Capitolo sedici: L'oblio

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È molto più complesso accettare se stessi che gli altri. Sono giorni che, guardano il mio riflesso allo specchio, non riesco a vedere nient'altro che la bestia. Ho represso a lungo sentimenti forti come il rancore, l'odio o il risentimento e lentamente sembrano divorarmi, tutti insieme. Volevo cambiare, volevo per me una vita diversa e forse anche migliore, alla fine dei giochi però mi ritrovo nuovamente con l'anima interrotta ed i frammenti di essa fra le mie mani, e ciò che di buono rimane della mia vita adesso lo sto sorseggiando, poiché il sapore del bourbon è rimasto sempre lo stesso, nonostante io sia un uomo diverso e mutevole. Fisso il vuoto mentre attorno a me si mescolano le voci della gente, tutto si muove e cambia, tutto tranne me. Poggio le mie labbra sul mio secondo bicchiere di bourbon osservando distrattamente il mio migliore amico scambiarsi tenere effusioni con Elise, la barista. "Il tuo amico è ancora depresso per quella ragazzina?"; Domanda un po' inopportuna. Alzo il mio sguardo dal bicchiere per rivolgerlo prima verso la barista e poi verso Rick che ha intuito che non ho affatto gradito la domanda della sua nuova fiamma. "Ho capito non è in vena di parlarne...Ti offro del rum per farmi perdonare"; afferma voltandosi per servirmi un'altra bevanda alcolica. "Comprendo che tu stia male Damon...Ma non risolveremo nulla in questo modo"; Mi consiglia il mio migliore amico, tentanto di percuotermi interiormente per farmi svegliare dal mio torpore. "Ti è mai capitato di guardare una donna e sentire il tuo intero mondo tremare, vederla sorridere e pensare che stai assistendo ad una sorta di paradiso interamente tuo? Ti è mai capitato di toccarla e percepire i polpastrelli delle dita infuocarsi di desiderio. Baciarla e pensare che la sua lingua sia l'unica al mondo che si intrecci così perfettamente alla tua?". Fisso Alaric corrugando le rughe della mia fronte, mentre lui annuisce appena. "Sì so cosa si prova Damon"; risponde con voce sottile, sorseggiando il suo whisky. "Allora dove riesci a trovare il coraggio di dirmi di lasciare perdere ogni cosa?"; Domando lievemente rude, respirando spasmodicamente. "Non te l'ho detto. Voglio soltanto che tu sia più lucido e razionale. Siamo in pericolo Damon, o l'hai dimenticato?". Scuoto il capo, poggiando le mie labbra sul mio bicchiere bagnandomi le labbra. "Ci penso notte e giorno"; replico maledettamente serio e corrucciato. "Allora lotta. Per la donna che ami e soprattutto per te stesso"; mi consiglia il mio migliore amico poggiando una mano sulla mia spalla, scrutandomi profondamente in segno d'incoraggiamento. Annuisco debolmente, sospirando non appena i miei occhi si rivolgono verso uno dei tavoli in fondo al locale nel quale, serenamente e con aria allegra, Luke ed Helene stanno consumando la loro cena. Una settimana fa ero pronto per iniziare una nuova vita insieme a lei, l'unica donna che riusciva a capirmi ed accettarmi, adesso quella vita è lontana anni luce dal divenire reale poiché lei ha scelto, e non ha scelto me. Ci siamo fatti fin troppo male e adesso fatichiamo a rimanere in equilibrio. É trascorsa una settimana da quando abbiamo discusso fino a ferirci, e da allora parliamo a stento e i nostri occhi si sfiorano di tanto in tanto per annegare nella nostalgia. "Ecco il tuo rum offerto dalla casa"; esclama Elise porgendomi gentilmente il bicchiere. "Grazie. Ma adesso devo andare"; affermo lasciando il mio amico da solo in compagnia della sua ragazza. Sento la necessità di camminare lontano, di starmene per conto mio. Alle volte la solitudine diviene un bisogno più che una condizione umana. "Credevo che dopo mia sorella non saresti stato più in grado di amare"; esordisce alle mie spalle il piccolo Gilbert. Mi volto verso di lui con uno sguardo cupo, cercando ugualmente di sorridergli. Io e lui non siamo mai andati particolarmente d'accordo, ma l'amore per Elena ci ha sempre tenuti uniti in qualche modo. "Credi che sia sbagliato?"; Domando guardandolo serio, poggiando la mia schiena sulla statua al centro della piazza della città. "Non lo so"; replica sospirando affiancandosi a me, rivolgendo i suoi occhi verso il cielo. "Credi che lei possa vederci?"; Chiede con malinconia e nostalgia della sorella maggiore. "Forse. Manca a me sai? Non l'ho dimenticata...Non potrei mai farlo"; gli confesso con assoluta sincerità. "Lei era l'amore della mia vita, e l'ho amata intensamente"; preciso guardando con la coda dell'occhio il suo viso, che è ancora rivolto verso le stelle e la luna che brilla con pienezza in cielo. "Ed Helene? Cos'è lei per te?"; Domanda con lieve curiosità, guardandomi di traverso. "La mia migliore amica, la ragazza con cui desidero passare il resto dei miei giorni. Lei è quella parte di me che completa il tutto. Non avevo mai creduto al mito di Platone, finché non l'ho incontrata". La mia rivelazione strappa un lieve sorriso dalle sue labbra; "Elena sarebbe felice per te"; afferma scostandosi per riuscire a guardarmi frontalmente. "Secondo me sarebbe stata molto gelosa"; replico ridacchiando, così da placare un po' l'atmosfera colma di nostalgia. "Già...Comunque sia Damon, lei ti amava davvero e so per certo che Elena vorrebbe vederti felice e dallo stato in cui sei ridotto deduco che tu non lo sia"; dice sembrando come preoccupato per me. "Luke dovrei tornare a casa". La voce di Helene è talmente vicina che anche Jeremy è in grado di sentirla, infatti il piccolo Gilbert ha mutato completamente la sua espressione, comprendendo quanto sia doloroso per me affrontare anche questa situazione complessa. "Restiamo un altro po'. Oppure potresti dormire a casa mia"; sento che le propone il dottorino. I miei occhi si spalancano emanando fervida rabbia. "Damon che vuoi fare?"; Mi chiede alquanto ansioso Jeremy. Lui conosce alla perfezione ciò che sono in grado di fare quando l'ira si impossessa del mio corpo. "Soltanto riportare a casa la mia migliore amica"; replico avvicinandomi alla coppietta tutto miele che passeggia a pochi metri da me. Jeremy come una specie di ombra mi segue, provando a dissuadermi da eventuali follie. "Che coincidenza! Anche voi qui a passeggiare?". Compaio davanti ai loro occhi, cogliendo alla sprovvista soltanto il dottorino, al contrario di Helene che è consapevole della mia natura. "Damon, pensavamo fossi ancora al Grill"; commenta ridendo Luke. "Invece sono qui. La serata è fin troppo bella per essere trascorsa dentro ad un locale affollato, colmo d'idioti"; affermo senza mai staccare i miei occhi da Helene che mi scruta con palpabile astio. "Stavi tornando a casa?"; Le chiedo senza badare allo sguardo di Luke che diviene puro ghiaccio. "Forse...Che ti importa?"; Ribatte acidamente la mia amica. Sorrido beffardamente; "di notte si aggirano strane creature. Torna a casa insieme a me Helene"; le consiglio a denti stretti, percependo la mia pazienza divenire sempre più precaria. "Altrimenti un vampiro grosso e cattivo mi mangerà?"; Domanda con sarcasmo, provocandomi intenzionalmente. "In questa città siete tutti fissati con strane creature fiabesche"; interviene divertito Luke, pensando che tutto questo sia solo un battibecco giocoso. "Damon dai andiamo"; mi suggerisce Jeremy coscienziosamente, consapevole che potrei strappare il cuore di quel dottorino da un momento all'altro se non terrà la sua bocca chiusa. "Helene non fare la bambina capricciosa, sei consapevole di ciò che ti perseguita, torna a casa con me"; le consiglio con voce pacata e diplomatica. "Lo so, ma non tornerò con te adesso"; ribatte impettita utilizzando un tono abbastanza acido. Il mio sguardo si assottiglia e senza riflettere mi avvento su di lei afferrando il suo polso. "Damon lasciami"; urla provando a liberarsi. "Lasciala"; interviene Luke provando a spingermi via, ma per sua fortuna interviene Rick correndo verso di noi. "Damon...Andiamo a casa"; mi ordina il mio migliore amico con durezza. "Adesso"; mi richiama notando che sono restio a seguire il suo ordine. Lascio la presa sulla mia amica, sentendomi un vero verme. Il mio sguardo afflitto si distoglie dolorosamente mentre sul mio viso si forma una smorfia. Jeremy mi fissa scrollando le sue spalle; "scusa ho dovuto chiamarlo"; si giustifica credendo che io possa avercela con lui. Seguo Rick fino alla mia auto, mentre dentro di me una fitta si forma proprio alla base del mio stomaco. Alaric si siede sul sedile del passeggero, ordinandomi di mettere in moto l'auto e guidare in direzione della villa, evitando ulteriori problemi. "Non risolverai nulla trattandola in quel modo"; mi rimprovera aspramente; "non mi importa chiaro?"; Urlo frenando di colpo davanti al mio vialetto. "Non ti perdonerà mai se continui a remarle contro. Hai voluto tu che lei scegliesse Luke, adesso dovrai accettare le conseguenze". Scendo dalla mia auto provando tanta frustrazione. Scombino i miei capelli, provando a trattenere le lacrime che stanno bruciando l'interno delle mie pupille. "Volevo dirle la verità"; affermo ad alta voce calciando la portiera dalla mia auto. "Volevo dirle che l'amo, ma qualcosa fra di noi si è spezzato una settimana fa"; confesso al mio migliore amico con il volto stravolto e il corpo tremante. "Perché non l'hai fatto?"; Mi domanda scrutandomi cuopo. "Luke ha avuto un tempismo migliore del mio"; rispondo con gelida franchezza rientrando in casa. Alaric senza avere più le forze e la voglia di continuare la conversazione con me, sale al piano superiore per riboccare, insieme a Caroline e Stefan, le coperte alle gemelle. Mi siedo con poca grazia su una poltrona del mio soggiorno, rimanendo con lo sguardo fisso nel vuoto. "Mia sorella non è ancora rientrata?"; Domanda Patrick avvicinandosi a me. "No. Perché sei libero? Mio fratello non ti aveva rinchiuso nuovamente in cantina?"; Chiedo infastidito, premendo con il pollice ed il dito medio la mie tempie pulsanti. "Lui è molto più simpatico di te, e molto più umano"; risponde in tono di scherno. "In ogni famiglia che si rispetti c'è un fratello buono ed uno malvagio"; ribatto con sarcasmo. "Già"; biascica. "So cosa intendi"; aggiunge con lo sguardo rivolto verso il pavimento. "Mio fratello ti ha suggerito dove dormire?"; Gli domando cambiando discorso. "Sì, dormirò in una stanza al piano di sopra, per il momento...Voglio lasciarmi tutto alle spalle"; mi confessa sembrano stanco della vita che ha sempre condotto e che non ha mai scelto. "Ti capisco, desidero la stessa cosa"; affermo sospirando. Patrick sofferma il suo sguardo in direzione della porta dell'ingresso; "l'aspetterai sveglio non è così?". Alla sua domanda annuisco; "tu va' a dormire"; gli suggerisco dandogli una lieve pacca sulla spalla, riconoscendo che è in fondo è un bravo ragazzo. Patrick si dirige al piano di sopra, in tal modo rimango da solo, poiché ormai tutti sono nei propri letti. Sono milioni i pensieri che affluiscono come una cascata dentro la mia testa. Fred è ancora in città e malgrado sembra essere svanito nel nulla, non posso fare a meno di pensare che questo suo silenzio sia soltanto una strategia. Questa vita è divenuta estenuante, è una vera lotta alla sopravvivenza ed è inevitabile che essa ad un certo punto diventi insopportabile. Non può chiamarsi vita qualcosa che sei costretto a rincorre con il perenne fiatone e la paura di essere sconfitto o peggio annientato. Fra un pensiero ed un sorso di bourbon mi rendo conto che ormai è notte fonda e, quando l'orribile presentimento che abbia accettato realmente la proposta di Luke di passare la notte con lui, si fa sempre più concreto, Helene varca la soglia di casa, liberandomi da un pesante macigno. Non potrei sopportare che altre mani la sfiorino come ho fatto io, è egoista da parte mia, però è un'emozione che non riesco a controllare. "Helene ti stavo aspettando"; dico con voce roca e flebile, mostrandomi a lei che stava per salire le scale per raggiungere la sua stanza. "Fatica sprecata vampiro"; ribatte sprezzante, salendo alcuni gradini. Il mio sguardo si distorce dolorosamente. "Helene cosa ti succede? Da quando quel mutaforma ha liberato Frederick sei scontrosa e acida". La mia amica lentamente si volta verso di me imprimendo sul suo volto un'espressione cupa. "Scusa...Non è colpa tua ma mia"; afferma scuotendo il suo capo, senza mai guardami per più di un secondo. "Cosa vorresti dirmi?"; Le chiedo confuso. "Ti ho visto baciare Elena, ovvero il mutaforma"; precisa bagnando le sue labbra con la punta della sua lingua, alzando i suoi occhi al cielo con aria afflitta. "Non era davvero lei"; ribatto avvicinandomi a lei, provando ad eliminare ogni distanza che al momento ci tiene distanti. "Questo lo so...Ma tu l'hai baciata credendo che fosse lei. Mentre io, come una povera stupida illusa, stavo venendo verso di te per confessarti che avrei lasciato Luke la sera stessa". I suoi gesti, così come le sue pupille ricoperte di un alone trasparente, mi lasciando privo di parole. "Sai mi ero convinta che tu fossi troppo contorto e complesso per riuscire ad amare qualcuno...In realtà è me che non sei in grado di amare"; afferma quasi singhiozzando. La testa di Helene è inclinata verso il basso ma, per un brave istante, il suo sguardo incontra il mio, per poi distogliersi dolorosamente. "Non dovrei dirti tutto questo. Neanche dovrebbe importarmi perché non stiamo insieme. Non siamo mai stati realmente qualcosa". Impettita e gonfia di orgoglio trattiene con determinazione la sua palese voglia di piangere e liberarsi. "Invece a te importa"; controbatto cercando con ostinazione il suo sguardo. "Sì perché mi sento ridicola, delusa e ferita"; risponde mostrandomi anche quanto sia infuriata nei miei confronti. "Mi sono illusa di poter essere qualcosa di più di una semplice amica. Credevo che mi avresti amata, che nonostante Elena tu saresti stato in grado di amare di nuovo". Provo a dirle qualcosa. Poiché si sbaglia, non è affatto come pensa lei. La mia bocca si muove ma lei prontamente mi interrompe, senza darmi l'occasione di spiegarle come stanno realmente le cose. "Evidentemente mi sbagliavo. Ho fatto bene a scegliere Luke, perché se Elena potesse tornare dal regno dei morti tu correresti da lei...Ed io non voglio essere il rimpiazzo di qualcuno". Impetuosamente prendo il suo viso fra le mie mani obbligandola a guardare nei miei occhi, per dimostrarle in tal modo che ha torto marcio. "Non è così Helene. E tu sai perfettamente che quello che c'è fra di noi non ha mai avuto a che fare con Elena"; ribatto respirando profondamente, fissando i suoi occhi cupi con viva intensità notando quanto essi siano insicuri. "Così è troppo semplice Damon. Perché lei non c'è ed hai la consapevolezza che non potrà mai più tornare". Le sue mani scostano le mie dal suo viso, sotto il mio sguardo inerme e accigliato. "Allora perché diavolo sei qui? Vattene da Luke. Tanto l'hai già scelto più di una volta". Il mio disprezzo si abbatte su di lei, e l'ira si impadronisce della mia fragile ragione. Helene assottiglia con viva rabbia i suoi occhi, puntandomi il dito contro. "Sei stato tu a spingermi fra le sue braccia ricordi? Ti ho supplicato di non lasciarmi andare ma tu non ti sei neanche sforzato a rispondere per fermarmi"; mi rinfaccia adirata, stringendo la sua mascella. "Saresti potuta rimanere senza che io ti supplicassi...Forse eri tu a non voler rimanere"; insinuo scrutandola con il suo medesimo astio. Un'elettricità potente ci avvolge, ed è essa che al momento ci sta trasportando verso il baratro. "Sei maledettamente contorto"; urla spintonandomi, senza però riuscire a farmi perdere l'equilibrio. I miei occhi la fissano sottecchi; "e tu sarai maledettamente infelice se continuerai a scegliere lui"; sentenzio tenendole mie mani salde sulle sue spalle, percependo le vibrazioni del suo corpo causate dal mio contatto. "Lui almeno mi ama realmente"; ringhia riuscendo a congelare il mio corpo, liberandosi dalla mia presa. Rimango profondamente colpito e ferito dalla sua ultima frase, tanto da provocare quella parte di me che provo costantemente a reprimere. "È inutile fingere. Io ho scosso il tuo mondo"; replico beffardamente, imprimendo sul mio viso un fastidioso ghigno di arroganza. Lo sguardo di Helene è astioso, lei ha sempre conosciuto questo lato della mia personalità, ma non l'ho mai sfoggiato contro di lei, tuttavia prima o poi tutto cambia...E noi siamo cambiati. "Sei soltanto un vampiro egocentrico ed egoista"; ringhia provando a spingermi giù per le scale, però le sue deboli braccia non hanno abbastanza forza, ed il suo gesto le si ritorce contro poiché, con estrema facilità riesco ad immobilizzarla contro il muro. Il mio corpo è quasi schiacciato al suo mentre i miei occhi la scrutano con impertinenza. Il mio respiro possente sfiora il suo collo così come le mie labbra. La sua pelle diviene turgida ed io sorrido con soddisfazione. "Che vuoi Damon?". Il suo tono acido e scontroso è in contrasto con le reazioni istintive del suo corpo a contatto con il mio. "Fammi pensare"; dico poggiando il mio dito indice sulle mie labbra che sogghignano con malizia. "Te...Nuda sul mio letto mentre gemi il mio nome"; sussurro al suo orecchio, facendo scivolare una mano sul suo fianco destro. I suoi occhi sono sgranati mentre la fisso mordendo il mio labbro inferiore. Il suo respiro è flebile e fatica a controllare i suoi desideri più profondi e reali. Siamo immersi l'uno dell'altro e lei trattiene il suo respiro a fatica. "Lasciami andare"; mi supplica distogliendo il suo sguardo. "Non è ciò che desideri"; affermo con presunzione. "È ciò che ti ho chiesto"; ribatte ardente, riuscendo a congelare il mio intero corpo. La mia fronte si corruga e senza più forze per ribattere la lascio andare. Lei colma d'ira velocemente sale le scale, rifugiandosi in camera sua. In preda alla furia mi dirigo al piano di sotto in cerca di nutrimento, spalanco il frigorifero bevendo ogni sacca di sangue presente, ma esse non sono sufficienti ad appagare la mia sete che sembra insaziabile ad un passo dal trasformarsi in violenza. Afferro le chiavi della mia auto, pronto per andare a caccia di sangue fresco, ma la voce del fratello di Helene richiama la mia attenzione, fermandomi dal compiere azioni folli e forse anche omicide. "Che vuoi?"; Domando righiandogli contro con ferocia. "Volevo parlare con Helene, sono andato in camera sua ma lei non c'è"; mi spiega Patrick con agitazione. Ad un tratto la mia sete di sangue scompare, ed in me regna solo un angustiante terrore. Mi precipito al piano di sopra lasciando Patrick senza neanche dargli una spiegazione. Spalanco la porta della mia camera con la speranza che si sia rifugiata lì dopo la nostra discussione, ma non è neanche lì. Con il cuore palpitante e il corpo freddo come il ghiaccio, tremo in preda alla paura di perdere la mia migliore amica. Cammino avanti e indietro, provando a capire cosa le sia successo e purtroppo l'unico pensiero razionale che solca la mia mente riguarda il demone. Ormai ricoperto di paura, sveglio mio fratello e Caroline. É notte fonda ma io devo ritrovarla prima che sia troppo tardi. "Pensi sia opera del demone?"; Mi domanda mio fratello rivestendosi velocemente e senza esitare. "Sì, non c'è altra spiegazione"; rispondo avvolto dall'ansia di non rivedere più il suo sorriso al mattino o dopo una lunga giornata difficile. "Chi rimarrà insieme alle bambine?"; Chiede Caroline anche lei agitata ed impaurita; "tu tesoro così in caso di attacco con loro ci sarà qualcuno abbastanza forte, io tornerò presto"; gli suggerisce Stefan mantenendo la calma. "Io vengo insieme a voi"; esordisce Patrick entrando nella camera da letto di Stefan. "No. Tu resti qui"; urlo contro di lui. Ma osservando il volto di mio fratello intuisco che non è d'accordo con la mia decisione rabbiosa. "Lui potrebbe aiutarci"; mi fa ragionare Stefan; "lei è mia sorella"; interviene preoccupato esattamente quanto me. "D'accordo ma prova a scappare e giuro che non vivrai a lungo per rivedere tua sorella"; lo minaccio raggiungendo in un lampo la porta dell'ingresso. Devo ritrovare Helene, e non mi interessa che questa potrebbe essere l'ultima cosa che farò. Preferisco morire guardando il suo sorriso un'ultima volta piuttosto che vivere la mia eternità senza. Riscaldo il motore della mia auto, aspettando che il fratello della mia migliore amica riesca a sedersi nei sedili posteriori. "Fred potrebbe essere coinvolto"; afferma Patrick con preoccupazione. "E se fosse una trappola?"; Ragiona mio fratello alquanto dubbioso. "A me non mi importa. Devo trovarla a qualunque costo". Quando premo il piede nell'acceleratore la calma si impadronisce di me. Una calma che non rispecchia ciò che sta accadendo là fuori. Continuo a ripetermi che devo assolutamente essere lucido, poiché la mia testa calda potrebbe solo farmi compiere gesti avventati ed essi potrebbero costare la vita ad Helene. Ho realmente paura, ed essa è talmente forte che la percepisco come se fosse un entità viva che mi sfiora e mi trascina in un vortice pericoloso dal quale non potrei più risalire. "Frena"; mi ordina Patrick. Siamo vicini ad un'enorme casa abbandonata. "Ci rifugiavamo qui io e mio fratello"; mi rivela provando a convincermi che dietro alla scomparsa di Helene possa esserci Frederick. "Sei sicuro? Perché il tempo scorre e credimi non è dalla nostra parte". Patrick sembra realmente convinto di ciò che afferma e per una volta voglio fidarmi. "Stefan tu entra dalla porta secondaria. Patrick tu segui me"; entrambi d'accordo con i miei ordini si affrettano ad agire. Spalanco la porta della vecchia casa, spingendo con un calcio i frammenti. La casa è completamente mal ridotta ed all'interno vi sono solo mobili distrutti e impolverati. "Come dormivate qui?"; Borbotto osservando lo stato disastroso della casa. Cammino sui pavimenti e mi rendo conto che sono traballanti e per nulla sicuri. "abbiamo dormito in posti peggiori"; replica Patrick dirigendosi verso una stanza laterale. "Non c'è nessuno"; afferma mio fratello comparendo difronte a noi. "Ho controllato velocemente anche il piano superiore"; mi informa scrollando le sua spalle. "Maledizione"; impreco con la brama di porre fine alla vita di Fred. "C'è un bigliettino"; Mi fa notare Stefan indicandomi un tavolo posto alla fine della stanza. Con il volto corrugato mi avvicino verso il tavolo, prendendo il foglio di carta poggiato su di esso. "É stato semplice distrarvi"; leggo ad alta voce generando un panico collettivo. "Caroline e le bambine"; farfuglia con occhi spalancati mio fratello, temendo che siano in pericolo. "Torniamo a casa"; affermo gettando il fogliettino sul pavimento. Senza pormi dei limiti di velocità, sfreccio in direzione di casa mia. Fred, il demone e quel mutaforma possono minacciare me, tuttavia non permetterò loro di sfiorare la mia famiglia. Nessuno di loro tre può lontanamente immaginare cosa sarei disposto a fare per coloro che amo. Non avrò pietà per nessuno, neanche per il cacciatore, nonostante sia solamente un mortale. Quando fermo l'auto nel nostro plesso abitativo, Stefan si precipita a controllare sua moglie e le gemelle. "Lui è qui"; affermo fissando sottecchi il vuoto. Sento qualcuno camminare sul pavimento del mio soggiorno ed il rumore dei passi non mi è affatto familiare. Patrick rimanendo alle mie spalle mi segue senza emettere il più flebile dei suoni. "Sei stato bravo devo ammetterlo"; esordisco non appena mi ritrovo faccia a faccia con il cacciatore. "Ma adesso dimmi dove nascondi Helene, altrimenti non vivrai a lungo per vedere il sole sorgere"; lo minaccio stringendo i miei pugni. "Se mi ucciderai lei morirà, perché non riuscirai mai a trovarla"; afferma beffardo e spavaldo. "Non giocare. Non con me"; urlo contro di lui. "Non minacciarmi. Perché io sono armato"; sogghigna brandendo il pugnale. "Fred è della vita di nostra sorella che si tratta". Patrick prova a solleticare la coscienza del fratello, ma fallisce miseramente poiché Fred scoppia a ridere istericamente, provocando la mia vacillante pazienza. "Sono qui per compiere il mio dovere. Devo uccidere i vampiri della stirpe di Klaus ed ho intenzione d'iniziare proprio da te"; afferma indicandomi scrutandomi carico di insensato odio. "Uccidimi. Non temo la morte cacciatore. Ti chiedo solamente di lasciare Helene fuori da questa storia. Odi i vampiri, ma lei è innocente". Allargo le mie braccia, pronto ad accettare la mia fine. "Moriresti per mia sorella?"; Domanda totalmente sconvolto Patrick alle mie spalle. Mi volto sorridendogli lievemente cupo; "farei qualsiasi cosa per lei"; replico con totale franchezza, percependo la presenza di Fred al mio fianco. Respiro il suo odio, e per sua sfortuna i miei sensi sono molto più sensibili dei suoi e ciò mi permette di bloccare il suo polso prima che mi colpisca con la lama del pugnale, per me letale. "Sono disposto a morire per tua sorella, ma preferisco uccidere per lei"; affermo ghignando. La mia mano destra stringe avidamente il suo collo. "Dimmi dov'è"; ringhio sollevando il suo corpo dal pavimento. Lui prova a ribellarsi graffiando le mia mia mano, ma i suoi graffi sono soltanto un tentativo vano poiché non hanno nessun effetto su di me. "Allora? Inizio ad annoiarmi, e quando mi annoio mi viene fame"; lo avviso tirando fuori i miei canini affilati e pronti per essere affondati nel suo collo. "Patrick..."; Fred con una certa disperazione richiama il fratello con voce debole e sommessa. "No Fred, devi dirci dov'è Helene". Con una certa soddisfazione rivolgo i miei occhi beffardi verso il cacciatore che ormai è caduto nella mia ragnatela. "Neanche il tuo fratellino vuole aiutarti. Quindi parla"; gli consiglio stringendo la mia mano intorno al suo collo fino a far diventare il suo respiro flebile e il suo viso cianotico. "Era solo una trappola...L'ho spiata ma non l'ho rapita...Helene è uscita da sola". Con le poche forze che gli rimangono Fred racconta la sua versione dei fatti. "Cosa?"; Grido furente. "É la verità"; dice tossendo mentre la mia mano allenta la presa su di lui. "Sarà andata con il suo amante. Chissà forse in questo momento sono sotto le lenzuola". Il cacciatore mi sta provocando intenzionalmente, ma non ha la ben che minima idea che in tal modo sta soltanto decretando la sua morte. Il mio pungo di abbatte sul suo stomaco con una forza tale da spingerlo a piegarsi su sé stesso a causa dell'intenso dolore. "Non amerà mai un mostro come te"; biascica malgrado sia davanti a me carponi, sanguinante e privo di forze. Il mio volto si distorce e senza più ragionare lucidamente, afferro la sua testa tenendolo fermo tirando i suoi capelli. "Sei determinato devo riconoscerlo...Ma io lo sono ancora di più"; sussurro al suo orecchio colmo d'ira. "Damon..."; Patrick malgrado desideri ritrovare la sorella, nel vedere il fratello maggiore ad un passo dalla morte prova a fermarmi. "Ucciderò anche te se adesso non terrai la bocca chiusa"; lo minaccio ormai divorato dalla rabbia. Guardo con aria beffarda Fred; "mi domando che gusto abbia il sangue di un cacciatore"; affermo fissandolo vittorioso, inclinando il mio volto verso il suo collo. Sento il suo corpo ed il suo sguardo ricoperti di paura. Quando si è difronte alla morte anche un cacciatore spavaldo e arrogante come lui non può che tremare dinnanzi a lei. La necessità di nutrirmi è svanita, ma la brama di sentire la sua vita svanire è intensa, ed attraversa ogni centimetro del mio corpo donandomi l'adrenalina di cui ho bisogno. Assaporo la sua paura, e la respiro a pieni polmoni prima di affondare i miei canini sul suo collo. Il sangue bagna le mie labbra e lentamente scivola giù per la mia gola inebriandomi lentamente. Non riesco a fermarmi ed una vocina dentro la mia testa mi suggerisce che tutto questo è giusto, poiché fa parte della mia natura. Sento la sua vita affievolirsi lentamente, mentre intorno a me non sento nulla: nessun rumore, nessuna voce e soprattutto nessuna emozione. Ed esattamente nell'attimo prima che il cuore di Fred cessi battere per sempre, la voce della mia migliore amica urla a pieni polmoni il mio nome. Sgrano i miei occhi rendendomi conto di essere ricoperto di sangue. "Non ucciderlo. Damon non farlo"; mi ordina con occhi supplicanti Helene, mentre fra le mie mani tengo ancora il corpo, privo di sensi, del fratello. "Tu sei migliore di così". Fisso la mia migliore amica con le labbra ricoperte di sangue gocciolante, e detesto che lei debba vedermi ridotto in questo stato così misero e privo di senno. Lascio ricadere Fred sul pavimento senza mai staccare i miei occhi dalla mia migliore amica, che mi scruta con un'espressione addolorata. Senza riuscire più a sopportare il peso del suo sguardo, corro via lontano da lei, rifugiandomi in biblioteca. Mi soffermo a fissare il vuoto per qualche secondo respirando spasmodicamente, provando a controllare la mia ira ancora fin troppo ardente e viva. Chiudo un attimo le mie palpebre, tuttavia, nell'oscurità rivedo il suo volto afflitto e colmo di delusione. Un'enorme vuoto divora la mia anima, spingendomi a provare soltanto odio, furore e risentimento verso ciò che sono. Deglutisco a fatica ritrovandomi a scagliare contro il muro qualsiasi oggetto vicino al mio raggio d'azione. Tirando una sedia contro una finestra infrango in mille pezzi la vetrata e, quando mi rendo conto che ho realmente toccato il fondo, porto le mie mani davanti al mio viso, strofinandole sui miei capelli accasciandomi lentamente sul pavimento. Il mio corpo è poggiato su una colonna portante della casa ed esso è fermo e totalmente immobile. Adesso realmente non riesco a sentire più nulla. Tutto si è placato, ma sento di aver perso tutto. Sento di aver perso Helene. Non mi aveva mai guardato come se avesse paura di me, e non posso far altro che detestarmi per questo. Il mio viso è rivolto verso la direzione opposta alla porta ma la sua presenza riesco comunque a percepirla. "Vattene"; le suggerisco privo di forze. "Patrick l'ha portato in ospedale, ma non ho trovato il pugnale"; mi avverte camminando verso di me. "Dovresti mantenere le distanze da me"; le consiglio con freddezza, senza rivolgere il mio sguardo verso di lei. "Sai che non ho mai avuto paura di te"; risponde ad un passo da me. "Dovresti invece". Borbotto sospirando. "Invece ho paura adesso...Ma non di te bensì di cosa provi quando qualcosa ti ferisce". Mi alzo senza avvisarla, trovandomi ad un soffio da lei. "Guardami Helene. Vuoi davvero continuare a starmi vicina?"; Urlo completamente frustrato, sentendo le mie pupille bruciare. "Sì"; afferma lei senza nessun tentennamento. "Lui ti ha ingannato. Ti ha fatto credere che io ero in pericolo. Volevi solamente salvarmi"; mi giustifica con ardore, cercando di prendere il mio viso fra le sue mani. "Continui a giustificare le mie azioni istintive e crudeli"; le faccio presente, tentando di dimostrarle quanto sia insano tutto questo. "Sì perché volevi ucciderlo...Ma non l'hai fatto ti sei fermato in tempo"; continua a sottolineare, fermamente convinta di ciò che sostiene. "Sei qui a perdere tempo con me, quando dall'altra parte della città c'è un ragazzo che potrebbe darti tutto quello di cui hai bisogno". Non deve combattere le battaglie per conto mio, è inutile e avvilente."Per me non sei una perdita di tempo. Sei la mia famiglia Damon...Ed hai bisogno di me perché stai male". La sua costanza dovrebbe confortarmi, invece al contrario promuove la mia inquietudine, poiché temo che a causa mia lei possa rovinare la sua intera vita, ed io non posso permettere che questo accada. "Ti sei chiesta per quale motivo sto così male?"; Le domando con lieve ardore che traspare dalle mie iridi azzurre. Lei rimane in silenzio con gli occhi spalancati e fissi sui miei. "Questa sera avrei ucciso tuo fratello pur di salvarti la vita. L'avrei fatto se tu non fossi arrivata"; le dico con assoluta franchezza, scrutandola sottecchi. "Non è vero"; afferma scuotendo freneticamente il suo capo, continuando inutilmente a credere che io sia un essere perfetto, una specie di eroe. "Sì che è vero. Rassegnati"; le consiglio alzando il tono della mia voce contro di lei, provando a svegliarla, mostrandole che la realtà è diversa dal mondo che ha sempre immaginato lei. "Io sono questo e lo sai bene"; borbotto avvicinandomi alla teca nella quale conservo il mio bourbon. Mi servo da bere, dandole le spalle. Il suo sguardo lo sento trafiggermi e bruciarmi la pelle, ed il suo silenzio è devastante e insopportabile. "Smettila di credere che io possa essere migliore di quello che in realtà sono. É una battaglia che qualcuno ha combattuto prima di te e posso assicurarti che ha fallito". Sospiro sorseggiando, davanti i suoi occhi lucidi ed increduli, il mio bourbon che ha un gusto piuttosto amaro e acido, forse però è solo una sensazione dovuta a ciò che sta esplodendo dentro di me. "Ma tu eri convito che lui mi tenesse prigioniera, Patrick mi ha spiegato tutto. Sono consapevole del fatto che saresti disposto a fare qualsiasi cosa pur di salvarmi. Perché io per te farei lo stesso"; ribatte con estrema caparbietà. Arrendersi è un termine che Helene non conosce, l'ho sempre ammirata per questo ma adesso vorrei che fosse un po' più codarda. "Allora visto che ne sei consapevole per quale assurda ragione non scappi lontano da me?"; Le domando esausto, gesticolando con lieve disperazione. Il mio volto è distorto, e i miei occhi sono corrucciati così come la mia fronte. "La prossima volta potrei ucciderlo davvero tuo fratello! Ucciderei chiunque se questo dovesse essere il prezzo per la tua vita"; aggiungo con fervore. "Perché mi fai questo? Perché vuoi allontanarmi da te a tutti i costi?"; Mi chiede accigliata, quasi singhiozzando. Con impeto si avvicina a me inaspettatamente, cogliendomi alla sprovvista. Il suo viso infuriato è difronte al mio che la scruta dubbioso. "Io ti amo Damon!"; Esclama mentre il suo viso si cosparge di lacrime. Rimango totalmente e piacevolmente spiazzato dalla sua confessione a bruciapelo. "Odio quello che stavi per fare ed odio quello che saresti disposto a fare. Ma ti amo e non posso farne a meno". Chiudo i miei occhi, godendomi per un fugace attimo la sensazione di serenità che riesce a trasmettermi il suono dolce della sua voce mentre sussurra di amarmi. Ho sempre temuto di non sentirle mai pronunciare queste parole, ragion per cui, anche se per poco, desidero sentirmi amato da lei. Quando riapro i miei occhi, ritrovandomi a guardare il suo viso corrugato in un'espressione sofferente, realizzo quanto sia fragile, e non voglio che lei continui a soffrire a causa mia. Non riuscirei a sopportarlo. "Non è me che dovresti amare"; replico con un enorme groppo alla gola che mi impedisce perfino di respirare. "Lo so"; risponde sorridendo con amara consapevolezza. "Vattene Helene...È per il tuo bene"; le suggerisco con tutto l'amore che provo per lei. "Non ti lascio da solo, così devastato e torturato"; afferma determinata bloccando il mio viso fra le sue mani. "Odiami"; le ordino completamente asservito a lei, fissando inerme i suoi grandi occhi verdi. "Non posso farlo"; ribatte respirando a tratti, mentre i suoi pollici strofinano le mie labbra, pulendole dal sangue. "Forse noi due ci cercavamo molto di più di quanto noi stessi pensassimo"; affermo senza distruggere la connessione che si è creata fra i nostri occhi. "In questo modo abbiamo finito per prendere la strada più lunga e contorta. Forse io non avrei mai dovuto fare quello che ho fatto. Soprattutto lasciarti a Luke senza esitazioni. Ma non ho potuto farne a meno". Le sue mani calde scivolano sul mio collo, arrivando al mio petto che è gonfio, poiché trattengo la fervida voglia che ho di baciarla senza alcuna pietà. "Perché la sensazione di intimità che ho provato per te, è stata un'emozione che credevo di non poter più provare...Invece mi sbagliavo"; le confesso sospirando profondamente, osservando le reazioni del suo corpo al cospetto delle mie parole. "Non lasciarmi Damon"; sibila fra le mie labbra mentre i nostri nasi si sfiorano lentamente. La mia bocca rilascia un sospiro misto di frustrazione e desiderio. Vorrei perdermi in lei, farla mia, ma al contempo riconosco quanto male farebbe ad entrambi e non posso permetterlo. "Helene non possiamo"; le sussurro scostando indietro i suoi sinuosi capelli. "Di questo ne sono consapevole. Io ho un ragazzo"; replica fissando i miei occhi. "Ogni volta che sei vicina a me io voglio solamente baciarti. E credimi il fatto che tu sia fidanzata non è il problema. Il problema è che di lui non mi importa nulla"; affermo sicuro di me, parlandole con lieve arroganza. Le sue labbra sono vicine alle mie. Così vicine da poterle toccare. Ci guardiamo per un tempo che sembra quasi infinito. Siamo vicini sia fisicamente che mentalmente, ed è così intensa e forte la nostra connessione mentale che attraversa i nostri occhi comunicando con uno strano linguaggio silenzioso. I nostri respiri si mischiano, le nostre labbra, così vicine da sfiorarsi desiderano unirsi e porre fine a questa straziante attesa, che divora entrambi. Una parte di me è consapevole che baciandola non riuscirei a fermarmi e questo potrebbe annientare definitivamente entrambi, quindi dovrei lasciarla andare. Sembra la scelta più giusta...Ma non è quella che prenderò. Questa volta darò sfogo al mio egoismo e mi prederò la donna che amo, senza farmi troppi scrupoli. La mia bocca si preme contro la sua e non c'è niente di casto nelle mie intenzioni. Premo il suo corpo contro la parete intrappolandola fra le mie braccia. Il suo respiro è irregolare ed il suo sguardo è ancora confuso. "Credevo che..."; la metto a tacere premendo nuovamente le mia labbra contro le sue, mordicchiando leggermente il suo labbro inferiore. "Ho cambiato idea. Solo gli stupidi non lo fanno"; replico voltando il suo corpo con irruenza. Sento che fatica a prendere fiato e, quando le mie labbra si avventano sul suo collo ricoprendolo di umidi baci, getta la sua testa all'indietro. Lascio ricadere le mie mani intorno ai suoi fianchi, stringendoli per premermi maggiormente contro il suo fondoschiena marmoreo. Le sue mani si allacciano al mio collo dandomi la possibilità di assaporare ogni lembo del suo collo che profuma di gelsomino. "Ci sono le bambine"; ansima cercando di dissuadermi. Sogghignando giro il suo corpo nuovamente verso il mio viso. "Ho una camera tutta mia"; l'ammonisco e, senza darle il tempo per replicare, con impeto prendo il suo corpo fra le mie braccia, trascinandola velocemente dentro la mia camera. Con delicatezza lascio cadere il suo corpo sul pavimento, ed inaspettatamente mi ritrovo circondato dalle sue braccia, e le sue labbra contro le mie. Le nostre lingue giocano, accarezzandosi delicatamente ed i nostri corpi si cercano sempre con maggiore desiderio, toccandosi, sfiorandosi fino a perdere qualsiasi barlume di lucidità. Con veemenza, cogliendomi di sorpresa, strappa senza pietà la mia camicia, gettandola contro il pavimento. Con un ghigno lussurioso fisso la mia migliore amica mentre si libera, ormai impaziente, dei suoi vestiti. Quando entrambi rimaniamo con il solo intimo addosso, decido di indugiare il mio sguardo sul suo corpo, sperando con tutto me stesso che quell'essere con il camice bianco non abbia mai avuto la possibilità di averlo per sé. Ne morirei di gelosia se così fosse. Questi pensieri destano la mia funesta ira che mischiata alla passione del momento divampa in me bruciando la mia pelle. Senza alcuna inibizione spingo Helene contro il mio letto, stanco di farmi trascinare dai cattivi pensieri, bramoso di dimostrarle che nessuno oltre me sarà mai in grado di toccarla infuocando la sua pelle. Chino la mia testa verso il suo ventre passandoci sopra la mia lingua. Tutto questo fa impazzire la mia amica che dal piacere inarca la sua schiena suggerendomi di andare oltre, ragion per cui mi affretto a far scivolare via dalle sue gambe le sue mutandine bianche. Lentamente passo la mia lingua lungo le sue gambe, fino ad arrivare al suo interno coscia, che mi soffermo a baciare con avidità, lasciando su di esso degli evidenti segni violacei. Helene ansima senza controllo e travolta dal piacere stringe i miei capelli, spostandomi verso la sua intimità. Dolcemente, facendo in modo che si goda ogni attimo di piacere, poggio le mie labbra sulla sua intimità assaporandola lentamente. La mia lingua l'esplora e nel medesimo lasso di tempo le mie orecchie si godono il suono dei suoi gemiti forti e spezzati. La sua schiena forma una arco ed il suo addome si alza e si abbassa freneticamente in prenda ad un esplosione di piacere. Ad un tratto le sue unghia graffiano le mie braccia spingendomi contro di lei. I nostri corpo sono simmetricamente uniti, e le mie labbra tornano a baciare senza alcun minimo di pudore le sue. Ho solo un'immensa ed insana brama di perdermi dentro di lei, di sentirmi completo e soddisfare egoisticamente sia il mio corpo che la mia anima. Mordicchio la sua spalla liberandola anche dall'ingombro del suo reggiseno. Adesso è distesa sotto di me completamente nuda. Accarezzo con la mano destra il suo seno fissando intensamente i suoi occhi che faticano a rimanere aperti. Entrambi ormai siamo troppo coinvolti, e quando abbiamo iniziato questa ambigua relazione sotto le lenzuola, anche se non volevamo ammetterlo, eravamo consapevoli che uno sarebbe divenuto l'ossessione dell'altro. Non passa giorno in cui non mi soffermo a pensare alle sue labbra vaganti sul mio corpo o alle mie dita che sfiorano il suo addome tremante. Le sue mani impazienti mi liberano dei miei box. Totalmente travolto dall'eccitazione, fremo dalla voglia di farla mia e così dolcemente ma con decisione, divarico le sue gambe posizionandomi comodamente al loro interno. Mi chino verso le sue labbra che lentamente si dischiudono. "Non puoi avere sempre tu il controllo"; afferma sorridendomi beffardamente, spingendomi, tutto ad un tratto, dall'altro lato del mio letto. La scruto con immensa soddisfazione mentre abilmente prende il controllo dell'intera situazione. Tutte e due le mie mani si poggiano sulle sue cosce lisce, e l'accompagnano dolcemente fino alla mia erezione. Lascio fuoriuscire dalle mie labbra un grugnito di piacere provocato dai suoi lenti movimenti. Le mie mani la tengono stretta, nonostante ciò lei è abile e alquanto veloce nel muoversi sopra la mia erezione che la riempie interamente, e non può fingere che non sia così, poiché il linguaggio del suo corpo l'ingannerebbe. La sua testa è inclinata e, ad ogni movimento sussultorio del suo corpo, la sua bocca emette un gemito nel quale regna il mio nome. Stringo il suo fondoschiena con avidità, premendomi contro di lei con più veemenza, mozzando per un intenso attimo il suo respiro. Mi perdo in lei, lasciando fuori questo letto qualsiasi problema. I nostri corpi si completano alla perfezione, per cui trovo impossibile che tutto questo possa essere considerato un errore. É assurdo pensare che qualcuno che riesce a colmare il vuoto dentro di noi non sia la persona giusta con la quale passare il resto della vita. Riesco a sentirla. A sentire i battiti del suo cuore, i respiri spezzati e sento la sua anima che si mescola alla mia. Sento ogni cosa, comprendendo che si può amare una seconda volta, con la stessa intensità della prima ma con maggiore paura. All'improvviso, senza avvisarla, con irruenza distendo in un lampo il suo corpo sotto il materasso, tornando alla posizione iniziale. "Ti ho fatta divertire abbastanza"; le sussurro con il fiatone. "Non mi sembrava che ti stessi annoiando"; ribatte prontamente, fiondandosi con brutalità sulle mie labbra. Le sue mani percorrono il mio petto, scivolando verso il mio torso mentre lentamente mi muovo dentro di lei. I movimenti del mio bacino pian piano divengono sempre più veloci e, quando comprendo che il piacere dell'orgasmo sta per invadere entrambi, lei stringe il lembo del lenzuolo urlando il mio nome mentre io mormoro il suo. Le sue gambe tremano, scosse dal piacere che l'ha travolta, e non posso negare che anche io sto tremando. Mi distendo, con l'anima ed il corpo sazi e quieti, al suo fianco. Lei, come è solita a fare, si accoccola al mio petto strofinando il suo viso su di esso. "Helene?"; La richiamo notando che non muove più un solo muscolo. Intuendo che è caduta in un sonno profondo, sorrido debolmente accarezzandole i capelli. "Buonanotte amore mio"; sussurro al suo orecchio, anche se sono consapevole che non è in grado di sentirmi. Lentamente anche io mi lascio cullare dal mondo dei sogni, abbandonandomi ad un sonno profondo e necessario per il mio corpo. Quando il sole è alto in cielo i miei occhi infastiditi decidono di aprirsi. Helene è distesa a pancia in giù al mio fianco, e dorme ancora profondamente. "Sveglia splendore"; Urlo pieno d'energie, acquisite proprio grazie a lei e all'intensa notte di sesso. "Il sole è alto in cielo, gli uccellini canticchiano e gli animaletti del bosco corrono a fare colazione"; farnetico provando a a svegliarla. "E tu mi stai infastidendo vampiro"; mormora tenendo gli occhi chiusi. Roteo i miei occhi e con un ghigno impresso sul mio viso mi avvicino a lei. "Non volevo giocare sporco, ma tu mi costringi ad essere un vampiro cattivo"; le sussurro sensualmente, depositando le mie labbra vicino la sua colonna vertebrale che, al mio tocco lieve, rabbrividisce. "Damon"; mi ammonisce con voce già tremolante. "Potrei baciarti all'infinito"; ammetto tremendamente serio avvicinandomi verso il suo viso. Il suo corpo si volta nell'istante in cui i suoi occhi si dischiudono. Mi sciolgo letteralmente difronte al suo sguardo tenero e ancora lievemente assonnato. La fisso un attimo, sentendomi maledettamente felice e anche un po' egoista, perché adesso che lei è fra le mie braccia ho completamente perso di vista il resto del mondo. "Che ore sono?"; Mi domanda osservando le mie labbra increspate in un sorriso. "Le undici"; rispondo con noncuranza, sperando di continuare ciò che ieri sera avevamo soltanto iniziato, però i suoi occhi sgranati e la sua bocca spalancata mi suggeriscono che non avremo spazio per un secondo round di sesso. "Luke. Sarebbe dovuto venire a prendermi!"; Esclama tenendo una mano davanti alla sua bocca, travolta dall'ansia. "Pazienza, sarà imbarazzante ma almeno saprà come, e con chi hai trascorso la notte"; preciso senza curarmi del suo sguardo torvo ed infuriato. "Damon. Mi sento già un mostro per averlo tradito, non puoi dire una cosa del genere"; mi rimprovera cercando i suoi vestiti sparsi per la stanza. Alzando gli occhi al cielo poggio i miei piedi sul pavimento, rimanendo seduto sul bordo del mio letto. "Lo soggiogherò"; preciso mettendo una mano sul cuore. "Non pensarci neanche. Lui merita di sapere la verità"; mi ammonisce, continuando a cercare le sue mutandine che non troverà facilmente, poiché le ho appena raccolte da terra. "Certamente. Però per cortesia non tralasciare i dettagli. Inizia con dirgli che sei andata a letto con il tuo migliore amico vampiro"; gli suggerisco in tono derisorio. Helene si limita a fissarmi sottecchi; "cerchi queste?"; Le domando canzonatorio, sventolando in aria le sue mutandine bianche; "trovo ironico che le tue mutandine siano del colore della purezza"; la schernisco sogghignando, meritandomi un suo schiaffo sulla nuca. "Sei un vero imbecille"; afferma strappandomi dalle mani le sue mutandine. "Mi ami per questo. Ormai l'hai ammesso"; le rammento inarcando le mie labbra in un sorriso compiaciuto. Lei è in piedi davanti allo specchio ed io la raggiungo, poiché finge d'ignorarmi. "Tu però non hai detto nulla"; mi fa notare con lo sguardo basso e deluso. Le mie mani prendono il suo viso delicatamente; "Helene..."; la mia voce è insicura, così come il mio sguardo rivolto al suo visino corrugato e dubbioso. Rivelarle ciò che provo potrebbe cambiare ogni cosa fra di noi, però la realtà è che anche senza il mio ti amo il nostro rapporto è già abbastanza complesso e stravagante. "Sorellina"; urla a gran voce Patrick. Spalanco i miei occhi stampando sul mio viso una smorfia di disappunto. "Un motivo in più per detestare tuo fratello"; borbotto riuscendo a strapparle un sorriso dal suo volto imbronciato. "Corro a vedere cosa vuole"; mi informa la mia pulce rivestendosi di corsa, per poter raggiungere il fratello in corridoio. Quando esco dalla mia camera, indossando soltanto i miei jeans, mi ritrovo faccia a faccia con Patrick, constatando che la mia pulce non è insieme a lui. Tutto ciò desta la mia curiosità. "Non eri insieme ad Helene?"; Chiedo dubbioso. Il cacciatore scrolla le sue spalle; "c'era il suo dottorino alla porta"; replica indicandomi il piano inferiore. "La sua vita da mortale sta durando anche troppo per i miei gusti"; affermo roteando gli occhi. Scendo al piano inferiore della mia villa, raggiungendo Helene e gli altri membri della mia famiglia. "Buongiorno"; esclamo pimpante, mentre tutti loro fanno di tutti per compiacere il loro, a me non gradito, ospite. "Sei energico e di buonumore"; costata mio fratello, consapevole della natura dei rumori che questa notte provenivano dalla mia camera da letto. "Sì molto energico"; confermo osservando intensamente Helene che diviene un tripudio di colori differenti. "Zio Damon"; dicono all'unisono le bambine correndo verso di me; "i miei raggi di sole"; affermo prendendole entrambe fra le mie braccia. "Non dobbiamo fare la puntura vero?"; Chiede innocentemente Josie notando il dottorino seduto sul divano. "No piccola mia. É qui per zia Helene"; rispondo alla mia nipotina che con astio fissa Luke. "Lei è la fidanzata di zio Damon"; afferma con rancore Lizzie, facendo ridere il dottorino ma non Helene che mi fissa con occhi colmi di sensi di colpa. "No, lei è la mia fidanzata"; la corregge Luke sembrando infastidito dalle parole di una bambina di quasi sei anni. "Non è vero. Non dormi con lei, zio Damon sì"; interviene prontamente quella lingua lunga e biforcuta di mia nipote Josie. Queste due bambine sono un vero pericolo pubblico, ha ragione Alaric quando si lamenta che imitano alla perfezione Caroline. "Andiamo a gioacare in giardino"; esclama Stefan prendendo con sé le bambine, uscendo fuori in giardino con sua moglie. "I bambini che fantasia"; affermo, guardando Helene che massaggia con esasperazione le sue tempie. "Sì"; risponde freddamente Luke, scrutandomi con lieve disappunto. "Vai in giro per casa sempre mezzo nudo?"; Mi chiede il dottorino camminando verso di me. "Sai questa è casa mia. Quindi regole mie"; preciso in maniera piuttosto concisa, imprimendo sul mio volto un'espressione provocatoria. "Che c'è hai paura che il mio corpo desti pensieri lussuriosi alla tua ragazza?"; Domando mordendomi il labbro inferiore. "Come ti permetti?"; Urla provando a colpire il mio viso, ovviamente fallendo. "Come osi tu, esserino pelle ed ossa? Non farlo mai più...Odio dover pulire il sangue dai miei tappeti. Non hai idea di quanto sia faticoso"; dico con assoluta calma, non curandomi del suo sguardo disgustato ed al contempo impaurito. "Sei uno psicopatico"; ringhia contro di me. Helene intuendo che la situazione sta prendendo una brutta piega decide di intervenire. "Lui sta soltanto scherzando"; mi difende anche se controvoglia. "Prova a fare il Don Giovanni con tutte?"; Domanda Luke alla mia amica che si sofferma a guardami alzando un sopracciglio verso l'alto. "No, ma a fare l'imbecille è piuttosto bravo"; replica sbattendo le sue ciglia, deridendomi. Inconsapevole che mi riprenderò il suo corpo non appena la versione triste e banale di Gray's anatomy lascierà la mia casa. Mentre la mia migliore amica continua a guardami con aria trionfante, il mio udito sensibile sente il rumore di pneumatici strisciare sul mio viale. "Tornerò subito...Ho visite"; chiarisco prima di volatilizzarmi verso la porta dell'ingresso. Convinto che sia quel verme di Fred a farmi visita apro la porta a metà, ma immediatamente mi rendo conto che mi sbagliavo. "Devo parlarti è importante". Gli occhi colmi di timore della megera inevitabilmente mi agitano. Senza emettere un suono sposto il mio copro per lasciarla passare, consapevole che non c'è nulla di auspicio in questa sua inaspettata visita.

Ciao!! Siamo già al sedicesimo capitolo! Vorrei leggere i vostri commenti, riguardo il rapporto di Helene e Damon, cosa ne pensate di Luke e soprattutto se la storia vi piace o vi annoia! Date sfogo ai vostri pensieri un bacio!!!

You. {The vampire diaries}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora