Capitolo sette: Amici di letto

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Non ho bisogno di aprire i miei occhi per comprendere che Helene è seduta sul bordo del letto, probabilmente si starà ponendo un miliardo di domande su ciò che è accaduto questa notte. Percepisco dai suoi movimenti lenti e studiati che sta provando a non svegliarmi. Un leggero lenzuolo ricopre la parte inferiore del mio corpo, la maggior parte del tessuto ricopre il suo e, non appena Helene si alza, percepisco chiaramente le lenzuola scivolare via dal mio corpo. "Buongiorno splendore"; affermo senza voltarmi verso di lei che, al suono della mia voce, si distende nuovamente sul letto. "non volevo svegliarti"; si giustifica con lieve imbarazzo. Aprendo lentamente i miei occhi mi volto verso di lei. È distesa supina e tiene le sue mani salde sul lenzuolo che la copre. "Damon, abbiamo commesso un grosso errore"; afferma facendo nascere sulle mie labbra un sorriso provocatorio; "dovremmo fare errori di questo genere più spesso"; ribatto avvicinandomi a lei, con occhi che riescono solo a guardare lei. "Sono seria"; mi ammonisce fissando il mio torace scoperto. "Anche io sono piuttosto serio. Comunque a me non sembri così dispiaciuta"; puntualizzo con un'espressione impertinente sul viso. "Ascoltami Helene"; pronuncio alquanto serio, avvicinandomi a lei, sfiorando con la punta dei miei polpastrelli il suo viso un po' turbato. "Possiamo fingere che non sia successo niente oppure accettare che siamo attratti l'uno dall'altro. Perché è palese che ci desideriamo. Non ti biasimo sono un tripudio di fascino". La mia presunzione riesce a strapparle un sorriso. "Hai ragione vampiro. Le cose non devono cambiare per forza"; prova a convincersi, spostando il suo sguardo verso di me, cercando la mia approvazione. "concordo con te. In fondo dobbiamo fingere di essere una felice coppia di fidanzati, e non possiamo andare a letto con altre persone"; preciso sorreggendo tutto il mio corpo con il gomito, così da rimanere disteso lateralmente e fissare la mia migliore amica in preda ad una crisi esistenziale. "Infatti. Noi siamo migliori amici e questo non cambierà, non sarà una notte di puro fuoco a distruggere la grande amicizia che ci lega". Concordo con lei annuendo. Ho continuato a sperare l'intera notte che al suo risveglio tutto sarebbe tornato alla normalità, che i miei sentimenti, frutto di una serata di bevute, si affievolissero tornando quelli di una volta, ma la speranza che ho riposto durante la silenziosa notte sono svanite. I miei occhi a contatto con il suo viso ed il suo corpo praticamente nudo davanti a me, sono ancora colmi di quelle emozioni che mi hanno spinto all'irrazionalità. La osservo mentre con occhi un po' spaventati scruta minuziosamente il mio viso. "Ho paura Damon"; esordisce giocando distrattamente con le mie dita. Sapevo che aveva paura, perché è la stessa che percepivo ieri notte mentre la spogliavo e mentre le mie labbra esploravano il suo corpo. Lei si è abbandonata totalmente a me, ma non ha abbandonato i suoi timori, i medesimi che hanno scalfito anche me. "Temi che io fugga via da te?"; Le domando piuttosto serio, corrugando la mia fronte. "Sì. Non voglio diventare una delle tante ragazze che hanno varcato la soglia del tuo letto soltanto per essere dimenticate al sorgere del sole". Difronte alla sua vana preoccupazione non posso fare a meno di sorriderle di traverso e con un pizzico di tenerezza, che lei stessa mi ha trasmesso attraverso i suoi inutili timori. "Il sole è sorto da due ore ormai ed io sono ancora qui..."; la mia mano accarezza la guancia, lievemente rosea, mentre i miei occhi dallo sguardo profondo rimangono incollati ai suoi. "Non scherzavo ieri notte quando ti ho sussurrato che non sarai mai come le altre"; la rassicuro poggiando la mia mano destra sul suo bacino, avvicinando il suo corpo al mio. "Helene tu sei importante per me. Sei la mia migliore amica a prescindere da tutto. Non ho intenzione di rinunciare a te. Questa notte per me è stata bellissima ma se lo desideri io dimenticherò ogni cosa". Dai suoi grandi occhi verdi traspare dell'incertezza. Distoglie più e più volte lo sguardo da me, e comprendo che tutta questa situazione è un po' bizzarra, però so con certezza che non voglio perderla per nessuna ragione a mondo. "É stata bellissima anche per me. Sarebbe infantile da parte nostra fingere che non sia mai accaduto nulla"; replica poggiando una mano sul mio viso, rincuorandomi. "Sarebbe anche un peccato smetterla non credi?"; Le domando con assoluta e determinata sfacciataggine. Lei, un po' per via dell'imbarazzo, colpisce il mio braccio; "Damon"; mi ammonisce coprendo il suo viso paonazzo con entrambe le mani. "Tanto lo so che lo desideri"; affermo con voce sensuale, spostando le mani dal suo viso, avvicinando la mia bocca alla sua. "Prima però promettimi che tutto resterà uguale e che tu ed io saremo migliori amici ugualmente". Alzo gli occhi al cielo, fremendo dalla brama di divorare le sue labbra. "Hai la mia parola di scout"; replico con poca serietà, promuovendo sul suo viso un'espressione di disappunto. "Helene, non verrò mai meno alla mia promessa. Anche quando mi urlerai a pieni polmoni che mi odi profondamente e che sono l'essere peggiore che tu abbia mai conosciuto...Anche in quel momento io non ti lascerò da sola"; preciso tremendamente serio. "Ma io non ti direi mai quelle cose, poiché mai le penserei"; ribatte fissandomi con lo sguardo un po' corrugato e dubbioso. "Credimi verrà il giorno in cui io rovinerò tutto". Sospiro assottigliando i miei occhi. Ho maledettamente paura di perdere la ragazza che giace nel letto di fianco a me. Il nostro legame è speciale, intenso e lentamente sta diventando una morbosa ossessione. Sento che è così. "Non ti credo"; afferma in sussurro flebile, avvicinando le sue labbra alle mie. Uno scossone al mio cuore mi rammenta di essere ancora vivo e che non sarei in grado di provare tutte queste sensazioni ed emozioni forti se non fossi più capace di amare. A lungo mi sono illuso di poter allontanare dalla mia testa emozioni così travolgenti, ero sicuro di aver spento il mio interruttore, ma adesso, che lei è fra le mie braccia e che il suo respiro si infrange sulla mia pelle, comprendo che il calore che percepisco è reale. Noi siamo reali ed io, da quando ho incontrato Helene, non ho più spento l'interruttore dei miei sentimenti, e solamente adesso riesco a comprenderlo con raziocino. Le nostre labbra si scontrano voracemente, e l'atmosfera intorno a noi si surriscalda. Un fuoco ardente brucia il mio corpo mentre si preme contro quello della mia migliore amica. Provo un forte odio verso me stesso. Lei si fida ciecamente di me, non immagina neanche la rete di bugie che ho costruito attorno a me e al nostro rapporto. Mi odio perché continuo a mentire all'unica persona che ha sempre creduto in me, e che ha riposto la sua fiducia in me anche quando le mostravo la bestia che alberga dentro di me. Le mie mani scivolano dolcemente sulla sua schiena e l'accarezzano interamente. Sospiro profondamente fra le sue labbra, continuando a baciarle con ardore. Scosto il lenzuolo che ricopre il suo corpo, in tal modo posso sentire ogni millimetro della sua pelle sulla mia. I nostri baci divengono, irrefrenabilmente, più intensi e voraci, la mia bocca vaga per tutto il suo corpo e bramo perdermi nuovamente in lei, ma quando il mio corpo la intrappola sopra il suo il mio udito sensibile sente la voce di mio fratello e di sua moglie rientrare in casa. "La festa è appena finita"; borbotto abbastanza frustrato, serrando la mia mascella soffermandomi a guardare l'espressione delusa e dispiaciuta sul viso di Helene. "Non corrucciarti tesoro, con te non ho finito, considera questa interruzione come una pausa"; le sussurro all'orecchio con un tono di voce profondo e sensuale, percependo la sua pelle irrigidirsi sotto al mio tocco. "E se invece io non volessi più continuare"; insinua con un'espressione a dir poco impertinente su quel visino angelico. "Faccio molta fatica a credere alle tue parole"; replico sogghignando ad un centimetro dal suo viso che lentamente si avvicina alle mie labbra. "Visto? Ormai non puoi più fare a meno del mio corpo"; Affermo sfacciatamente accogliendo il calore delle sue labbra. "Taci vampiro"; mi ordina colpendo la mia spalla ridacchiando. "Damon sei vestito?"; Urla mio fratello prima di varcare la soglia della porta della mia stanza che è aperta. "No fratellino, ma se vuoi assistere anche tu a questo spettacolo, entra pure"; scherzo sotto lo sguardo fulmineo e adirato di Helene, che chiaramente prova vergogna. "Ho capito. Vi aspetto al piano di sotto"; dice ad entrambi scendendo le scale. "È ora di alzarsi"; Esclamo raccogliendo i miei box ed i jeans dal pavimento. "La camera è un vero disastro"; afferma Helene guardando tutti i vestiti sparsi a terra e il muro un po' delineato, a causa della mia forza irruenta. "Aggiusterò tutto"; la tranquillizzo scrollando le spalle con noncuranza. Helene ed io ci rivestiamo e raggiungiamo mio fratello al piano inferiore. Quest'ultimo ci accoglie tenendo fra le sue mani i vestiti di Helene, i medesimi che ha tolto prima di salire in camera. "Intuisco che anche voi vi siete goduti la nostra vacanza"; commenta Stafan mettendo alla berlina i vestiti della mia migliore amica che non può fare a meno di arrossire imbarazzata. "Ti stai preoccupando per la mia castità? Ti avverto fratello sei arrivato un tantino in ritardo"; lo beffeggio indicandogli con le dita una quantità minuscola. "Sarebbe potuto tornare prima Alaric insieme alle bambine, dovresti essere più accorto"; mi rimprovera abbastanza teso, muovendo con le dita il suo anello solare. "Ha ragione Stafan"; interviene Helene del tutto seria e composta. "La prossima volta saremo più accorti e discreti". Helene rassicura Stefan e quest'ultimo le risponde con un sorriso. "Raggiungi Caroline e fa' colazione, io devo parlare con mio fratello"; suggerisco ad Helene che, baciando le mie labbra, segue il mio consiglio, lasciandomi con il mio fratellino. "Di certo è molto più saggia di te"; commenta in tono derisorio Stefan, colpendo la mia spalla con la sua. "Sta' zitto"; mormoro stampando sul mio viso un'espressione infastidita. Io e Stafan per poter parlare con calma ci spostiamo verso la biblioteca. "Volevo parlarti della veggente"; esordisco piuttosto serio e soprattutto preoccupato per ciò che mi ha riferito riguardo Helene. "Cosa ti ha detto?"; Chiede con cipiglio mio fratello, intuendo dalla mia espressione cupa e pensierosa che niente di tutto ciò che ha predetto è gradevole. "Sostiene che l'intera cittadina è in pericolo, però ciò che mi ha turbato profondamente è ciò che mi ha detto su Helene"; dico distogliendo lo sguardo con lieve rabbia e intensa inquietudine. "Perché cosa ti ha detto?"; Domanda poggiando una mano sulla mia spalla con apprensione. "Ha percepito un'ombra che perseguita Helene, ed essa potrebbe essere l'incombente pericolo che si abbatterà su di noi"; spiego alquanto agitato e irrequieto. "Risolveremo tutto, come sempre"; prova a tranquillizzarmi mio fratello. "L'idea che qualcuno o qualcosa minacci la serenità della mia famiglia e della mia ragazza innesca in me una bomba pronta ad esplodere"; dico alzando il tono della mia voce, colpendo con furia il muro con il mio pugno. "Adesso calmati e ragiona"; mi esorta Stafan con diplomazia. "Fratello sai anche tu in che modo finiscono queste predizioni. Qualcuno di noi soffrirà o nella peggiore delle ipotesi potrebbe morire". È sottile la linea che tiene lontani dalla nostra mente i ricordi dolorosi, basta un lieve scossone per far tornare tutto a galla. "So a cosa stai pensando Damon"; afferma mio fratello fissandomi sottecchi. "Ho paura di perderla capisci? Le ho promesso che l'avrei protetta Stefan, e se non fossi in grado di farcela?". I dubbi ad un tratto mutano in timori, li sento attanagliarmi il petto. "Abbiamo sempre affrontato tutto insieme, e se Helene o noi dovessimo essere in pericolo, lotteremo". Annuisco poggiando una mano sulla spalla di mio fratello; "spero vivamente che niente di ciò che quella megera ha predetto si avveri". Sospiro lasciando la biblioteca per raggiungere Helene e Caroline in cucina. Sento il suono delle loro risate, e non appena varco la soglia della porta entrambe si soffermano a guardarmi scoppiando a ridere. "Cosa state confabulando?"; Domando scrutando con finta aria offesa le due ragazze difronte a me. "Cose che non riguardano voi uomini"; replica Helene avvicinandosi a me con un sorrisino derisorio sul volto. Avvolgo le mie braccia intorno alla sua vita e, con dolcezza e timore, bacio la sua fronte. Impedirò a chiunque di farle del male, e non m'importa cosa sarò costretto a fare o quale prezzo dovrò pagare, niente e nessuno potrà mai portarmi via la mia migliore amica. "Quasi dimenticavo..."; esordisco sospirando, cogliendo del tutto l'attenzione di Helene su di me. I suoi grandi occhi si poggiando sui miei e, con pazienza, attende che io termini la mia frase. "Dobbiamo andare a trovare Bonnie, quindi corri a preparati"; le consiglio lasciando la mia presa sul suo corpo. Lei comprende all'istante che la visita a casa della mia amica strega non è un diletto bensì l'unico modo di annientare l'arma che custodisce da anni. Helene si affretta a raggiungere la nostra camera, mentre io rimango in compagnia di Caroline. "Quando tonerà Rick?"; Domando aprendo il frigorifero in cerca di una sacca di sangue. "Questa sera, le gemelle non fanno altro che lamentarsi perché vogliono tornare a casa"; mi spiega mia cognata alzando gli occhi al cielo. "È dura fare la mamma"; commento sorridendole. "Molto, ma amo quelle bambine"; replica con tanta fierezza ed orgoglio nel suo sguardo. Bevo con voracità una sacca di sangue; "avevi molta sete"; ride Caroline notando con quanta foga io stia bevendo la sacca. "Ho sprecato molte energie di notte"; replico facendole l'occhiolino, promuovendo un'espressione di puro disgusto sul suo viso. "Sei disgustoso. Per favore evitami i dettagli"; mi supplica tenendo le mani giunte. Beffardamente sorrido alla moglie di mio fratello, quest'ultimo ha appena varcato la soglia della cucina; "scommetto che anche voi vi siete dati da fare ieri notte"; insinuo sogghignando. "Damon"; urla Caroline adirata. Sbuffo, alzando gli occhi al cielo; "sì, sono inopportuno"; ammetto alzando le mani verso l'alto. "Mi sorprenderei del contrario"; interviene Stefan, lanciandomi uno sguardo del tutto giocoso. "Mi amate per questo"; mi pavoneggio sfacciatamente. "La tua bella fanciulla è pronta"; mi fa notare mio fratello indicandomi Helene alle mie spalle. Mi volto senza esitare verso di lei, non posso fare a meno di ammirarla con le labbra inarcate debolmente verso l'alto. Lei, timidamente, strofina le sue mani sui suoi jeans stretti, il suo sguardo guizza ovunque, segno che si sente a disagio ad avere tutti questi occhi puntati su di lei. "Andiamo?"; Mi domanda risvegliandomi dal mio stato catatonico. Annuisco senza staccare il mio sguardo dal suo corpo. Anche vestita riesce ad incarnare il binomio perfetto di bellezza e sensualità. "Torno più tardi". Avviso mio fratello, uscendo dalla villa insieme ad Helene. Quando entrambi ci accomodiamo in auto mi viene spontaneo domandarmi dove sia il suo pugnale dato che con sé non ha una borsa. "Hai preso il pugnale?"; Le chiedo corrugando la mia fronte; "Certo"; risponde con sicurezza, estraendo da uno dei suoi stivali in cuoio nero il pugnale per mostrarmelo e porre fine ai miei dubbi. "Sei una ragazza dalle mille risorse"; commento completamente catturato e colpito dalla sua furbizia. "Ho avuto un buon maestro"; afferma scrollando le spalle. In pochi minuti raggiungiamo la casa di Bonnie. Helene è un po' tesa e lo intuisco dal modo in cui continua a guardarsi intorno. "Ti senti bene?"; Le domando prima di bussare alla porta della mia amica. "Sì, però ho una strana sensazione"; mi rivela lievemente agitata. "Sembra alquanto assurdo, però ho come la sensazione che qualcuno mi stia seguendo". Quello che mi ha appena confidato non è affatto un buon segno, e mi ha completamente gelato il sangue; "sarà solo una sensazione". E se fosse l'ombra di cui parlava la veggente che la perseguita? Sospiro, tentando di rassicurare la mia migliore amica accarezzando il suo viso con aria del tutto serena. Il mio tocco delicato sembra calmarla e involontariamente calma anche me. Busso alla porta di Bon Bon ed ella si precipita ad accoglierci in casa sua con calore e premura. "Non mi aspettavo una tua visita"; ammette, indicando sia a me che ad Helene di sederci sul divano del suo luminoso soggiorno. "Avevo voglia di parlare con la mia strega preferita"; replico spostando il mio sguardo su Helene che con indecisione estrae il pugnale da uno dei suoi stivali. "Non è una visita di piacere"; costata con lieve delusione. "Abbiamo bisogno del tuo aiuto, ma devi promettermi che non dirai nulla ad anima viva". È importante che il pugnale rimanga segreto, è un'arma pericolosa e meno persone sanno della sua esistenza meglio sarà per tutti noi. "Certo Damon, puoi stare tranquillo"; mi assicura la mia amica. Helene senza pronunciare parola porge il pugnale a Bonnie, quest'ultima l'osserva e legge con attenzione le incisioni che vi sono sulla lama, intanto gli occhi della mia pulce sono puntanti su di me. È preoccupata e la sua agitazione ormai è palpabile. "Purtroppo i segni incisi sulla lama sono molto antichi, dovrò studiarli a lungo per riuscire a decifrali"; ci avverte Bonnie. "Dove avete trovato una lama del genere?"; Domanda la mia amica strega, scrutando con viva curiosità il materiale del pugnale. "Era di mio padre"; risponde sinteticamente Helene, senza dare ulteriori spiegazioni. "Credo che sia molto antica"; afferma Bonnie alquanto ammaliata da quell'oggetto. "Quella lama è pericolosa, è intrisa di magia nera e può uccidere un vampiro o un licantropo anche solo graffiandolo poiché rilascia un potente veleno". L'espressione sul viso di Helene è inquieta e le sue parole sono tremolanti. "Bonnie per favore cerca di creare un antidoto"; la supplica con occhi lucidi e spenti. " ci proverò"; afferma senza esitazioni la mia amica. "Grazie"; le dice flebilmente Helene. "Noi adesso andiamo. Bon Bon ti aspetto a casa, abbiamo qualcosa di cui parlare". Bonnie annuisce sorridendomi; "sì lo so. Ci vediamo, e tranquilli il pugnale qui è al sicuro"; ci rassicura salutando me con un abbraccio caloroso. Propongo ad Helene di andare al parco, lei anche se con poco entusiasmo mi risponde positivamente. Conosco Helene come le mie tasche e sono certo che al momento dentro di lei vi è un uragano. "Eravate molto amici un tempo tu e la strega"; commenta chiudendo lo sportello dalla mia auto, avvicinandosi a me in cerca di una panchina dove poterci sedere. "Sì, lo siamo ancora. Solo che siamo stati lontani a lungo, e fra di noi le cose sono un po' cambiate"; rispondo al suo commento, rivolgendo i miei occhi verso di lei. "Sei gelosa?"; Le chiedo in tono scherzoso, avvicinando il mio viso al suo per infastidirla. "Certo che no"; risponde scostandomi bruscamente, senza poter fare a meno di ridere. "Ho notato una strana malinconia nei vostri occhi, vi guardate come se ad entrambi mancasse qualcosa o qualcuno". Gli sguardi, le parole non dette ma riportate a galla dai gesti e dal linguaggio del corpo non possiamo nasconderli a lungo, ed Helene si è accorta di come guardando Bonnie, in qualche modo, in me nasce un senso di nostalgia che colpisce entrambi, perché il fantasma di Elena è costantemente vicino a noi, e scommetto che come me Bon Bon vorrebbe dannatamente sentire la sua voce chiamarci all'improvviso e rivelarci che è stato tutto un incubo e che lei non è mai davvero andata via dalle nostre vite. "Come ti ho già detto una volta, tutti noi abbiamo perso tante persone care"; dico scrollando le mie spalle, fingendo che ormai tutto è passato. Con totale spontaneità Helene strofina il suo viso sul mio collo, baciando la mia mascella. La stringo a me e per un po' rimaniamo in silenzio, seduti sulla panchina del parco contemplando ognuno i propri demoni interiori. Non esiste nulla al mondo in grado di placare il mio animo in preda ad una tempesta. Tranne lei. Quando lei è vicina a me tutto intorno a me tace. Mi domando come sia possibile che una semplice ragazza, arrivata dal nulla sia stata in grado di rimettere in ordine la mia vita ma al contempo creare intorno ad essa il caos. "Damon"; mi richiama sottovoce, strattonando il mio braccio con poca grazia. "Guarda quella donna". Sposto il mio sguardo verso il punto che la mia migliore amica continua ad indicarmi. Lei mi suggerisce di guardare una donna solamente che attorno a noi vi sono almeno una decina di donne con i loro bambini. "Quale precisamente Helene? Forse non l'hai notato ma siamo in un parco in pieno giorno, ed io sono un vampiro non un veggente"; preciso con una nota di sarcasmo e acidità. La mia amica sospira e, infastidita alza gli occhi al cielo. "Osserva la donna con la maglia nera, quella senza bambini"; sottolinea dandomi la possibilità d'identificarla. "La sto guardando... E allora?"; Chiedo dubbioso. "Lei è la donna del mio sogno"; mi rivela bisbigliando, continuando a fissare con cipiglio la donna. "Helene non puoi fissare le persone in quel modo. Probabilmente l'hai vista qui e poi sognata"; le dico cercando di farle distogliere lo sguardo rivolto verso la donna. "Forse"; biascica con poca convinzione. "Credo che sia meglio tornare a casa"; le consiglio costatando il suo stato confusionale e particolarmente turbato. "Sì, andiamo a casa"; afferma afferrando la mia mano, stringendola alla sua con forza, trasmettendomi attraverso l'unione delle nostre mani tutte le sue ansie, dovute per quella donna che neanche conosce. In auto cerco di parlare di qualcosa che sia in grado di distrarla dai suoi pensieri e, per fortuna, riesco nell'impresa. Varcando la soglia della porta d'ingresso della villa mi rendo conto che abbiamo una visita, da me non proprio gradita. "Donovan"; esclamo entrando nel mio soggiorno con Helene al mio fianco. "Damon, sono venuto qui per porgerti le mie dovute scuse"; esordisce il biondino con il distintivo. Beffardamente e con una certa soddisfazione gli sorrido scrollando le spalle. "Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato e non ti nego che lo attendevo con ansia. Comunque accetto le tue scuse". Sposto il mio sguardo verso Stefan ed immediatamente mi rendo conto che c'è qualcosa che non va come dovrebbe, e che la visita di Matt non è dovuta solamente per porgere le sue scuse. "Non è possibile che la donna sia stata uccisa da un vampiro. Crediamo che sia stata una creatura a noi sconosciuta"; spiega mio fratello con aria cupa e apprensiva. "Posso vedere le foto dei segni della vittima?"; Domanda Helene lasciandomi alquanto sbigottito della sua iniziativa. "Certo"; le risponde Matt che le porge il suo cellulare per mostrarle le foto della donna uccisa. "Conosco quei segni"; esordisce con occhi sgranati e terrorizzati la mia migliore amica. "Ne sei proprio sicura Helene?"; Chiede cauto mio fratello, avvicinandosi a lei. "Sì. Questi segni sono stati incisi sulla pelle della donna per evocare dentro di lei un demone". Gli occhi di tutti noi sono puntanti su Helene ma solo i miei non sono sorpresi della sua spiegazione esaustiva. "Un demone?". Matt non riesce a credere a ciò che ha appena sentito, e dubita della veridicità delle parole di Helene. "Sì un demone, ed è anche potente. Però non è riuscito ad entrare nel corpo della donna, quindi possiamo tirare un respiro di sollievo". Involontariamente mi ritrovo a fissare la mia migliore amica con una certa ammirazione, è la prima volta che la sento parlare con così tanta disinvoltura ed esperienza di qualcosa che riguarda il lavoro che svolge la sua famiglia. "La tua ragazza è preparata"; commenta Matt sbalordito dalle sue doti; "da piccola studiavo i libri di demonologia di mio padre"; replica lei scrollando le spalle, senza mai approfondire ciò che riguarda il suo passato. "Devo ritornare in centrale, vi chiamo se dovesse esserci una svolta in questo caso"; ci assicura Matt recandosi fuori la villa. "Helene sei qui"; esordisce Caroline con entusiasmo; "ho proprio bisogno di parlare con una ragazza. In questa casa a parte le bambine, ci sono soltanto dei uomini rozzi"; afferma la moglie di mio fratello, strappando un sorriso dalle labbra di Helene. "Io non sono rozzo"; mi lamento con aria offesa; "evito anche di risponderti"; ribatte Caroline trascinando con sé Helene fuori in giardino. "Le mancava avere un'amica così presente con cui parlare"; mi rivela Stefan mantenendo lo sguardo fisso verso le due ragazze in giardino che parlano e ridono molto confidenzialmente. "Immagino"; borbotto osservando anche io Helene e Caroline. "Helene è una ragazza speciale"; dice ad un tratto mio fratello. "Sì lo è"; replico sorridendo debolmente con occhi completamente catturati dalla sua risata. "La ami?"; Mi domanda Stefan, cogliendomi di sorpresa. Sono rinchiuso in un angolo angusto e stretto e qualsiasi risposta darò a mio fratello sarà una bugia. Poiché Helene è la mia migliore amica, e la amo, ma non é il medesimo amore che potrebbe immaginare Stefan. Al contempo non posso neanche dirgli che non provo nulla per lei poiché anche essa sarebbe una menzogna. Ieri notte ho sentito una forte connessione fra di noi e so per certo che non si riduceva solo ad una forte e travolgente attrazione fisica, era molto di più, ma non abbastanza da essere chiamato amore. È strano il rapporto che si sta instaurando fra me ed Helene, è travolgente e profondo, mi atterrisce e mi spaventa ma al contempo mi fa sentire vivo. "Sì, credo di amarla"; rispondo senza soddisfare le aspettative di mio fratello che, con una smorfia di disappunto, mi esprime tutto il suo dissenso. "Ti conosco più di chiunque altro a questo mondo Damon. Siamo fratelli e so quando menti e quando non lo fai. Tu conosci perfettamente i sentimenti che provi per Helene, ma qualcosa o meglio qualcuno ti impedisce di vederli". Con quest'ultima frase mio fratello lascia la stanza, dandomi l'opportunità di meditare un po'. Mi dirigo verso il giardino, avvicinandomi alle ragazze che continuano a parlare senza sosta. "Non posso crederci! Quindi eravate grandi amici prima di mettervi insieme? Mi ricordate me e Stefan". Mi soffermo ad ascoltare la conversazione fra Caroline ed Helene. Sto origliando, è sbagliato ma ho maledettamente voglia di scoprire cosa Helene dice quando io non sono insieme a lei. "Sì, eravamo migliori amici"; risponde alla domanda di Caroline ridendo lievemente divertita. "Quando hai compreso di amarlo?"; Le domanda mia cognata, senza smentire la sua innata curiosità femminile. Helene a quest'ultima domanda rimane in silenzio per qualche secondo, c'è dell'indecisione in questo suo silenzio improvviso. "Onestamente non lo so. Un giorno, ad un tratto, mentre ridevamo e scherzavamo come qualsiasi altro giorno, il mio sguardo è rimasto sospeso sul suo più del dovuto e fu lì che compresi che, senza rendermene conto, mi ero innamorata di lui". Traspare della velata malinconia dal suono flebile delle sue parole. Lei sta recitando, le sue parole non possono essere vere. Non devo mai dimenticare che io e lei agli occhi di tutti siamo una coppia, ciò implica mentire. Sempre. "Sono più che sicuro che io ero al centro dei vostri discorsi...Non vi biasimo guardatemi"; esordisco mostrandomi alle due fanciulle che, vedendomi avvicinare verso di loro, cessano di parlare. "Tu sei l'ultimo dei nostri pensieri"; interviene acidamente Caroline, mostrandomi un sorriso sfrontato. "Ci credo ben poco...E poi vi ho sentite"; ammetto provocando un po' l'animo della mia vecchia amica; "sei proprio..."; Caroline frena le sue parole, poiché non vuole risultare troppo volgare. "Affascinante...Irresistibile...Perfetto?"; Continuo io per lei infastidendola. "Io stavo per dire idiota, mentecatto e molto stupido"; ribatte vittoriosa. "Voi due vi insultate sempre così?"; Domanda Helene divertita dal nostro piccolo e giocoso battibecco. "Più o meno. Una volta mi ha detto che chiamarmi satana sarebbe stato un insulto a quest'ultimo"; rispondo ad Helene che scoppia a ridere senza freni, diverita dal mio battibeccare con la moglie del mio fratellino. "Non è semplice sopportare Damon"; interviene Caroline giustificandosi. "Non posso assolutamente contraddirti". Alzo gli occhi al cielo, è fastidiosa la loro coalizione femminista contro di me. "Vi proibisco di complottare contro noi poveri uomini"; le ammonisco entrambe, avvolgendo un braccio intorno al collo di Helene. "Qualcuno qui si è appena offeso"; scherza Helene solleticando il mio orgoglio maschile. "Aspetta di rimanere da sola con me"; la provoco con un ghigno sfacciato e malizioso sul mio viso. "Io mi dileguo, sono di troppo"; afferma Caroline allontanandosi, da noi due, veloce come un vento. Sposto il mio braccio dal suo collo per poter prendere le sue mani. La mia migliore amica adesso è difronte a me, continuo a tenere le sue mani fra le mie. Sono morbide, ma continuano a tremare. "Perché quell'incubo ti spaventa così tanto?"; Le domando dal momento che continuo a vedere nei suoi occhi una malinconia che non avevo mai visto prima. "Perché in quell'incubo io ero in auto con una donna che chiamavo mamma ed avevo più o meno tre o quattro anni. L'auto viaggiava veloce ma ad un tratto si fermò di colpo e l'impatto fu violento...Ho sognato solo questo finora". Inclino il mio capo leggermente di lato, avvicinando il mio viso al suo. "Non farti condizionare da un sogno. Sembrava reale, ma non lo era"; provo a tranquillizzarla. Strofino i miei pollici sulle sue guance e, dolcemente, avvicino il suo viso al mio petto. "Ognuno di noi convive con degli incubi. È normale, devi solo imparare ad allontanarli". Lei annuisce, accarezzando con la sua guancia il mio petto. Le sue braccia si allacciano al mio busto e mi stringono con avidità. Sorrido debolmente e di traverso. Nessuno è in grado di farmi sentire così importate, forte e speciale. Nessuno hai mai pensato a me come ad un eroe. Di certo non lo sono, e mai lo sarò, però amo la sensazione che mi trasmette Helene ogni volta che si perde fra le mie braccia. Io non sarò mai un eroe però lei crede che io lo sia. "Pensi davvero quelle cose su di me?"; Le chiedo ad un tratto, scostando il suo viso dal mio petto in modo tale da poter osservare la reazione dei suoi occhi. "Quali cose?"; Domanda scuotendo il capo. "Quelle che hai detto a Caroline"; rispondo con uno sguardo corrucciato e cupo. I miei occhi studiano i suoi. Loro, a differenza della sua bocca, non saranno in grado di mentirmi. "Io...No...Stavo solo dicendo quello che desiderava sentirsi dire"; chiarisce un po' balbettante ed indecisa. Annuisco con la consapevolezza che sta mentendo, e fingo di crederle. Non posso forzarla ad esprimere i suoi sentimenti. È probabile che la terrorizzano come i miei spaventano me poiché potrebbero minacciare una amicizia solida come la nostra. Cosa stiamo facendo? Cosa siamo adesso? Io non riesco più a distinguere i momenti in cui stiamo recitando da quelli in cui siamo noi stessi. Abbiamo commesso un errore ieri notte, ma quel che è stato è stato e non possiamo più tornare indietro. Io non posso più fare a meno di lei, quindi continuerò a convivere con tutti questi sentimenti, anche se essi non fossero corrisposti. Dentro di me regna un caos interiore che non sono in grado di gestire, poiché non so bene cosa provo per lei, ma al contempo ogni emozione esplode violentemente dentro di me quando ella mi sfiora. Se solo fossi diverso da quello che sono. Se solo le potessi dare una vita diversa da quella che in realtà posso offrirle, forse sarei io quello giusto per lei. Però io non sono una persona diversa. Io sono io e per quanto lei possa migliorarmi, comunque, rimango un vampiro ultracentenario, bramoso di sangue e in parte distrutto e dal cuore nero. E quella vita che in fondo brama, io non potrò mai fargliela vivere. Lei è capace di rendermi migliore. Helene Morgan ha la strabiliante capacità di riportare la luce ovunque ella si trovi, è il suo dono. Mi ritrovo a sfiorare il suo naso con il mio, la mia fronte è poggiata alla sua ed i nostri sguardi sembrano intrecciati fra loro. Le mie labbra sono dischiuse e rilasciano un profondo respiro, al contrario, lei cerca di trattenere il suo. Continuo a cercarla...La sua bocca. È diventata una specie d'ossessione, mi basta guardala un istante per cedere all'impulso, quasi animalesco, che s'innesca nella mia mente in sua presenza. Disperdo le mie mani nei suoi capelli, li stringo nei miei pugni avventandomi contro le sue labbra carnose e frementi. Il tocco delle nostre lingue è deciso e famelico, quasi incontrollabile, come quello delle nostre mani che vagano, toccano e sfiorano ogni parte di noi. È strabiliante quanto sia poco chiaro ciò che ormai lega la nostra profonda amicizia a qualcosa di molto piú intenso e inspiegabile. È qualcosa a cui non riusciamo a dare un nome e soprattutto a cui non siamo capaci di resistere. "La pausa è appena finita"; sussurro al suo orecchio, leccando il suo collo tracciando dei leggeri cerchi su esso, succhiando successivamente la sua pelle morbida. "In casa ci sono Caroline e Stefan"; ribatte ansimando tentando con le poche forze che ha di allontanarmi. "Abbiamo un bosco tutto per noi"; bisbiglio al suo orecchio con assoluta sfrontatezza. Dato che Helene non mostra nessun segno di opposizione al riguardo, impetuosamente la prendo fra le mie braccia, trasportandola fino al fitto bosco dietro la mia villa. È un luogo lontano da occhi e orecchie indiscreti, e onestamente trovo la situazione ancora più eccitate. Premo il suo corpo contro un albero, baciando con foga il collo, scendendo sempre di più fino ad arrivare al suo seno. Mi libero della sua maglietta strappandola con assoluta fretta e brama di farla mia. Lei ansima spasmodicamente mentre la libero dei vistiti e continuo a baciare il suo ventre. Le mie mani si liberano con facilità dei suoi jeans, e con un ghigno sul volto inizio a sbottonare anche i miei, sotto il suo sguardo lussurioso e bramoso di me. In pochi secondi i nostri corpi si scontrano con irruenza, e sotto un semplice abete, ci abbandoniamo a noi stessi e ad una passione vorticosa e irrazionale. Ciò che è giusto o sbagliato adesso non esiste più, poiché tutto svanisce in momenti come questo. Sono consapevole che non appena ci rivestiremo io mi sentirò nuovamente sbagliato, ma adesso io mi sento quello giusto, ed è così la maggior parte delle volte in cui Helene è fra le mie braccia.

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