Capitolo - 15

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Emma POV

"Mamma mia tesoro che occhiaie, faresti paura perfino all'uomo nero!" ironizza Lorenzo coprendosi la bocca per trattenere una risata. " Oh ma piantala tu! Vieni tesoro, siediti. Notte di fuoco?!" dice poi ammiccando l'altro. " Siete impossibili, davvero. Peggio di due comari..." rispondo lanciando la borsa sul tavolo e me stessa sulla comoda sedia-poltrona. Un sospiro lascia involontariamente il mio corpo stremato. Mattia se n'è andato da casa mia tardissimo, saranno state le cinque passate, e a quel punto dormire solo un paio di ore non aveva più senso. Che matta che sono stata a chiamarlo così tardi, ma ancora più matto lui a venire davvero. Sono stata egoista, lo ammetto. Ma che potevo fare? Rimanere a rimuginare li seduta per tutta la notte? Egoista e stupida, ecco cosa sono. Perché l'ho vista quella scintilla negli occhi di Mattia stanotte. Li ho visti brillare per tutto il tempo, li seduti davanti al camino acceso a parlare di niente. E non ho avuto il coraggio di spegnerla quella scintilla. Non ho avuto il coraggio di allontanarmi quando le sue labbra si sono posate vicino alle mie per un bacio della buonanotte. È stato il mio grazie, tutto qua. Ma non per lui, questo è certo. Ma ora come ora, ho altro a cui pensare e Mattia occupa l'ultimo posto dei miei problemi. Che disgraziata che sono. " Emma ci sei?!" chiede Lorenzo sventolando la mano davanti ai miei occhi che fissano il nulla. " Uhm? Cosa? Sì, eccomi" dico ritornando alla realtà. "Oh santo cielo, deve essere grave" sghignazza poi. " Avanti splendore, si fa per dire, tra poco comincia la conferenza stampa, saranno già tutti li!" " Oh cazzo..." sussurrò sbattendomi la mano in faccia. Che razza di cretina sono, Chiara me lo ripete da giorni, raggiungendo quasi lo sfinimento. E ovviamente io me ne sono dimenticata. Per di più
stamattina non ho avuto nemmeno la voglia di guardami allo specchio e truccarmi: pessima, pessima idea Mema. " Okok, ci sono" dico facendo mente locale più a me stessa che ai due che mi fissano. " Ok, prendo tutto, corro da Chiara, mi trucco, 5 minuti e ci sono. Giusto? Giusto". Non aspetto una risposta e mi catapulto direttamente sul set per prendere tutto il necessario. Raccatto obbiettivi diversi, tutti compatibili con la mia fidata Canon che ancora dorme tranquilla dentro la sua borsa. Se il mio prof. di fotografia mi vedesse adesso, in questo momento, mentre "lancio" obbiettivi dal costo spropositato sicuro avrebbe un infarto fulminante. Mi compare un sorriso divertito mentre ripenso al Signor Pallis, che uomo strano. " Mema, 10 minuti !!!" urla Emanuele. " Fatto, fatto. Ci sono.Corro, fuggo. A dopo ragazzi!" dico chiudendo la porta velocemente e lasciando i due a ridersela come bambini. Corro attraverso il cortile, sul campo i ragazzi si stanno allenando e vedo Paul e Simone salutarmi con la mano. Ricambio il gesto e anche se vorrei fermarmi un po' con loro mi rendo conto che il tempo non è a mio favore e i secondi scorrono veloci. Con il fiatone, santa pace devo ritornare a correre o diventerò peggio di uno scaricatore di porto, entro in sala conferenze. Tutto è sistemato a dovere,  ogni cosa è al suo posto. I giornalisti stanno entrando uno alla volta mostrando il pass a Peppe, che vedendomi mi saluta anche lui. " Eccoti, ma quanto ci hai messo? Stanno per iniziare..." sento Chiara dietro di me. " Oh santissimo Dior, che hai combinato? Sei..." "Inguardabile lo so, lo so. Ma purtroppo non sei la prima della giornata che me lo fa notare quindi, mi dispiace il primo premio va a Lore" rispondo scherzando. " Ma cosa diamine hai fatto ieri sera? Sei andata alla ricerca delle sette sfere del drago dopo che me ne sono andata?" " No,magari.... È una lunga storia ma non è questo il momento di discuterne, sai com'è, sono a lavoro e vorrei tornarci anche domani" " Okok, signorina. Vieni, qui ci penso io. Santa Chiara farà il suo miracolo".  Detto fatto, dalla sua borsa tira fuori tutto Sephora e in due minuti mi rende presentabile al mondo. " Meno male che anche Paulo è in ritardo, altrimenti non avrei potuto miracolarti... E poi dicono che siamo noi donne le dive che si fanno attendere" sbuffa divertita. Sbianco, anche il fondotinta non la da a vedersi. " Come Paulo è ritardo?" chiedo stupita io, non è da lui. " Ah non dirmi niente, quel piccolo argentino vanitoso si sta facendo truccare da più di mezz'ora. Io non so che abbia nel cervello a volte" dice velocemente per poi allontanarsi verso un tizio della security che le stava facendo cenno di avvicinarsi. Paulo che si fa truccare. Da più di mezz'ora. Impossibile. Non ho il tempo per continuare a pensare perché Chiara sale sulla pedana vicino alla scrivania " Signori e signore per favore silenzio, il mister Allegri e Dybala stanno per entrare. A breve potremmo cominciare la conferenza stampa. Grazie". Solo adesso vedo il cartellino con il suo nome vicino a quello del mister. Solo ora capisco che lo rivedrò. E il cuore comincia a battere veloce, batte contro il petto quasi a voler uscire. "Mema, professionalità" mi dico per convincere il mio io a vincere le emozioni che al momento non sono gradite. Respiro a fondo e avvicino la macchina al viso puntando l'obbiettivo verso la porta da cui entreranno i due juventini, pronta a scattare. Entra Max sorridendo e scatto in sequenza più volte. Entra subito dopo Paulo, ma questa volta il mio dito non trova il pulsante, si blocca a metà strada. Non scatto, non ci riesco. Mi fermo, si ferma tutto. Lo guardo dalla macchina fotografica per nascondere il mio viso e anche il mio respiro si ferma. Il suo volto è stanco, troppo stanco. I suoi occhi sono spenti, non sono di quel verde brillante; il suo sorriso è finto e tirato e so che solo io lo noto. Le occhiaie sono ancora lì, la battaglia contro il correttore l'hanno vinta loro. Cosa diavolo hai combinato Paulo? Mi faccio mille volte questa domanda mentre quelle reali mi fanno da sottofondo. " Mema, professionalità" mi ripeto ancora, alla ricerca della forza per scattare almeno una foto decente. Accantono ogni pensiero, ogni domanda scomoda, e torno a quello per cui sono qui. E il tempo è mio nemico perché vorrei restare qui ancora e ancora ad immortalare momenti, ma ben presto rimango sola nella sala conferenze. Non mi sono accorta di nulla, i minuti mi sono scivolati addosso, come l'acqua calda di una doccia. Di domande non me ne ricordo neanche una, perché la mia mente era rivolta solo a lui. E ho combattuto certo. Fotografarlo non è stato facile, mi sarei voluta fermare dopo ogni click, andare da lui, scuoterlo come un bambolotto. Avrei voluto fermarlo, ma è fuggito via, è fuggito via da me, lo so. Lo so che mi ha vista come io ho visto lui. Uno sguardo è bastato. E si, io potrò anche stare male, ma quella sofferenza nel suo sguardo, io non la accetto. Basta. Il nostro comportamento da bambini è durato abbastanza.
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Istintiva, Dado me lo rimprovera sempre. E non ci penso a volte a quello che faccio, vado come treno, seguendo i pensieri, seguendo l'istinto. E l'istinto mi ha portato qui, davanti a casa di Paulo, ferma sul ciglio della strada, il cappuccio a coprirmi il volto, il buio il mio nascondino. E si sarò anche impulsiva ma l'altra mia metà fifona mi sta urlando di tornare a casa. "Basta" sussurro a me stessa. Sento i sassolini del vialetto scricchiolare sotto i miei stivaletti, sento i passi incerti sui gradini della veranda. Sento il respiro farsi il corto, il cuore accelerare. "Basta" ripeto. E poi lo sento il legno che sbatte contro la mia mano stretta in un pugno. Lo sento il cigolio familiare della porta mentre si apre. La sento la luce artificiale sul mio volto nascosto, lo sento il suo sussulto nel vedermi. E la sento la mia voce.
" Ehi..."

We keep this love in a photograph - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora