1. You don't miss your water

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"Odio e amo. Forse ti chiedi come io faccia.
Non so, ma sento che accade e mi tormento."

Catullo



Spiacente, Clark, ma sono costretta a licenziarti.

Le parole di Kayla Reed, il suo ormai ex capo, le risuonavano in testa senza tregua mentre, a passo lento, camminava per le caotiche strade di New York stretta nel suo soprabito caffellatte.

Odiava quel soprabito.

Lo aveva acquistato a un prezzo stracciato qualche giorno prima, insieme a un'altra miriade di abiti d'ogni forma e colore, in preda a un attacco di shopping ossessivo-compulsivo che l'aveva indotta a prosciugare metà del suo ultimo stipendio. Succedeva sempre così: quando si sentiva depressa usciva a comprare di tutto, oppure restava a casa a svuotare la dispensa. La depressione, in entrambi i casi, restava lì dov'era; lei, invece, si ritrovava col portafoglio vuoto, centimetri di ciccia in più sui fianchi o, proprio come in quel momento, con addosso un trench di un colore che non le piaceva per niente, che tirava dappertutto e che, dopo ciò che era accaduto in ufficio poco prima, doveva pure portare sfortuna.

Perché diavolo avesse deciso di indossarlo, quel giorno, non sapeva spiegarselo nemmeno lei, ma di una cosa era certa: una volta a casa sarebbe finito dritto nella spazzatura!

Sei sempre distratta, arrivi spesso in ritardo, hai perfino combinato un casino coi prezzi dei prodotti online, erano tutti sballati e Nancy ha dovuto fare gli straordinari per rimediare prima che fosse troppo tardi! Eppure eri la migliore, un modello per tutti. Si può sapere che ti è preso?

Lei aveva risposto facendo spallucce. Non poteva certo dire al suo capo che la ragione per cui non ne combinava più una giusta era a Philadelphia, in quel preciso istante, a coccolare la sua bellissima fidanzata incinta e a deliziarla con le sue performance sessuali da dieci e lode!

Julian le mancava tanto, anche più di quanto avesse previsto. Aveva ancora impresse nella mente le ultime ore trascorse in sua compagnia, prima che le comunicasse la lieta notizia e che decidesse di lasciare la città, quel volto bellissimo e un po' stanco velato di tristezza, i capelli arruffati e troppo lunghi, gli occhi rossi e lucidi, la ragazza cinese in perizoma che era stata costretta a sollevare di peso dal suo bassoventre e a sbattere fuori di casa. E poi tutte le parole dette affinché tornasse in sé, lo sforzo di ricondurlo tra le braccia di Marlene perché, nonostante quel pensiero le facesse male, era lì che doveva stare. Julian era di Marlene. Julian non era mai stato suo, neanche per un secondo. Sì, era dilaniante, ma cosa poteva farci?

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