mai, è così divertente vedere due impavidi cacciatori nella rete della bestia"; replico provocando il suo orgoglio imprimendo sulle mie labbra un ghigno beffardo. "Damon, basta provocarlo...Non siamo qui per lui"; mi ammonisce la mia migliore amica, rivolgendo le sue attenzioni a Patrick. Helene si china verso suo fratello, porgendogli un bicchiere d'acqua, raccolto dal vassoio che nessuno dei due ha osato toccare. "Bevi"; gli suggerisce la sorella sollevando la sua testa. Patrick si scosta, come se avesse paura di lei, ma dolcemente Helene accarezza la sua guancia, placando i dubbi del fratello. Riacquistata la fiducia di uno di loro, sarà più semplice cacciarli via dalla città senza spargimenti di sangue. "Helene perché non fuggi da lui?"; Le domanda Patrick, guardando profondamente e con affetto la sorella. La mia pulce gli sorride; "Perché qui sono felice. Lui è la mia famiglia adesso"; risponde spostando verso di me i suoi occhi colmi di gratitudine. "Vieni insieme a noi. Ti dimostrerò che nostro padre si è sempre sbagliato"; gli propone Helene porgendogli la mano, in segno di tregua. Patrick rivolge il suo sguardo verso il fratello e quest'ultimo lo scruta con astio. "Se dovessi andare con lei, non esiteranno a soggiogarti"; sentenzia ringhiando con palpabile diffidenza. "Ti darò la verbena"; afferma prontamente Helene, lasciandomi alquanto dubbioso su questa sua scelta. "Ti prego Patrick...Fidati di me, ho bisogno di mio fratello"; lo supplica la mia migliore amica, facendo appello a ciò che rimane della sua coscienza. "D'accordo"; risponde scrutando me con poca convinzione, porgendo in avanti le sue mani, credendo realmente che sia così idiota da liberarlo dalle manette che terranno le sue mani da cacciatore lontano da qualsiasi arma. "No quelle rimangono ai tuoi polsi. Sono un tipo cauto"; replico stampando sul mio viso un'espressione provocatoria. Sotto lo sguardo lieto e più sereno di Helene, mi chino per liberare dalle catene ai piedi uno dei suoi fratelli, il più coscienzioso dei due. Questa mio atto caritatevole non è affatto frutto di una mia decisione volontaria, ma dal momento che non abbiamo nessuna pista su cui lavorare e Patrick è un abile cacciatore, l'unica possibilità che abbiamo è fidarci di lui, o almeno provarci. Richiudo la cantina, Fred non ha neanche guardato il fratello mentre usciva da lì. È alquanto suscettibile il cacciatore. "Ci sono delle bambine al piano di sopra, sono le mie nipoti. Se dovessi fare del male a loro io ti decapiterò"; lo avviso con il sorriso sulle labbra, in tal modo non oserà neanche guardare le bambine. "Chiaro"; afferma alzando gli occhi al cielo. "Adesso mangia qualcosa, sei più debole di un bambino rachitico"; gli consiglio camminando verso la cucina. Lascio ad Helene la custodia del fratello, ma evito di allontanarmi troppo, non voglio spiacevoli sorprese. "É stato avventato liberarlo". Mio fratello ha perfettamente ragione, però è pur vero che non abbiamo nessuna conoscenza sulle entità demoniache, al contrario di Patrick. "Lo so. Però lui è sotto la mia stretta sorveglianza. Quando avremmo ottenuto le informazioni riguardo al demone lo sbatterò nuovamente in cantina". Le mie rassicurazioni non tranquillizzano totalmente Stefan, ma non abbiamo molte altre scelte e lui questo lo sa perfettamente, per tale ragione evita di ribattere. "Un suggerimento"; mi dice mio fratello prima che io lasci il soggiorno per raggiungere Helene in cucina. "Togli al cacciatore le manette. Le gemelle potrebbero impressionarsi"; mi consiglia ritirandosi in biblioteca. Quando metto piede in cucina vengo travolto dallo sguardo colmo di gratitudine di Helene, e questo un po' mi aiuta a sopportare la presenza del cacciatore in casa mia. "Oggi è il tuo giorno fortunato"; esclamo sbuffando, avvicinandomi a Patrick per togliergli le manette ai polsi. "Credevo...". L'ammonisco bruscamente, prima che continui a blaterare fastidiosamente. "Non voglio che le mie nipoti si spaventino. Niente di personale"; Affermo poco amichevolmente, lasciando che consumi il pasto che gli ha servito Helene. "Cucini bene"; si complimenta Patrick con la sorella, che arriccia il suo naso scuotendo il capo; "io sono una frana ai fornelli, è stato Damon a cucinarlo, ieri sera"; replica indicandomi raggiante di gioia. Sembra lieta di avere al suo fianco il fratello, non l'avevo mai vista così luminosa. "Quindi voi vampiri vi nutrite di cibo normale?"; Chiede abbastanza stupito; "non sei un cacciatore che dovrebbe sapere tutto sui vampiri?"; Domando retoricamente, notando che la mia amica mi sta fulminando con lo sguardo a causa della mia poca delicatezza. "Sì mangiamo cibo normale. Certamente preferiamo di gran lunga il sangue"; preciso sogghignando. "Damon beve dalle sacche di sangue, e quando beve direttamente da una vena riesce a controllarsi e non uccide"; sottolinea prontamente la mia pulce, per dimostrare al fratello che i vampiri non sono mostri come ha sempre sostenuto. "Non dipingermi come un pappamolle"; la rimprovero incrociando le braccia al petto con aria offesa. "Ho per caso ferito il tuo ego?"; Domanda con evidente sarcasmo la mia migliore amica, consapevole quanto io sia egocentrico e narcisista. "Sì pulce, mi hai ferito"; le confermo scrutandola sottecchi con aria minacciosa. "Mi dispiace così tanto"; esclama mettendo una mano sul cuore, sbattendo le sue lunghe ciglia con aria di sfida. "Helene non giocare con il fuoco...". La esorto con diplomazia a porre fine alle sue giocose provocazioni, poiché è consapevole che ne uscirebbe sconfitta. "Non ti temo vampiro"; afferma sostenendo il suo sguardo sul mio. All'improvviso una quiete che non percepivo da settimane si impadronisce di entrambi. Era da un po' ormai che non giocavamo e scherzavamo in questo modo, eppure per noi è del tutto naturale comportarci come due liceali. Ma in tutta onestà, devo ammetterlo, ho realmente avuto timore di perdere tutto questo. "Sei nei guai pulce"; l'avverto puntandole il dito contro; "prendimi"; mi propone mostrandomi la sua lingua rosa. Increspando le mie labbra in un sorriso trasversale, lascio ad Helene un minimo di vantaggio, nel frattempo mi accorgo che Patrick continua a guarda me e la sorella in religioso silenzio, completamente stravolto e confuso. Helene prova a scappare verso il giardino, ma a me basta un solo secondo per raggiungerla. "Hai perso"; esclamo vittorioso, prendendola in braccio contro la sua volontà. "Lasciami"; si dimena scoppiando a ridere. "Assolutamente no, adesso avrai ciò che ti meriti"; replico facendo aderire il suo fondoschiena sul tavolo nel quale sta ancora mangiando il fratello. "Cosa vuoi farmi?"; Chiede con voce sensuale e ammaliante, avvicinandosi alle mie labbra che ghignano. "Potete risparmiarmi tutto ciò?"; Ci richiama Patrick, infastidito nel vedere la sorella fra le braccia di un vampiro. "Stiamo giocando. Damon non stava per baciarmi realmente"; interviene Helene, lasciandomi leggermente insoddisfatto di questa sua ultima affermazione. "Le avrei fatto il solletico"; preciso con sincerità, anche se successivamente l'avrei baciata davvero. "Helene". La mia amica viene richiamata con voce tentennante ed insicura da mio fratello e, quando mi volto verso di lui, non posso fare meno di notare quanto sia cupo il suo sguardo nei miei confronti. Helene pimpante scende da sopra il tavolo e si avvicina a Stefan. "C'è Luke alla porta"; bisbiglia al suo orecchio mio fratello. Come due anguille i miei occhi si spostano in direzione di mio fratello che, con un'espressione accigliata e costernata, mi guarda scrollando le sue spalle mentre sento scorrere dentro di me un'insana rabbia violenta. Helene, prima di dirigersi dal suo dottorino si sofferma a scrutarmi lievemente malinconica, ma nonostante tutto, con un debole cenno del capo, le suggerisco di andare, poiché nel profondo del mio cuore so che lei appartiene a me. "Helene ti prego chiariamo ogni cosa. Mi manchi da impazzire"; esordisce Luke entrando nel mio soggiorno con un'enorme mazzo di rose rosse ed un pacchetto fra le mani. Trattenendo la mia rabbia mi avvicino a Patrick che osserva la sorella mentre abbraccia il suo attuale fidanzato. "Credevo che fosse la tua ragazza"; afferma attonito il cacciatore, provando a capire quale rapporto mi lega alla sorella. Vorrei porre fine ai dubbi di Patrick ma ahimè neanche io sono in grado di comprenderlo. "No. É la sua ragazza"; rispondo con l'immensa voglia di distruggere qualsiasi cosa attorno a me, perfino me stesso. "Tu però la ami...Non è così?"; Mi domanda Patrick, divenendo ad un tratto sopportabile. Gradiasco la sua presenza molto più di quella del dottorino. "Che importanza ha? Non mi avresti desiderato come cognato"; replico con pungente ironia. "Volevo solo accertarmi che mia sorella fosse felice"; ribatte con reale interesse. "Allora per quale motivo per dieci anni non ti sei fatto né vedere né sentire?"; Domando fissandolo sottecchi, infuriato per il dolore che lui e suo fratello hanno arrecato ad Helene. Per anni ho consolato la mia migliore amica che non riusciva a sentirsi abbastanza, pensando di essere solo una figlia bastarda, mentre lui insieme al fratello ed il padre sociopatico cacciavano demoni, vampiri e licantropi. "Sfuggire a mio padre non era un'impresa semplice...Cosa credi che sono stato felice? Odio la mia vita. Ma farei di tutto per mio fratello e per mia sorella"; ringhia con feroce ira, dimostrandomi che l'unica vera bestia in tutta questa storia è sempre stato solo suo padre. "Fred non è della tua medesima idea"; lo riprendo cercando di comprendere perché quest'ultimo è spietato e dispotico quanto lo era il padre. "Lui è stato cresciuto esclusivamente da mio padre, non ha mai avuto una figura materna...Per fortuna non è successa la stessa cosa a me, la madre di Helene si è presa cura di me...C'ero anche io il giorno dell'incidente, avevo sei anni e ricordo tutto". All'improvviso tutto inizia ad apparire più chiaro, e comprendo perché Patrick è molto più legato ad Helene, al contrario di Fred che riesce solo a provare odio. "Lei voleva salvarci, avrebbe salvato anche Fred, solamente che lui era fin troppo devoto a nostro padre, aveva già dodici anni e le sue idee erano state influenzate da lui". Mi spiega pacatamente. Osservo intensamente il viso del fratello di Helene, provando a capire se questo suo racconto sia solo una messa in scena e, dai suoi occhi lucidi, la mascella serrata e le sue parole alle volte tremolanti, capisco che il suo dolore è reale. "Non mi piacciono i vampiri. Ma ho sempre voluto bene ad Helene, ragion per cui non vi tradirò". Annuisco con il volto corrugato e, seguendo il mio istinto, provo a fidarmi del cacciatore. "Luke è bellissima"; esclama Helene con vivo entusiasmo. Guardo Patrick facendo una lieve smorfia di disgusto. "Le avrà fatto un bel regalo"; deduce ridendo il cacciatore. "Sei perspicace"; affermo del tutto infastidito del suo sorrisino compiaciuto. "Detesto quell'inutile essere...Anche più di te"; gli rivelo con franchezza sotto il suo sguardo consapevole. Raggiungo con Patrick al mio fianco il soggiorno, curioso di vedere cos'ha regalato il dottorino ad Helene. "Ciao Damon"; mi saluta sorridente ed entusiasta Luke. Alzando gli occhi al cielo salutandolo forzatamente con un lieve cenno della mano. "Helene fa' vedere al tuo amico la collana che ti ho regalato"; le suggerisce il suo dottorino mettendosi come al solito in mostra. La mia migliore amica lievemente incerta si volta completamente verso di me. "Luke mi ha regalato una collana, il ciondolo è un diamante"; mi dice senza riuscire a guardare i miei occhi, che la scrutano con disappunto. "Così finalmente toglie quella vecchia collana che indossa assiduamente"; precisa Luke destando maggiormente il mio odio nei suoi confronti. "Quella collana è un mio regalo"; puntualizzo fissando sottecchi il mio rivale. "Quella che mi hai appena regalato l'indosserò il giorno del ballo a casa del sindaco"; interviene Helene, rivolgendosi a Luke. La mia amica, percependo la tensione elevata fra me e Luke, coscienziosamente pone fine al diverbio, prima che esso termini in un'aspra e violenta lite. "Certo tesoro...Sarai bellissima"; le dice il dottorino avvolgendo le sue luridi braccia intorno alla vita di Helene. Il sangue che scorre nelle mie vene diviene pura lava incandescente e, con una velocità disarmante, arriva dritto al mio cervello annebbiandolo completamente. Irrigidisco talmente i muscoli delle mie braccia che le vene divengono visibili. Stefan anche se è distante da me, nota quanto stia faticando nel trattenere la mia funesta ira, mi fissa da lontano scuotendo il suo capo. Il suo gesto sembra placarmi finché i miei occhi non si scontrano con una crudele realtà. Un alone oscura la mia vista ed il mio udito mentre, proprio difronte a me, Luke preme le sue labbra contro quelle della mia migliore amica. Sento una lama trafiggermi il petto e neanche la rabbia è in grado di fortificarmi. Mi allontano furente, prima che la mia ira ponga fine alla vita di Luke, una volta e per tutte. Oggi ho avuto come la sensazione che tutto si aggiustasse e, per un attimo, ho creduto erroneamente di avere finalmente trovato qualcosa di simile ad un lieto fine. Evidentemente mi sbagliavo. Sono realmente un folle masochista, non imparo mai dai miei errori, continuo a trascinarmi dietro questa vana speranza che alla fine mi annienta. I sentimenti, sono essi la mia unica rovina e forse è giunto il momento di spegnerli una volta e per tutte. E adesso che dentro di me c'è solo il caos, ho bisogno di un silenzio che possa essere eterno. "Nessuna ti ha amerà mai come ti ho amato io". Un brivido freddo percorre la mia schiena. Con occhi spalancati e completamente sconvolti mi volto verso la voce che ha richiamato la mia attenzione. "Elena?"; Domando totalmente tremante. "Ti sono mancata?"; Domanda sorridendomi debolmente. Non può essere realmente lei, forse davvero ho perso il senno oppure quello che sto vedendo è il suo spirito. La veggente aveva detto che lei vegliava ancora su di me, però non comprendo per quale assurda ragione io riesco a vederla. Le mie labbra sono dischiuse ma non riescono ad emettere alcun suono. "Sono io Damon. Toccami sono viva"; mi suggerisce avvicinandosi sempre di più a me. Quando sfioro le sue mani le sento calde, ma tutto ciò è impossibile. "Dì qualcosa"; mi esorta notando quanto io sia sconvolto. Provo a parlarle ma non trovando nulla di giusto o adatto, istintivamente mi fiondo sulle sue labbra, baciandole dolcemente. "Come immaginavo"; ringhio fissando sottecchi la donna difronte a me, che sicuramente non è la mia Elena. "Sono ferito e con il cuore a pezzi non idiota"; affermo osservando la creatura che ho difronte. "Sei un vampiro furbo e perspicace allora?"; Domanda quell'essere cambiando nuovamente forma. Indietreggio lievemente turbato; "Come sei riuscito ad entrare?"; Chiedo provando ad avventarmi contro il mutaforme che adesso ha l'aspetto di un uomo. "Semplicemente attraversando il bosco...Dovreste mettere una rete intorno al vostro giardino"; mi consiglia con aria derisoria. Mi guardo attorno cercando di capire se le gemelle sono al sicuro, e quando ascolto le loro vocine mischiate a quelle della madre e di mio fratello riesco a tranquillizzarmi. "Non sono qui per farvi del male...Non adesso almeno"; precisa ridendo, inconsapevole che prima o poi la sua testa diverrà un trofeo. "Dimmi perché sei qui"; lo minaccio digrignando i denti. "Lo scoprirai presto...Ci vediamo Damon"; mi saluta beffardamente; "ah per la cronaca baci molto bene"; mi schernisce prima di andarsene definitivamente. Tornando dentro casa mi accorgo che davanti al mio porticato c'è Helene. "Era il mutaforme"; afferma tremante; "sì era lui"; rispondo freddo, proseguendo verso l'interno della casa senza prestare ulteriori attenzioni ad Helene. "Stavo parlando con te"; urla alle mie spalle adirata. "Io non ho più niente da dirti. Ti ho già detto anche abbastanza"; ribatto passivamente, senza voltarmi verso di lei. "Non pensavo mi baciasse...Se fossi rimasto un altro secondo avresti notato che...". Con un'accecante ira metto a tacere Helene urlandole contro. "Cosa avrei notato? Quanto pendi dalle sue labbra?". Colmo di amarezza mi allontano da lei, sfinito da una storia che non è mai iniziata. "Mi ha colto alla sprovvista"; si giustifica frustrata la mia amica. "Tu provi qualcosa per lui. Sei confusa, e l'ho capito sai"; affermo corrugando la mia fronte, inarcando verso il basso le mie sopracciglia. Lo sguardo di Helene si incupisce. "Siete così diversi"; biascica provando ad accarezzare il mio viso. "Come pensavo. Scusa Helene ma non sono mai stato così generoso da dividere una donna con qualcun altro"; le dico scostando la sua mano dal mio viso. "Sono egoista ricordi? Le persone non cambiano". La mia voce è roca ed i miei occhi emanano stanchezza, poiché alla fine non conta rimanere se stessi. Gli altri desidereranno sempre un'altra versione di noi, ed essa sarà sempre quella che ci somiglia meno. "Ti comporti come un bambino"; grida infuriata, colpendo, con tutta la violenza che il suo corpo può generare, il mio viso con la sua mano. "Io ti detesto Damon"; singhiozza inerme difronte a me. "Forse è molto meglio così"; replico privo di emozioni, guardando la mia migliore amica con un gigantesco vuoto dentro. Ferirci è divenuta un'estenuante routine, e ciò che mi spaventa è che siamo abili in questo poiché l'uno conosce perfettamente l'altro. Io e lei non sappiamo amarci, questo è innegabile eppure, anche se lei non vuole ammetterlo continuando a urlarmi che mi detesta, riesco ugualmente a percepire quanto entrambi siamo innamorati l'uno dell'altro. C'è della follia in tutto questo, e credo che dovremmo porvi fine, prima che tutto degeneri fino a non potersi risanare più nulla di ciò che c'è stato di quell'amicizia che mi ha ridato la forza per guardare avanti, e credere in un possibile futuro senza Elena . "Damon"; urla a gran voce mio fratello. Da quando sono tornato qui la pace si è come dissolta nel nulla, forse sono realmente maledetto. Stefan, con il fiatone ed uno sguardo terrorizzato, entra dentro il soggiorno. "Fred è fuggito"; dice destando sia la mia inquietudine che quella di Helene che, prontamente, asciuga il suo viso cosparso di lacrime. "Il pugnale"; bisbiglio fra me e me, spostando i miei occhi verso quelli della mia amica, realizzando che i suoi timori sono uguali ai miei. Senza dire nulla mi precipito dentro la mia camera da letto e, come ahimè avevo dedotto, il cassetto dove custodivo il pugnale è aperto. "Ho provato a fermarlo ma ha minacciato anche me"; esordisce alle mie spalle Patrick. "É stato il mutaforme a liberarlo. Ed ha distratto me per farlo fuggire...Sono consapevole che tu non c'entri nulla"; replico passando con aria afflitta una mano sui miei capelli. "Mio fratello vuole ucciderti lo sai?"; Chiede retoricamente il cacciatore; "lo so"; confermo uscendo dalla mia camera per raggiungere nuovamente mio fratello. "Abbiamo un piccolo problemino"; affermo minimizzando la reale entità della catastrofe che incombe su tutti noi. "Che problemino?"; Domanda Stefan a braccia conserte. "Fred ha solo rubato un pugnale che uccide i vampiri della discendenza di Klaus. Un solo graffio della sua lama ci ridurrebbe in carne putrida"; preciso con voce calma provando, con il mio atteggiamento sfrontato e poco serio, a non allarmare nessuno. "Pugnale? Klaus? Sono confuso"; balbetta mio fratello. Infastidito e lievemente disturbato dalla sua poca elasticità mentale mi rivolgo a Patrick. "Illumina tu il mio fratellino. Io ho bisogno del mio bourbon"; dico spostandomi verso la teca dove custodisco una bottiglia piena. Stefan e il cacciatore si sono ritirati dentro la biblioteca per parlare del pugnale invitando anche Rick, quest'ultimo è appena tornato da un'intenso soggiorno dalla sua nuova amante. Anche io dovrei essere lì dentro, poiché tutto ciò mi riguarda personalmente, ed ora che Fred lo psicopatico è riuscito a fuggire prendendo anche il pugnale, la situazione è molto più pericolosa, soprattutto per me. Sorseggio il mio bourbon con lo sguardo immerso nel nulla. Troppi pensieri si annidano nella mia mente e non sono in grado di gestirli tutti. Fra me e la mia migliore amica regna solo un'intensa tensione che purtroppo si mischia all'ira divenendo un mix letale per entrambi. Guardo il fondo del mio bicchiere, ormai quasi vuoto, rammentandomi di quei giorni a New York, in cui tutto era perfetto. Mi mancano i suoi sorrisi spontanei e sinceri e mi manca terribilmente ciò che eravamo, forse sarebbe stato molto meglio vivere senza mai comprendere i miei veri sentimenti nei suoi confronti. Poggio, con gli occhi colmi di vecchi ricordi, una mano sul muro di pietra del camino, percependo il suo calore mentre un ricordo riaffiora limpido nella mia mente.

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