CAPITOLO 8

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Come al solito, la sveglia del telefono mi fece ritornare dal mondo dei sogni.
Alzandomi a fatica raggiunsi il bordo del letto, dove passai almeno un quarto dora a fissare il vuoto.
Mi risultò difficile, ma dopo svariati ragionamenti filosofici, ero riuscito a raggiungere il bagno, darmi una sciacquata ed indossare una felpa che trovai nell'armadio.
Uscii dalla camera barcollante ed affamato. Raggiunsi la cucina, nel vano tentativo di trovare qualcosa da mangiare.
-ciao Elijah!-
Una voce squillante proveniente dal divano, mi fece sobbalzare e sbattere la testa contro la dispensa sopra al frigo.
Mi voltai spaventato, per poi tranquillizzarmi vedendo Silvý seduta, con una postura fin troppo rigida, sul divano ed il telefono in mano, controllando tranquilla i messaggi.
I capelli neri le ricadevano sul display e sulla giacchetta di pelle color panna, mentre le gambe accavallate, avvolte in un paio di Jeans blu, sembravano fare da guardia alla borsa fra di esse.
Distolsi lo sguardo e presi una barretta al cioccolato dal frigo, dato che non vi era nient'altro, avvicinandomi a lei.
-sul serio? Ancora?!-
Una persona qualunque si sarebbe spaventata nel vedersi qualcuno in casa, ma dopo un mese o poco più, avevo fatto l’abitudine all'improvvisa presenza di Silvý.
Mi guardò con superficialità, alzando gli occhi al cielo.
-ti ho detto più di una volta di chiudere la porta di casa a chiave, altrimenti potrebbe entrare chiunque-
La guardai infastidito, puntandogli uno sguardo accusatorio addosso.
-e quel chiunque, saresti tu?-
-non solo, ma si-
Alzai gli occhi al cielo e lei guardò la barretta che avevo in mano.
-da quando ti piace il cioccolato?-
Osservai anche io il cibo in questione.
-non ho mai detto di odiarlo-
Mi riavvicinai al frigo cercando qualcosa di più invitante, trovando solo una vecchia fetta di torta ammuffita, la indicano con aria disgustata per poi rinchiudere il frigorifero.
-semplicemente ne faccio volentieri a meno-
Mi guardai intorno mettendomi a riflettere.
-non ho cibo e dovrei fare la spesa. Che fai, vieni con me?-
Nel mentre che parlavo, mi diressi in camera, cercando un pantalone da abbinare alla felpa, che avevo notato solo in quel momento fosse gialla.
-ma si dai, tanto il mio turno inizia dopo pranzo-
Ritornai in sala, Silvý mi aspettava davanti alla porta semi aperta.
Presi portafoglio telefono e chiavi ed entrambi uscimmo.
Mi rubò le suddette di mano e chiuse la porta.
-così siamo sicuri che nessuno possa entrare!-
Concluse avviandosi per le scale, ed io la seguii subito dopo.
Uscii dal portico ispirando profondamente, chiusi gli occhi e mi gustai la dolce aria calda di Manhattan.
-invece di annusare lo smog che c’è in giro, perché non ci avviamo verso la macchina?-
La guardai infastidito.
La fronte corrucita doveva farmi apparire più ridicolo di quanto non fossi, pensai, dato che un piccolo sorriso spuntò sul viso della mora.
-come sei permalosa a volte-
Aprii la portiera della piccola monovolume viola di Silvý.
Mi Feci posto fra vecchie riviste, fazzoletti e cibo d’asporto, cercando di mettermi più comodo possibile.
-c’è un minimarket qui vicino, vende a prezzi molto bassi, ti va di andarci?-
Non mi voltai a guardarla, aprii il finestrino e mentre lei mise in moto, prendendo il mio silenzio per un si, poggiai la testa sulla portiera facendomi scompigliare i capelli dal vento.
-un giorno mi dirai perché odi tanto questa città?-
Le chiesi serio, rompendo il silenzio che si era creato fra di noi.
-un giorno…-
Rispose incrinando la voce.
Non parlammo più di tanto per il resto del tempo, anche mentre facevano la spesa.
Lei buttava dentro ciò che le sembrava utile ed in offerta, io mi guardavo intorno fra gli scaffali, e qualche volta, davo un occhiata al telefono. Silvý se ne accorse, ma non fece domande.
Dopo aver pagato caricammo tutto in macchina e ci riavviammo verso casa mia.
-allora quel ragazzo di ieri? Ti ha più scritto poi?-
Ruppe lei il silenzio, mentre io la guardavo con aria leggermente stupita dalla domanda.
Raramente parlavamo di cose serie o della nostra vita personale.
La nostra amicizia era più simile a quella tra due colleghi, cosa che comunque siamo.
Silvý, per qualche strano motivo non si apriva mai con me. Per questo, domande del genere mi sorprendevano dette da lei.
-beh si, mi ha invitato ad una festa domani sera-
-fantastico, mi fa piacere-
E concluse la conversazione con tono piatto e privo di emozioni.
Io tornai al finestrino mentre lei alla guida.
Dopo essere ritornati a casa, e dopo avermi aiutato a sistemare la spesa, Silvý se ne andò senza che me ne accorgessi, cosa che in realtà faceva spesso. Guardai l’orologio che segnava le due del pomeriggio passate.
Non avevo ancora fatto pranzo.
Con la dispensa ed il frigo pieno, presi gli ingredienti per preparare una teglia di lasagne, che finì in poco tempo tra una replica di Grey’s Anatomy ed il telegiornale. Alle 20, un sonno incredibile mi fece sprofondare sul divano, mentre la presentatrice del meteo, indicava le zone in cui la pioggia sarebbe giunta con maggior intensità.

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